Torna a Foglio Lapis - aprile 2001
Invia un'e-mail alla redazione di Foglio Lapis
La pubblicazione del libro è costata al suo autore, il maestro elementare Maurizio Boscherini, l’allontanamento per “incompatibilità ambientale” – Che cosa aveva scritto di tanto scandaloso? - La realtà quotidiana della scuola in un piccolo centro romagnolo, la lotta incessante su due fronti: contro un’autorità scolastica freddamente burocratica e contro il ruolo frenante delle famiglie
 

Vorrei raccontare cose vere, in modo tale che sembrino inventate, al contrario di De Amicis che racconta cose inventate in modo tale che sembrano vere”. Proprio così, L’ultimo maestro, Diario di un maestro elementare dei nostri giorni (Edizioni Beta, Roma, 1998), è da un lato la riproposta adeguata ai tempi della formula del celebre Cuore a un secolo dall’originale: giornale di bordo di due anni di navigazione fra gli scogli e le calme piatte della scuola italiana, intervallato non già dai racconti mensili di ma dalle sceneggiature tratte da Goldoni o Shakespeare che l’insegnante propone ai suoi ragazzi divenuti attori, e dalle gite ed escursioni della classe a caccia di stimoli nuovi. Ma è anche il racconto di cose vere, diario di una quarta elementare che diviene quinta e con l’esame di compimento del secondo ciclo (si parla qui di cicli non ancora riformati) si congeda dal suo maestro.

L’autore, Maurizio Boscherini, è già noto ai lettori di questo periodico. Nello scorso numero firmò una protesta contro la riforma della scuola di base, di cui abbiamo apprezzato, pur senza condividere le ragioni di fondo della critica, l’appassionata dedizione al mestiere educativo che vi traspare in controluce. Anche del suo Ultimo maestro ricorrono quei temi critici: per esempio contro l’impossibilità di operare una selezione ricorrendo alla bocciatura. Più in generale Dernier, questo lo pseudonimo con cui Boscherini firma il suo libro, attacca l’organizzazione burocratica della scuola, denuncia l’indifferenza ai generosi tentativi di un insegnante, che cerca di riempire tanti vuoti con un impegno raddoppiato, introducendo nel programma di fatto le grandi risorse del teatro e della pittura, persino ospitando a casa propria chi ha bisogno di assistenza al di fuori dell’orario scolastico. Racconta le approssimazioni, l’indifferenza, le lacune, il sostanziale disinteresse di molti operatori della scuola, il loro appiattirsi appunto sui programmi, sull’orario, sulla direttiva. Ne esce, al di là della denuncia, uno spaccato di vita non soltanto scolastica, un ritratto vivido, arricchito dai disegni dello stesso autore, di una identità locale che non riesce a salvare i suoi vecchi valori dall’attacco esterofilo e omologante della televisione.

Dernier si rivolge a chi lo legge: “Ma perché <l’ultimo maestro>?, ti chiederai. E io ti rispondo: per tutti i motivi che ti possono venire in mente”. Citiamone almeno un paio: uno è implicito nella visione drammatica, tipica di Boscherini, dell’attuale momento della scuola italiana. Stanno uccidendo la scuola elementare, per conseguenza i maestri sono una specie minacciata di estinzione. Un altro corrisponde a un tema che da tempo è caro alla Lapis: la quasi totale scomparsa della figura maschile dagli organici dell’insegnamento elementare, e la sua progressiva rarefazione negli altri ordini di scuola, con tutte le conseguenze di natura formativa che sono implicite in questo squilibrio. Perfettamente d’accordo su questo secondo punto, quanto al primo vorrei invitare Boscherini a una riflessione. Non gli sembra contraddittorio denunciare, come ha fatto con tanta efficacia, le manchevolezze della vecchia scuola e al tempo stesso negare la carica di cambiamento innovativo che è implicita nella riforma? Vale davvero la pena di difendere quel tipo di tradizione?

Difendere una scuola, infine, che lo ha trattato come lo ha trattato? Perché della storia di questo libro fanno parte le reazioni che ha suscitato. L’autore non fa nomi e cognomi reali, ma nel piccolo ambiente nel quale Boscherini vive e opera (si tratta di Santa Sofia, un comune nella parte montana della provincia di Forlì-Cesena) il contesto della vicenda è facilmente riconoscibile. E’ la scuola elementare del posto, con i suoi dirigenti, i suoi insegnanti, i suoi alunni, le famiglie degli alunni. L’accoglienza al libro è furibonda.  L’impietoso ritratto suscita persino le ire della giunta comunale, che lo accusa di avere gettato discredito sul paese. Le colleghe di Dernier si sentono oltraggiate e propongono il caso alle autorità scolastiche: qualcuno addirittura suggerisce la radiazione per indegnità, che sarebbe davvero una fine altamente simbolica per l’ultimo maestro. Non si arriva a tanto, ma l’insegnante visceralmente legato alla sua terra, che ama percorrere con pennelli e cavalletto, si vede infliggere un trasferimento per “incompatibilità ambientale”. Invano un  collega lo difende con lo sciopero della fame: andrà a portare la sua passione e i frutti della sua esperienza in una scuola sperduta fra le montagne.

Di questo libro, e della sua storia incredibile, si è parlato in un dibattito a Forlì la sera del 29 marzo. E’ stata una sorta di riparazione pubblica, tardiva quanto dovuta. Si è denunciata la profonda iniquità del maestro esiliato per le sue idee, si è parlato di attentato alla libertà di insegnamento, ci si è soffermati sui pregi singolari e un poco naïf del “libro per bambini che va bene anche per i grandi, o forse il contrario…”, sul maestro-padre che rifiuta la scuola “modello Mulino Bianco”. Si è commentata l’illustrazione di copertina, che rovescia la situazione del Cuore deamicisiano. “Maestro, lei uccide Franti!”, esclama il direttore consolando la madre del piccolo reprobo riscattato dai tempi, che sogghigna gongolante in primo piano. O il curioso neologismo con cui l’autore sintetizza la sua amara visione della scuola: “ipocrisia più burocrazia uguale ipocrazia”. Cioè scadimento di autorità. Lui, l’ultimo maestro, pensoso e quasi incredulo dopo quello che ha passato, ha assaporato fino in fondo la serata del riscatto respirando a pieni polmoni l’aria nuova, proponendo la lettura di qualche pagina del suo libro finalmente sottratto al rogo.

a.v.

 

 

 

FOGLIO LAPIS - APRILE 2001