Un’idea
stimolante: far incontrare una classe elementare di 120
anni or sono, quella di Cuore, con una dei nostri
giorni – L’ha avuta e realizzata Maurizio Boscherini,
l’ultimo maestro che i nostri lettori certamente
ricordano per certe sue disavventure nei meandri
dell’organizzazione scolastica – Il suo libro appena
pubblicato, Vi racconto Cuore, è il risultato di
questo incontro – Morale: il vecchio De Amicis regge
benissimo il confronto con i tempi nuovi
Al
posto del muratorino c’è l’alunno figlio di
immigrati, e quanto a Franti si può ben dire che ha avuto
una numerosa discendenza, visto che in questi anni si parla
tanto di bullismo. Fortunatamente anche Garrone ha i suoi
emuli contemporanei: ecco il ragazzino che non esita ad
affrontare i prepotenti per difendere il compagno canzonato.
Le classi non sono più così affollate come in quegli anni,
quando ospitavano spesso oltre cinquanta alunni e a volte
fino a novanta, e non vi s’insegna più la calligrafia. In
compenso sono molte di più, e raccolgono “quasi”
l’intera popolazione in età scolastica.
Molte
cose sono cambiate da quando Edmondo De Amicis, con il suo Cuore,
tracciò un indelebile ritratto della scuola italiana di
fine Ottocento. E così un maestro di oggi, Maurizio
Boscherini, ha tentato di mettere a confronto la scuola di
allora con quella dei nostri giorni. Anzi, il suo obiettivo
non era probabilmente questo, immagino che intendesse più
semplicemente, convinto dell’immutato valore di quel
celebre diario scolastico, proporlo ai suoi alunni per avere
conferma di questa convinzione. È nato dunque Vi
racconto Cuore (editore Mondadori, 128 pagine, euro
6,00), che è la cronaca di una lettura in classe del libro
di De Amicis, e delle reazioni che quella lettura ha
suscitato.
Per
esempio quando il ragazzino ricco insulta il figlio del
carbonaio: “tuo padre è uno straccione!”, e il padre lo
obbliga a chiedere scusa. È una situazione tipica di
quell’epoca gonfia di retorica e buone intenzioni:
l’uomo di successo si dichiara “onorato di stringere la
mano” al povero lavoratore che si ritrae intimidito, e
spinge il figlio, che rimane del resto piuttosto freddo, fra
le braccia del compagno offeso. Dopo aver letto il brano,
Boscherini chiede ai suoi alunni se quella vicenda sia da
considerarsi attuale. Immediato scatta l’accostamento fra
il ragazzino povero e i piccoli stranieri. Viene ricordato
un episodio di qualche anno prima, un’alunna marocchina
che si sentì dire da un compagno “stammi lontano,
negra”. Anche in quel caso finì con tante scuse, e una
riunione durante la quale i genitori italiani chiesero che i
loro figli sedessero accanto ai compagni stranieri.
Poi
il maestro dei nostri giorni passa ai racconti che Perboni,
il suo collega di 120 anni prima, leggeva ogni mese in
classe. Racconti mensili, spiega, che narrano di atti
generosi compiuti da ragazzi italiani. «“E gli
stranieri?” chiede Ivan preoccupato. “Va bene anche per
gli stranieri” lo rassicuro. “Se De Amicis fosse nato
nella nostra epoca, sono sicuro che avrebbe scritto un
racconto per ogni nazionalità.” “Ah ecco…” dice
Ivan, e tira un sospiro di sollievo.» Ivan è uno dei molti
bambini stranieri che negli ultimi anni hanno trasformato la
nostra scuola in una istituzione multinazionale. Una
trasformazione non certo indolore, anzi carica di problemi
di adattamento e di organizzazione, di fronte ai quali
l’istituzione scolastica ha riflesso le esitazioni e gli
imbarazzi, quel curioso miscuglio di reazioni di rigetto e
slanci di solidarietà, con cui ha reagito la società
italiana.
L’autore
di questo libro, Maurizio Boscherini, è ben noto ai lettori
del Foglio Lapis. Fu infatti protagonista qualche anno fa di
una controversa vicenda, quando per reazione a un suo libro,
L’ultimo maestro ( http://fogliolapis.it/aprile2001-4.htm
), in cui
raccontava senza peli sulla lingua fatti e misfatti
dell’istituzione scolastica visti attraverso
l’esperienza personale, fu praticamente deportato
(“incompatibilità ambientale”: questa la motivazione)
in una piccola scuola rurale. Quella stessa, del resto, in
cui ha dimostrato, facendo interagire con il suo piccolo
universo interetnico le antiche parole di De Amicis, con
quanta brillante umanità si possano applicare le categorie
della tradizione nazionale alla comprensione dei bambini di
oggi e alla loro educazione.
a.
v.
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