Cambiano
i governi ma da troppo tempo la condizione del sistema
educativo italiano si è mantenuta a livelli di criticità
– Troppa dispersione scolastica, legata quasi sempre a
problemi di emarginazione economico-sociale - Troppo
divario nei rendimenti fra questo paese e la maggior parte
del resto del mondo, troppo divario all'interno fra
regioni più favorite e altre meno – Troppo opaca
l'immagine dell'insegnante, che va rilanciata e rivalutata
Mentre
l'Italia è alle prese con l'ennesima crisi di governo, si
cerca d'immaginare quali potranno essere le priorità reali
dell'esecutivo che ne scaturirà. Si dice, poiché la crisi
ruota attorno alla personalità pirotecnica del sindaco di
Firenze Matteo Renzi, che sarà un governo particolarmente
attivo, che saremo di fronte a una politica aggressiva, a
una strategia di sfondamento. La necessità di
“sorprendere” è legata non soltanto alle oggettive
necessità di un paese allo stremo, ma anche al probabile
desiderio dell'interessato di farsi perdonare le circostanze
non proprio cristalline del suo accesso al potere. Si parla
di mosse risolutive fin nei primi cento giorni. Vedremo poi
se il nuovo presidente sarà capace di realizzare, durante
il semestre di guida italiana dell'Unione Europea, quel
programma di revisione dei vincoli comunitari, senza il
quale non si liberano le risorse necessarie a qualsiasi
politica, che il suo predecessore andava preparando.
Al
momento in cui chiudiamo questo numero ancora non sappiamo a
chi sarà affidato il ministero dell'istruzione, università
e ricerca. Per chiunque prenderà il posto di Maria Chiara
Carrozza nel suo ufficio di Viale Trastevere, ammesso che il
nuovo capo del governo intenda rinunciare al contributo del
ministro uscente che potrebbe anche essere confermato
nell'incarico, si prospettano problemi ormai tradizionali.
Una dispersione scolastica ancora inaccettabile, un
rendimento disomogeneo nel paese e mediamente inferiore a
quello di molti altri paesi. Dopo anni di tagli lineari ai
bilanci pubblici, che hanno colpito i singoli ministeri
senza stabilire criteri di priorità, il ministro Carrozza
è riuscita ad ottenere una timida inversione di tendenza.
Ovviamente non basta, perché se è vero che si tratta di
mettere ordine nella spesa pubblica, e dunque è necessario
prima di tutto “spendere bene”, è anche vero che per
intervenire radicalmente a migliorare la condizione del
sistema educativo serve una quantità di risorse di un
diverso ordine di grandezza rispetto ai magri bilanci del
passato.
Queste
risorse vanno destinate non soltanto al ministero
direttamente responsabile del sistema educativo, ma anche
agli enti nazionali e locali preposti alla manutenzione
degli immobili scolastici. Quel patrimonio edilizio ha
infatti bisogno di costosi interventi di ricostruzione,
restauro e ristrutturazione: ne va dell'incolumità fisica
di chi ci lavora e ci studia. Inoltre ci vogliono fondi per
le attrezzature, in particolare informatiche, senza le quali
la nostra scuola non potrà mai fare il salto di qualità
che le faccia recuperare le posizioni perdute nelle
graduatorie internazionali del rendimento. Ma soprattutto è
necessaria una politica d'investimenti sul personale, volta
a svecchiare il corpo docente (la sua età media è fra le
più alte al mondo), a sanare la piaga del precariato, a
incoraggiare i giovani a vedere nell'insegnamento una strada
professionale appagante e rispettata. Si tratta di
restituire al maestro il prestigio che aveva in passato e
che ha drammaticamente perduto nella volgarità dilagante
degli ultimi decenni.
Si può sperare che il nuovo ministro, il nuovo governo,
si muoveranno lungo questa strada? Che vorranno considerare
l'istruzione per quello che è, semplicemente la chiave del
nostro futuro? Sperare si deve ma c'è qualcosa che
preoccupa, la quasi totale assenza del tema educativo nei
dibattiti sulla crisi. Si parla giustamente di economia, di
lavoro ma non di grandi strategie, e di scuola quasi mai.
Quanto al ministero di Viale Trastevere, si ha la desolante
impressione che venga considerato più che altro come una
casella da riempire, per aggiustare gli equilibri fra i
partiti e fra le correnti. Vedremo come andrà a finire,
mandiamo intanto un caloroso augurio di buon lavoro al nuovo
ministro, chiunque sia.
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a. v.
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