Secondo
un rapporto dell'Osservatorio nazionale
sull'internazionalizzazione delle scuole e la mobilità
studentesca, presentato dalla Fondazione Intercultura,
soltanto metà dei nostri istituti s'impegnano in progetti
internazionali – Le opportunità degli scambi, i
particolare la possibilità di trascorrere periodi di
studio all'estero durante la secondaria superiore, sono
troppo spesso ignorate – Il problema delle insufficienti
competenze linguistiche di studenti e docenti
Fra
i mille problemi della scuola italiana c'è anche una
insufficiente apertura sul mondo. Lo conferma una recente
indagine dell'Osservatorio nazionale
sull'internazionalizzazione delle scuole e la mobilità
studentesca, i cui risultati sono contenuti in un rapporto,
il quinto, presentato dalla Fondazione Intercultura e dalla
Fondazione Telecom. L'Istituto di ricerca Ipsos ha
interpellato a questo scopo 2275 studenti in Germania,
Francia, Polonia, Spagna e Svezia: i risultati sono stati
poi messi a confronto con quelli scaturiti dalle 800
interviste fatte ad altrettanti studenti italiani. Ne
risulta che appena il 53 per cento degli istituti italiani
s'impegna in progetti internazionali.
Nella
comparazione con gli altri cinque paesi, il dato condanna
una volta ancora il nostro sistema a una collocazione
marginale: le scuole aperte sul mondo sono infatti molte di
più oltre frontiera. Precisamente il 97 per cento in
Germania, l'89 in Spagna, l'88 in Polonia, l'81 in Francia e
il 79 in Svezia. A parziale compensazione, risulta che le
scuole italiane impegnate in progetti internazionali
riescono a coinvolgere più studenti delle altre, con la
sola eccezione di quelle tedesche.
Per
questo gli analisti dell'Istituto Ipsos mobilitati
dall'Osservatorio parlano di “scuola a due velocità”,
mentre segnalano che l'attenzione al tema della mobilità
internazionale è crescente, il che fa bene sperare per il
futuro. Fatto sta che al momento soltanto un terzo degli
studenti italiani è consapevole della possibilità di
trascorrere all'estero uno o due trimestri, o un intero anno
scolastico, nel corso della scuola secondaria di secondo
grado. Sono molti di più in altri paesi: il 59 per cento in
Germania, il 57 in Svezia, il 54 in Spagna, il 42 in
Francia. Soltanto in Polonia i ragazzi sono meno informati
dei nostri: appena il 31 per cento.
Nel
rapporto presentato dalla Fondazione Intercultura si
analizza anche il cosiddetto indice di apertura all'estero.
Viene calcolato sulla base di vari parametri: fra gli altri
il livello di conoscenza dell'inglese, lo studio di lingue
extra-curricolari, l'apprendimento di altre materie usando
lingue straniere, i viaggi all'estero, l'eventuale
proiezione internazionale dei progetti per il futuro. Anche
in questo ambito gli alunni delle scuole italiane denunciano
un netto ritardo rispetto ai loro compagni oltre frontiera:
mentre il punteggio medio in Svezia è pari a 35,5 su cento,
in Germania a 35,1, in Spagna a 35, in Polonia a 29,3 e in
Francia a 29, l'Italia non va oltre il 27,5.
Se
i ragazzi italiani sono relativamente poco informati sulle
possibilità di allargare il loro orizzonte scolastico oltre
le frontiere nazionali, sono invece abbastanza consapevoli
delle carenze del loro sistema d'istruzione. Sono infatti,
nella comparazione internazionale, i più critici nel
giudizio sulla qualità della loro scuola. É stato chiesto
ai ragazzi dei sei paesi: quale voto attribuite alla qualità
dell'insegnamento? Il sistema più soddisfacente risulta
quello della Svezia, dove il 70 per cento degli studenti
attribuisce alla propria scuola un voto superiore a sette
decimi. Seguono Francia e Spagna (67 per cento), Polonia
(66) e Germania (58).
Questa
platea studentesca internazionale è stata infine
sollecitata a dare un voto alle competenze linguistiche dei
loro insegnanti. Anche qui andiamo male: soltanto il 32 per
cento dei ragazzi italiani assegna un buon voto (superiore a
7). A promuovere i loro docenti sono soprattutto gli
spagnoli (il 55 per cento dà più di 7), gli svedesi (54
per cento), i polacchi (53), e i tedeschi (51). É invece
prevalentemente negativo il parere dei ragazzi francesi, che
soltanto per il 41 per cento apprezzano le conoscenze
linguistiche dei loro docenti.
Dall'indagine
emerge confermata in ogni paese la prevalenza assoluta
dell'inglese fra le lingue straniere preferite, mentre in
Italia si registrano passi
avanti del russo e nel cinese. Sapersi esprimere
correttamente in altre lingue è evidentemente essenziale
nel mondo globalizzato di oggi. É un passo fondamentale
nella direzione suggerita da Robert Hanvey, lo studioso da
cui la Fondazione ha tratto la propria divisa: “Chi è
chiuso nella gabbia di una sola cultura è in guerra con il
mondo e non lo sa”.
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Fredi Sergent
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