Il
problema è arcinoto: la professione docente, in
particolare nell'istruzione primaria, è ormai un quasi
esclusivo monopolio femminile – Poiché la figura di
riferimento maschile è poco presente anche nelle
famiglie, dove i padri hanno poco tempo da dedicare ai
figli, ne deriva un possibile deficit nella percezione del
mondo e della società – In Germania provocano a correre
ai ripari, offrendo incentivi per invogliare i giovani a
salire in cattedra
Che
fine hanno fatto il maestro Perboni di Cuore, il
maestro Mosca di Ricordi di scuola? Si direbbe che
ormai la maestra, con o senza la penna rossa, sia rimasta
padrona assoluta del campo. Alcuni anni or sono la Lapis
promosse un'indagine sull'eclisse della figura maschile
nella scuola italiana, dalla quale risultò che per la
maggior parte delle persone interpellate, genitori, docenti
o studenti, lo squilibrio di genere nella professione
insegnante era da considerarsi un problema. Poiché questo
squilibrio è particolarmente evidente nella scuola
primaria, dove le cattedre sono ormai con rare eccezioni un
monopolio femminile, la cosa si ripercuote evidentemente
sulla formazione dei nostri ragazzi, sulla loro percezione
del mondo e della società. Alcuni sostengono che il ruolo
di figura maschile di riferimento dovrebbe essere riservato
ai padri, ma poiché i padri hanno sempre meno tempo da
dedicare ai figli, di fatto anche in famiglia, oltre che a
scuola, i bambini crescono in un universo quasi
esclusivamente femminile.
Eppure,
come ebbe a dirci a suo tempo uno studente fiorentino fra i
tanti interpellati dalla Lapis, “bisogna imparare a vedere
il mondo con gli occhi dell'uomo e della donna”. Su questo
punto convergeva allora la quasi totalità del nostro
campione statistico: i pochi che dissentivano lo facevano in
nome della competenza, che dovrebbe essere posta al centro
dell'attenzione indipendentemente dal fatto che si parli di
uomini o donne. Ponevano dunque l'accento sulla formazione:
e sarebbe difficile contestare questa priorità: è ovvio
che il maestro dev'essere competente, ma l'opinione
prevalente vorrebbe questa competenza un po' meglio
distribuita fra questa e quella metà del cielo.
Le
ragioni del fenomeno sono abbastanza note: la professione
docente non è retribuita in misura soddisfacente e il suo
prestigio sociale non è quello che meriterebbe il titolare
di un compito così delicato come quello di educare i nostri
figli. Questa realtà sembra allontanare gli uomini in
misura maggiore delle donne. Uno studio del ministero
dell'istruzione portò nel 1999 alla pubblicazione di un
rapporto, Aspetti della femminilizzazione nel sistema
scolastico, in cui si rivelava che il fenomeno si stava
ormai allargando dalla scuola primaria, dove era già
generalizzato, alla secondaria e alla dirigenza scolastica.
I dati regitravano inoltre una maggiore accentuazione dello
squilibrio fra uomini e donne nelle scuola del centro-nord
rispetto a quelle del sud e delle isole.
Il
fenomeno non si limita certo al nostro paese. In tutto il
mondo occidentale la scuola si declina sempre più al
femminile. In Germania per esempio, dove si cerca di correre
ai ripari invitando con una campagna capillare i giovani
studenti a non trascurare, nella gamma dei loro possibili
obiettivi professionali, l'antica e nobile professione di
maestro di scuola: anche lì, del resto, retribuita peggio
di molte altre. Poiché il sistema educativo tedesco si
articola nell'autonomia dei vari Länder, le
strategie di approccio sono diverse da un capo all'altro
della repubblica federale. A Francoforte, fa sapere il
settimanale Der Spiegel, promettono stipendi più
alti, probabilmente mettendo in conto qualche prevedibile
protesta femminile. La Baviera prende di petto il problema
garantendo ai maestri si sesso maschile vari incentivi,
dall'alloggio in affitto a basso costo ai biglietti gratuiti
per teatri e zoo, fino ai giri turistici gratis nei fine
settimana.
Siamo
insomma alla promozione, in controtendenza rispetto alla
norma, di “quote azzurre”: con l'obiettivo di elevare la
quota di presenza maschile sulle cattedre primarie,
attualmente vicinissima allo zero, fino a un soddisfacente
venti per cento. Saremmo ancora ben lontani da quel 49 per
cento che corrisponde alla quota demografica maschile, ma
almeno non si potrebbe più parlare di esclusivo monopolio
femminile.
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l. v.
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