FOGLIO LAPIS - APRILE - 2007

 
 

Un’idea stimolante: far incontrare una classe elementare di 120 anni or sono, quella di Cuore, con una dei nostri giorni – L’ha avuta e realizzata Maurizio Boscherini, l’ultimo maestro che i nostri lettori certamente ricordano per certe sue disavventure nei meandri dell’organizzazione scolastica – Il suo libro appena pubblicato, Vi racconto Cuore, è il risultato di questo incontro – Morale: il vecchio De Amicis regge benissimo il confronto con i tempi nuovi

 

 

Al posto del muratorino c’è l’alunno figlio di immigrati, e quanto a Franti si può ben dire che ha avuto una numerosa discendenza, visto che in questi anni si parla tanto di bullismo. Fortunatamente anche Garrone ha i suoi emuli contemporanei: ecco il ragazzino che non esita ad affrontare i prepotenti per difendere il compagno canzonato. Le classi non sono più così affollate come in quegli anni, quando ospitavano spesso oltre cinquanta alunni e a volte fino a novanta, e non vi s’insegna più la calligrafia. In compenso sono molte di più, e raccolgono “quasi” l’intera popolazione in età scolastica.

Molte cose sono cambiate da quando Edmondo De Amicis, con il suo Cuore, tracciò un indelebile ritratto della scuola italiana di fine Ottocento. E così un maestro di oggi, Maurizio Boscherini, ha tentato di mettere a confronto la scuola di allora con quella dei nostri giorni. Anzi, il suo obiettivo non era probabilmente questo, immagino che intendesse più semplicemente, convinto dell’immutato valore di quel celebre diario scolastico, proporlo ai suoi alunni per avere conferma di questa convinzione. È nato dunque Vi racconto Cuore (editore Mondadori, 128 pagine, euro 6,00), che è la cronaca di una lettura in classe del libro di De Amicis, e delle reazioni che quella lettura ha suscitato.

Per esempio quando il ragazzino ricco insulta il figlio del carbonaio: “tuo padre è uno straccione!”, e il padre lo obbliga a chiedere scusa. È una situazione tipica di quell’epoca gonfia di retorica e buone intenzioni: l’uomo di successo si dichiara “onorato di stringere la mano” al povero lavoratore che si ritrae intimidito, e spinge il figlio, che rimane del resto piuttosto freddo, fra le braccia del compagno offeso. Dopo aver letto il brano, Boscherini chiede ai suoi alunni se quella vicenda sia da considerarsi attuale. Immediato scatta l’accostamento fra il ragazzino povero e i piccoli stranieri. Viene ricordato un episodio di qualche anno prima, un’alunna marocchina che si sentì dire da un compagno “stammi lontano, negra”. Anche in quel caso finì con tante scuse, e una riunione durante la quale i genitori italiani chiesero che i loro figli sedessero accanto ai compagni stranieri.

Poi il maestro dei nostri giorni passa ai racconti che Perboni, il suo collega di 120 anni prima, leggeva ogni mese in classe. Racconti mensili, spiega, che narrano di atti generosi compiuti da ragazzi italiani. «“E gli stranieri?” chiede Ivan preoccupato. “Va bene anche per gli stranieri” lo rassicuro. “Se De Amicis fosse nato nella nostra epoca, sono sicuro che avrebbe scritto un racconto per ogni nazionalità.” “Ah ecco…” dice Ivan, e tira un sospiro di sollievo.» Ivan è uno dei molti bambini stranieri che negli ultimi anni hanno trasformato la nostra scuola in una istituzione multinazionale. Una trasformazione non certo indolore, anzi carica di problemi di adattamento e di organizzazione, di fronte ai quali l’istituzione scolastica ha riflesso le esitazioni e gli imbarazzi, quel curioso miscuglio di reazioni di rigetto e slanci di solidarietà, con cui ha reagito la società italiana.

L’autore di questo libro, Maurizio Boscherini, è ben noto ai lettori del Foglio Lapis. Fu infatti protagonista qualche anno fa di una controversa vicenda, quando per reazione a un suo libro, L’ultimo maestro ( http://fogliolapis.it/aprile2001-4.htm ),  in cui raccontava senza peli sulla lingua fatti e misfatti dell’istituzione scolastica visti attraverso l’esperienza personale, fu praticamente deportato (“incompatibilità ambientale”: questa la motivazione) in una piccola scuola rurale. Quella stessa, del resto, in cui ha dimostrato, facendo interagire con il suo piccolo universo interetnico le antiche parole di De Amicis, con quanta brillante umanità si possano applicare le categorie della tradizione nazionale alla comprensione dei bambini di oggi e alla loro educazione.

                                                               a. v. 

 

   


                                                  

 
 

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