FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2013

 
 

Secondo un rapporto dell'Osservatorio nazionale sull'internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, presentato dalla Fondazione Intercultura, soltanto metà dei nostri istituti s'impegnano in progetti internazionali – Le opportunità degli scambi, i particolare la possibilità di trascorrere periodi di studio all'estero durante la secondaria superiore, sono troppo spesso ignorate – Il problema delle insufficienti competenze linguistiche di studenti e docenti

 

Fra i mille problemi della scuola italiana c'è anche una insufficiente apertura sul mondo. Lo conferma una recente indagine dell'Osservatorio nazionale sull'internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, i cui risultati sono contenuti in un rapporto, il quinto, presentato dalla Fondazione Intercultura e dalla Fondazione Telecom. L'Istituto di ricerca Ipsos ha interpellato a questo scopo 2275 studenti in Germania, Francia, Polonia, Spagna e Svezia: i risultati sono stati poi messi a confronto con quelli scaturiti dalle 800 interviste fatte ad altrettanti studenti italiani. Ne risulta che appena il 53 per cento degli istituti italiani s'impegna in progetti internazionali.

Nella comparazione con gli altri cinque paesi, il dato condanna una volta ancora il nostro sistema a una collocazione marginale: le scuole aperte sul mondo sono infatti molte di più oltre frontiera. Precisamente il 97 per cento in Germania, l'89 in Spagna, l'88 in Polonia, l'81 in Francia e il 79 in Svezia. A parziale compensazione, risulta che le scuole italiane impegnate in progetti internazionali riescono a coinvolgere più studenti delle altre, con la sola eccezione di quelle tedesche.

Per questo gli analisti dell'Istituto Ipsos mobilitati dall'Osservatorio parlano di “scuola a due velocità”, mentre segnalano che l'attenzione al tema della mobilità internazionale è crescente, il che fa bene sperare per il futuro. Fatto sta che al momento soltanto un terzo degli studenti italiani è consapevole della possibilità di trascorrere all'estero uno o due trimestri, o un intero anno scolastico, nel corso della scuola secondaria di secondo grado. Sono molti di più in altri paesi: il 59 per cento in Germania, il 57 in Svezia, il 54 in Spagna, il 42 in Francia. Soltanto in Polonia i ragazzi sono meno informati dei nostri: appena il 31 per cento.

Nel rapporto presentato dalla Fondazione Intercultura si analizza anche il cosiddetto indice di apertura all'estero. Viene calcolato sulla base di vari parametri: fra gli altri il livello di conoscenza dell'inglese, lo studio di lingue extra-curricolari, l'apprendimento di altre materie usando lingue straniere, i viaggi all'estero, l'eventuale proiezione internazionale dei progetti per il futuro. Anche in questo ambito gli alunni delle scuole italiane denunciano un netto ritardo rispetto ai loro compagni oltre frontiera: mentre il punteggio medio in Svezia è pari a 35,5 su cento, in Germania a 35,1, in Spagna a 35, in Polonia a 29,3 e in Francia a 29, l'Italia non va oltre il 27,5.

Se i ragazzi italiani sono relativamente poco informati sulle possibilità di allargare il loro orizzonte scolastico oltre le frontiere nazionali, sono invece abbastanza consapevoli delle carenze del loro sistema d'istruzione. Sono infatti, nella comparazione internazionale, i più critici nel giudizio sulla qualità della loro scuola. É stato chiesto ai ragazzi dei sei paesi: quale voto attribuite alla qualità dell'insegnamento? Il sistema più soddisfacente risulta quello della Svezia, dove il 70 per cento degli studenti attribuisce alla propria scuola un voto superiore a sette decimi. Seguono Francia e Spagna (67 per cento), Polonia (66) e Germania (58).

Questa platea studentesca internazionale è stata infine sollecitata a dare un voto alle competenze linguistiche dei loro insegnanti. Anche qui andiamo male: soltanto il 32 per cento dei ragazzi italiani assegna un buon voto (superiore a 7). A promuovere i loro docenti sono soprattutto gli spagnoli (il 55 per cento dà più di 7), gli svedesi (54 per cento), i polacchi (53), e i tedeschi (51). É invece prevalentemente negativo il parere dei ragazzi francesi, che soltanto per il 41 per cento apprezzano le conoscenze linguistiche dei loro docenti.

Dall'indagine emerge confermata in ogni paese la prevalenza assoluta dell'inglese fra le lingue straniere preferite, mentre in Italia si registrano  passi avanti del russo e nel cinese. Sapersi esprimere correttamente in altre lingue è evidentemente essenziale nel mondo globalizzato di oggi. É un passo fondamentale nella direzione suggerita da Robert Hanvey, lo studioso da cui la Fondazione ha tratto la propria divisa: “Chi è chiuso nella gabbia di una sola cultura è in guerra con il mondo e non lo sa”.

                                                          Fredi Sergent 
                                         

    


                                                  

 
 

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