"Il
maestro deve tener presente che la scuola ha da servire
a tre fini, a dar vigore al corpo, penetrazione all'intelligenza
e rettitudine all'animo" - Elaborati dal pedagogista Aristide
Gabelli, i programmi per la scuola elementare italiana
di 112 anni fa corrisposero all'esigenza di una istruzione
unitaria sul territorio nazionale
L'Italia
del 1888 è un paese prevalentemente agricolo, unificato
da meno di trent'anni e proteso nello sforzo immane di colmare
il divario che in tanti campi, dall'economia all'organizzazione
sociale, dall'igiene all'istruzione, la separa dai paesi
più sviluppati d'Europa. Per di più è un paese frammentario,
la sua unità politica non si è ancora trasferita in una
accettabile armonizzazione dei modi di vita, delle aspettative,
dei bisogni e dei consumi. Il compito di unificare nei fatti
il paese, di "fare gli italiani dopo aver fatta l'Italia",
secondo la formula che si usava allora, venne affidato in
primo luogo a due grandi istituzioni, la scuola e le forze
armate.
Con
la coscrizione obbligatoria, i cittadini di sesso maschile
venivano temporaneamente sottratti alle rispettive province:
nelle caserme e fra i corpi di spedizione impegnati nelle
guerre coloniali una colorita mescolanza di accenti e dialetti
veniva sottoposta all'effetto omologante del cameratismo.
Con risultati non proprio decisivi, visto che dal crogiolo
unificante veniva esclusa in blocco la componente femminile
della società. Del resto nemmeno la scuola poteva garantire
un impatto globale: nonostante le norme sull'obbligatorietà
dell'istruzione primaria una parte della popolazione, in
cui ancora una volta prevaleva l'altra metà del cielo, rimase
a lungo fuori dalle aule.
La
scuola elementare rimaneva tuttavia il luogo di più massiccia
frequentazione da parte dei piccoli italiani. E' dunque
comprensibile che si cercasse di approfittarne per gettarvi
i semi di una identità nazionale ancora assai incerta e
piuttosto elitaria. Non a caso Aristide Gabelli, il pedagogista
cui fu assegnato il compito di fissare le linee dei programmi
scolastici del 1888, insiste sulla necessità che il maestro
si sforzi di far germinare il "buon cittadino" fra i suoi
allievi, "distogliendoli, ove bisogni, da gare e da odii
municipali".. "Senza vanti improvvidi e senza insulsi retoricumi,
non ometterà di far capire, per quanta parte e in quanti
modi il nostro paese abbia contribuito alla civiltà del
mondo, per trarne motivo di giusta soddisfazione, ma non
senza avvertire che lo splendido passato non avrà che a
rendere oscuro il presente, ove la crescente generazione
non sorga agguerrita ai nuovi destini da un vigile e forte
sentimento del dovere, così verso la famiglia e i propri
simili, come verso la patria e lo Stato".
In
questo quadro di preoccupazione per l'unità e l'identità
nazionale, il programma didattico del 1888 è interessante
anche per la responsabilità che attribuisce al maestro in
materia di educazione fisica (di cui fa parte il canto corale,
atto a "sviluppare gli organi della respirazione") e di
igiene. Ma dove la lezione di Gabelli si rivela in tutta
la sua sapienza è dove critica il nozionismo fine a se stesso,
privilegiando sulle cognizioni che pure è necessario somministrare
"le abitudini che il pensiero acquista dal modo in cui vengono
somministrate". "Le cognizioni non poche volte, e forse
il più delle volte, dopo un po' di tempo di desuetudine
dagli studi, vengono in molta parte dimenticate, quando
invece il modo di pensare dura tutta la vita, entra in tutte
le azioni umane…".
Il
maestro elementare viene anche invitato a stare alla larga
dall'istruzione "parolaia e dogmatica", a calare l'insegnamento
nella realtà. Il docente "deve continuare in luogo d'interrompere,
come il più spesso accade, l'istruzione che gli alunni ricevettero
dalla natura prima di metter piede nella scuola, l'istruzione
cioè dei sensi, studiandosi però di renderla più chiara,
compiuta e consapevole di se stessa". Gabelli invita l'insegnante
a servirsi di materiali didattici tratti dalla vita di tutti
i giorni, a cominciare dagli oggetti di uso comune, già
familiari ai ragazzi. Infatti "la forma degli oggetti, il
loro colore, la loro genesi, l'uso a cui servono… aprono
innanzi a loro i campi della natura e dell'industria e porgono
occasione di portare la loro mente avida di sapere nel mondo
reale".
f.s.
Nota:
le citazioni sono tratte da Walter Ganzaroli, Programmi
didattici collegati ed annotati, Istituto padano di arti
grafiche, seconda edizione, Rovigo, 1951.
|