Senso
del pubblico servizio, la scuola vista come patrimonio
comune da proteggere - Sono queste le motivazioni con
cui la maggior parte dei capi d'istituto francesi spiega
l'attaccamento a una professione ingrata – Presidi
come interfaccia fra scuola e famiglie
Alla
ripresa dell'attività scolastica mancavano all'appello
in Francia circa duecento dei 45 mila capi d'istituto. Eppure,
nonostante le ben note difficoltà connesse con la
direzione di una scuola e il costante deterioramento che
si registra da qualche anno, nonostante il fatto che si
tratta di un'attività “cronofaga” cioè
divoratrice di tempo, infine nonostante la triste e non
secondaria realtà che non è particolarmente
gratificante dal punto di vista del reddito né del
prestigio sociale, nonostante tutto questo la maggior parte
dei dirigenti scolastici francesi ama il proprio lavoro
e non ha alcuna intenzione di lasciarlo.
É
passato poco più di un anno da quando Christine Renon,
direttrice della scuola primaria Méhul a Pantin,
una località non distante da Parigi, mise fine ai
suoi giorni. Oberata dal lavoro, alle prese con mille difficoltà
legate fra l'altro alla complicata composizione etnica della
zona e dunque della popolazione scolastica, la direttrice
arrivò al tragico punto di rottura del suicidio,
innescando una serie di manifestazioni in cui i suoi colleghi
chiedevano riforme in grado di ricondurre la scuola sui
binari di una gestione corretta, efficace, capace di utilizzare
al meglio l'impegno di chi insegna e di chi studia.
Ma
solo in alcuni rarissimi casi la protesta è arrivata
al punto cruciale delle dimissioni. La maggior parte dei
dirigenti d'istituto è legato al proprio lavoro da
vincoli particolarmente tenaci. Alcuni spiegano l'attaccamento
a questo mestiere difficile e ingrato parlando di senso
del servizio pubblico, altri dicono di considerare la scuola
un patrimonio comune che va difeso, altri infine osservano
che proprio la criticità del momento storico, problemi
di convivenza fra etnie diverse, bullismo, criminalità,
e non ultima la pandemia, impone a chi lavora nel sistema
educativo di non mollare.
Intervistata
dal quotidiano Le Monde Emilie Garcia, che da cinque anni
dirige una scuola materna a Aulnay-sous-Bois, ancora un'area
disagiata nella regione parigina, spiega di considerare
essenziale trasmettere il senso della scuola a famiglie
che se ne sono allontanate, visto che nel quartiere la scuola
è rimasto l'ultimo servizio pubblico realmente attivo.
La direttrice Garcia ama confrontarsi con le famiglie, registrare
le loro aspettative, che sono molto forti, fa notare, proprio
negli ambienti popolari. Questa attività, conclude,
mi dà la certezza di servire a qualche cosa.
In
quella società in miniatura che è la scuola,
dice Ladja Mahadmi, che dirige una scuola primaria nel diciannovesimo
arrondissement di Parigi, il capo d'istituto è come
un direttore d'orchestra che coordina l'insieme degli attori
scolastici: gli alunni, i genitori, gli insegnanti. Ci sono
tanti problemi da risolvere, tante questioni da appianare,
aggiunge: per esempio in questo momento dobbiamo farci carico
dello stress dei genitori a causa della pandemia, li dobbiamo
rassicurare, garantire che i loro figli sono in buone mani.
Anche
un altro preside sentito da Le Monde sottolinea che la funzione
di agire da interfaccia fra la scuola e le famiglie è
il ruolo essenziale dei dirigenti scolastici. É un
contatto costante e proficuo, aggiunge, che se lasciassi
questa professione mi mancherebbe molto.
r.
f. l.
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