Fanno
discutere a Londra i criteri di ammissione alle scuole
secondarie statali – La difficoltà dei test esclude di
fatto la maggior parte di quei ragazzi le cui famiglie non
possono permettersi lezioni private di preparazione agli
esami – Poiché si tratta di istituti finanziati dai
contribuenti, dunque con funzioni pubbliche, cresce la
pressione perché si facciano carico di questo problema,
individuando i mezzi per colmare la lacuna
“Le
scuole finanziate dallo stato, che non avvertono la
responsabilità di migliorare le condizioni dell'area in cui
si trovano, non adempiono a quel contratto sociale che la
gente può ragionevolmente aspettarsi da loro”. Così si
legge nella relazione conclusiva di uno studio commissionato
dalle autorità scolastiche inglesi che s'intitola “Le
barriere alla scelta nei servizi pubblici”. Alcuni esperti
hanno preso in esame i criteri di ammissione all'istruzione
secondaria, dalle storiche grammar schools ai più
moderni istituti comprensivi, arrivando alla conclusione che
provocano una selezione non soltanto sul terreno della
preparazione, ma anche su quello della provenienza familiare
e sociale. E questo, trattandosi di istituti chiamati a
svolgere una funzione pubblica, è chiaramente inaccettabile
in una società democratica, orientata nel senso della
“uguaglianza di opportunità”.
Lo
studio dimostra infatti che i test di ammissione sono tali
da richiedere quasi sempre il ricorso a lezioni
preparatorie. Ma non tutti possono permettersele, accade
dunque che i ragazzi provenienti da famiglie a basso reddito
si trovano svantaggiati dovendo fare da sé. Si tratta
indirettamente di un grande spreco di risorse potenziali, fa
sapere David Boyle, lo specialista che ha coordinato la
ricerca. I criteri di ammissione, dice Boyle, “dovrebbero
essere compensati dall'obiettivo di promuovere nella scuola
l'equilibrio sociale”. Perché la necessità di costose
lezioni private per passare l'esame è chiaramente una
barriera per molte famiglie.
Secondo
un rappresentante dei capi d'istituto delle grammar
schools, questi istituti si sono posti da tempo il
problema e hanno cercato di risolverlo offrendo corsi nei
quali i ragazzi delle famiglie meno provvedute possono
acquisire familiarità con i test che al momento dell'esame
si troveranno ad affrontare. Inoltre la stessa struttura dei
test viene costantemente controllata perché non sia di per
sé socialmente discriminante. Non si può ovviamente
eliminare il ricorso alle lezioni private, ma si può fare
in modo che queste non siano più l'elemento decisivo.
Poiché
il rapporto governativo fa esplicito riferimento alle scuole
confessionali, che nacquero con lo scopo di esercitare un
compito di promozione sociale nelle aree di riferimento,
l'organizzazione che raggruppa gli istituti inglesi
d'ispirazione cattolica fa sapere che il loro sistema è
tutt'altro che socialmente esclusivo. Un terzo dei ragazzi
che scuole cattoliche inglesi del livello primario, si fa
sapere, provengono dalle minoranze etniche, mentre il dato
generale supera appena il 27 per cento. Nelle minoranze
etniche, è appena il caso di notarlo, i livelli medi di
reddito sono largamente inferiori alla media: è lì che
particolarmente si annida il disagio sociale. Per quanto
riguarda l'istruzione secondaria, abbiamo un 20 per cento di
allievi provenienti da aree disagiate nelle scuole
cattoliche, contro il 17 per cento nazionale.
Questo
rapporto ufficiale prova a rispondere alle accuse che da
sempre investono il sistema educativo britannico. La parte
finanziata con risorse di stato è storicamente una risposta
alle esclusivissime e costosissime public schools (non
inganni il nome, in Gran Bretagna si chiama così proprio la
crema delle scuole private a pagamento), dunque non ha molto
senso che a sua volta ricorra a rigidi criteri di
ammissione, socialmente discriminanti. La stessa polemica
investe l'istruzione superiore, con le tasse universitarie
recentemente rincarate, fra molte critiche e un sensibile
calo di nuovi iscritti, dal governo di David Cameron.
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l. v.
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