FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2013

 
 

Il caso della provincia di Helmand, dove solo metà delle 336 scuole sono aperte – L'incubo di un possibile ritorno dei talebani, fautori di scuole esclusivamente islamiche e risolutamente contrari all'istruzione femminile – Eppure la regione meriterebbe un grande impegno educativo, considerato che il suo tasso di alfabetizzazione non supera l'otto per cento – Fortunatamente qualcosa sta cambiando nella mentalità popolare

 

Purtroppo è soltanto la guerra a tenere l'Afghanistan sulla scena dell'attenzione internazionale. Sopraffatti dalle notizie di offensive, attentati, kamikaze e trappole esplosive, tendiamo a dimenticare gli sforzi che la società afghana sta facendo per cercare di garantire un futuro ai suoi figli. Un recente reportage del New York Times apre uno spiraglio su un aspetto particolarmente trascurato, la pubblica istruzione. Alissa Johannsen Ruby, che dirige l'ufficio del NYT a Kabul, ha visitato alcune scuole nella provincia meridionale di Helmand, che fu una roccaforte dei talebani ma oggi è in buona parte occupata dalle forze internazionali dell'Isaf. La sua testimonianza traccia un quadro fatto di speranza e timori, e dell'emergere nella popolazione di una nuova consapevolezza sull'importanza dell'educazione.

Bisogna considerare che questa provincia rurale ha un tasso di alfabetizzazione irrisorio: non più dell'otto per cento fra gli uomini e ancora meno fra le donne. Si consideri che nell'intero Afghanistan il tasso medio maschile è del 43 per cento. Questa realtà statistica riflette il fatto che il popolo di cultura pashtun che vive nell'Helmand ha sempre avuto un atteggiamento diffidente nei confronti dell'istruzione. Quando nel 1978 s'insediò a Kabul un governo comunista spalleggiato dall'Unione Sovietica, partì un vasto programma educativo che non soltanto andava contro il sentire comune della gente, ma soprattutto infastidiva gli oltranzisti islamici, che lo consideravano un'offesa alla religione. In particolare i fondamentalisti osteggiavano l'estensione dell'offerta scolastica alla componente femminile.

Ecco dunque i mujahidin che incendiano scuole e massacrano insegnanti. Quando i talebani raggiungono il potere nel 1996, vietano alle tragazze di andare a scuola scoraggiando anche lo sviluppo di programmi educativi pet i maschi: soltanto tollerate le scuole coraniche. Nuovo mutamento di rotta nel 2001, quando arrivano le truppe occidentali: ma all'inizio il rilancio dell'offerta scolastica deve fare i conti con una radicata diffidenza popolare. Oggi, riferisce Alissa Ruby, quella diffidenza è stata, se non proprio stroncata, certo fortemente ridimensionata. Molti genitori mandano volentieri i loro figli a scuola, sanno che se imparano a leggere, scrivere e far di conto la loro vita sarà migliore.

Eppure un incubo grava su tutto questo: una volta che le truppe straniere se ne saranno andate e il governo afghano dovrà fare da sé, evidentemente anche i talebani, o almeno gruppi vicini al fondamentalismo islamico, avranno un ruolo nella gestione del paese. La speranza è che stavolta gli integralisti non calchino troppo la mano, visto che l'atteggiamento popolare nei confronti dell'istruzione è visibilmente mutato. Qualcosa in questo senso si sta muovendo, Alissa riferisce di certe scuole in parti dell'Helmand controllate dai talebani che non sono state chiuse. Nell'insieme della provincia, 185 delle 336 istituti sono al momento funzionanti, sia pure tra molte difficoltà. L'inviata del quotidiano americano riferisce di una scuola nella piccola città di Marja, dove ci sono alunni senza scarpe, o senza quaderni, o costretti a camminare fino a due ore per raggiungere l'aula dai loro sperduti villaggi.

Negli ultimi tre anni oltre ventidue miliardi di dollari, provenienti da un'organizzazione umanitaria danese e dai comandi militari americani, sono stati investiti nel sistema educativo dell'Helmand. Ma non bastano, anche perché non tutto quel denaro arriva effettivamente a destinazione, in un paese afflitto dal caos, dalla corruzione e dalle mille incertezze dovute alla guerra.

                                                          f. s. 
                                         

    


                                                  

 
 

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