FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2014

 
 

Cambiano i governi ma da troppo tempo la condizione del sistema educativo italiano si è mantenuta a livelli di criticità – Troppa dispersione scolastica, legata quasi sempre a problemi di emarginazione economico-sociale - Troppo divario nei rendimenti fra questo paese e la maggior parte del resto del mondo, troppo divario all'interno fra regioni più favorite e altre meno – Troppo opaca l'immagine dell'insegnante, che va rilanciata e rivalutata

 

Mentre l'Italia è alle prese con l'ennesima crisi di governo, si cerca d'immaginare quali potranno essere le priorità reali dell'esecutivo che ne scaturirà. Si dice, poiché la crisi ruota attorno alla personalità pirotecnica del sindaco di Firenze Matteo Renzi, che sarà un governo particolarmente attivo, che saremo di fronte a una politica aggressiva, a una strategia di sfondamento. La necessità di “sorprendere” è legata non soltanto alle oggettive necessità di un paese allo stremo, ma anche al probabile desiderio dell'interessato di farsi perdonare le circostanze non proprio cristalline del suo accesso al potere. Si parla di mosse risolutive fin nei primi cento giorni. Vedremo poi se il nuovo presidente sarà capace di realizzare, durante il semestre di guida italiana dell'Unione Europea, quel programma di revisione dei vincoli comunitari, senza il quale non si liberano le risorse necessarie a qualsiasi politica, che il suo predecessore andava preparando.

Al momento in cui chiudiamo questo numero ancora non sappiamo a chi sarà affidato il ministero dell'istruzione, università e ricerca. Per chiunque prenderà il posto di Maria Chiara Carrozza nel suo ufficio di Viale Trastevere, ammesso che il nuovo capo del governo intenda rinunciare al contributo del ministro uscente che potrebbe anche essere confermato nell'incarico, si prospettano problemi ormai tradizionali. Una dispersione scolastica ancora inaccettabile, un rendimento disomogeneo nel paese e mediamente inferiore a quello di molti altri paesi. Dopo anni di tagli lineari ai bilanci pubblici, che hanno colpito i singoli ministeri senza stabilire criteri di priorità, il ministro Carrozza è riuscita ad ottenere una timida inversione di tendenza. Ovviamente non basta, perché se è vero che si tratta di mettere ordine nella spesa pubblica, e dunque è necessario prima di tutto “spendere bene”, è anche vero che per intervenire radicalmente a migliorare la condizione del sistema educativo serve una quantità di risorse di un diverso ordine di grandezza rispetto ai magri bilanci del passato.

Queste risorse vanno destinate non soltanto al ministero direttamente responsabile del sistema educativo, ma anche agli enti nazionali e locali preposti alla manutenzione degli immobili scolastici. Quel patrimonio edilizio ha infatti bisogno di costosi interventi di ricostruzione, restauro e ristrutturazione: ne va dell'incolumità fisica di chi ci lavora e ci studia. Inoltre ci vogliono fondi per le attrezzature, in particolare informatiche, senza le quali la nostra scuola non potrà mai fare il salto di qualità che le faccia recuperare le posizioni perdute nelle graduatorie internazionali del rendimento. Ma soprattutto è necessaria una politica d'investimenti sul personale, volta a svecchiare il corpo docente (la sua età media è fra le più alte al mondo), a sanare la piaga del precariato, a incoraggiare i giovani a vedere nell'insegnamento una strada professionale appagante e rispettata. Si tratta di restituire al maestro il prestigio che aveva in passato e che ha drammaticamente perduto nella volgarità dilagante degli ultimi decenni.

Si può sperare che il nuovo ministro, il nuovo governo, si muoveranno lungo questa strada? Che vorranno considerare l'istruzione per quello che è, semplicemente la chiave del nostro futuro? Sperare si deve ma c'è qualcosa che preoccupa, la quasi totale assenza del tema educativo nei dibattiti sulla crisi. Si parla giustamente di economia, di lavoro ma non di grandi strategie, e di scuola quasi mai. Quanto al ministero di Viale Trastevere, si ha la desolante impressione che venga considerato più che altro come una casella da riempire, per aggiustare gli equilibri fra i partiti e fra le correnti. Vedremo come andrà a finire, mandiamo intanto un caloroso augurio di buon lavoro al nuovo ministro, chiunque sia.

 

                                                          a. v. 
                                         

    


                                                  

 
 

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