FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2013

 
 

Fanno discutere a Londra i criteri di ammissione alle scuole secondarie statali – La difficoltà dei test esclude di fatto la maggior parte di quei ragazzi le cui famiglie non possono permettersi lezioni private di preparazione agli esami – Poiché si tratta di istituti finanziati dai contribuenti, dunque con funzioni pubbliche, cresce la pressione perché si facciano carico di questo problema, individuando i mezzi per colmare la lacuna

 

Le scuole finanziate dallo stato, che non avvertono la responsabilità di migliorare le condizioni dell'area in cui si trovano, non adempiono a quel contratto sociale che la gente può ragionevolmente aspettarsi da loro”. Così si legge nella relazione conclusiva di uno studio commissionato dalle autorità scolastiche inglesi che s'intitola “Le barriere alla scelta nei servizi pubblici”. Alcuni esperti hanno preso in esame i criteri di ammissione all'istruzione secondaria, dalle storiche grammar schools ai più moderni istituti comprensivi, arrivando alla conclusione che provocano una selezione non soltanto sul terreno della preparazione, ma anche su quello della provenienza familiare e sociale. E questo, trattandosi di istituti chiamati a svolgere una funzione pubblica, è chiaramente inaccettabile in una società democratica, orientata nel senso della “uguaglianza di opportunità”.

Lo studio dimostra infatti che i test di ammissione sono tali da richiedere quasi sempre il ricorso a lezioni preparatorie. Ma non tutti possono permettersele, accade dunque che i ragazzi provenienti da famiglie a basso reddito si trovano svantaggiati dovendo fare da sé. Si tratta indirettamente di un grande spreco di risorse potenziali, fa sapere David Boyle, lo specialista che ha coordinato la ricerca. I criteri di ammissione, dice Boyle, “dovrebbero essere compensati dall'obiettivo di promuovere nella scuola l'equilibrio sociale”. Perché la necessità di costose lezioni private per passare l'esame è chiaramente una barriera per molte famiglie.

Secondo un rappresentante dei capi d'istituto delle grammar schools, questi istituti si sono posti da tempo il problema e hanno cercato di risolverlo offrendo corsi nei quali i ragazzi delle famiglie meno provvedute possono acquisire familiarità con i test che al momento dell'esame si troveranno ad affrontare. Inoltre la stessa struttura dei test viene costantemente controllata perché non sia di per sé socialmente discriminante. Non si può ovviamente eliminare il ricorso alle lezioni private, ma si può fare in modo che queste non siano più l'elemento decisivo.

Poiché il rapporto governativo fa esplicito riferimento alle scuole confessionali, che nacquero con lo scopo di esercitare un compito di promozione sociale nelle aree di riferimento, l'organizzazione che raggruppa gli istituti inglesi d'ispirazione cattolica fa sapere che il loro sistema è tutt'altro che socialmente esclusivo. Un terzo dei ragazzi che scuole cattoliche inglesi del livello primario, si fa sapere, provengono dalle minoranze etniche, mentre il dato generale supera appena il 27 per cento. Nelle minoranze etniche, è appena il caso di notarlo, i livelli medi di reddito sono largamente inferiori alla media: è lì che particolarmente si annida il disagio sociale. Per quanto riguarda l'istruzione secondaria, abbiamo un 20 per cento di allievi provenienti da aree disagiate nelle scuole cattoliche, contro il 17 per cento nazionale.

Questo rapporto ufficiale prova a rispondere alle accuse che da sempre investono il sistema educativo britannico. La parte finanziata con risorse di stato è storicamente una risposta alle esclusivissime e costosissime public schools (non inganni il nome, in Gran Bretagna si chiama così proprio la crema delle scuole private a pagamento), dunque non ha molto senso che a sua volta ricorra a rigidi criteri di ammissione, socialmente discriminanti. La stessa polemica investe l'istruzione superiore, con le tasse universitarie recentemente rincarate, fra molte critiche e un sensibile calo di nuovi iscritti, dal governo di David Cameron.

                                                          l. v. 
                                         

    


                                                  

 
 

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