Era
il maggio 1998 quando uscì il primo numero del Foglio
Lapis – Era in forma cartacea e proponeva
un’intervista a Marcello Bernardi, inchieste in alcune
aree problematiche del Sud e l’avvio degli atti del
convegno sulla dispersione scolastica con il quale sei
mesi prima la Lapis aveva celebrato la sua nascita –
Questo è dunque il primo numero del decimo anno, il
cinquantaduesimo dell’intera serie, che chi lo desideri
può visitare all’interno del nostro sito
“Salvare l’infanzia”. Così s’intitolava
l’articolo d’apertura, a firma della nostra presidente
Marilena Farruggia Venturi, del primo numero di questo
giornale. Era il maggio del 1998, e il sommario di quello
stesso editoriale fissava alcuni punti: “La Lapis è
nata dall’esigenza di affrontare un problema, la
dispersione scolastica, e quei suoi drammatici corollari
che si chiamano lavoro nero e criminalità minorile. Ora
stiamo percorrendo le aree di crisi e di malessere: dalle
risposte che riceviamo emerge l’immagine di un Paese che
ancora tollera gravi limitazioni ai diritti dei bambini.
Ma emergono anche disponibilità, entusiasmo, volontà di
cambiare”. Quel giornale era di carta, e così sarà
fino al quattordicesimo numero, pubblicato nel luglio
1999. Poi abbandonammo il supporto cartaceo per avviarci
sulle strade virtuali della rete, cui abbiamo affidato
anche la trascrizione digitale della prima serie.
L’intera collezione è dunque nel nostro sito, per
raggiungerla basta utilizzare i pulsanti L’archivio
delle nostre iniziative e Tutti i “Foglio
Lapis”.
Nel numero inaugurale figuravano un’intervista a
Marcello Bernardi, il celebre autore di opere come Gli
imperfetti genitori, Il nuovo bambino, L’avventura
di crescere, e alcune immersioni in quelle “aree di
crisi e di malessere” cui si riferiva l’articolo
d’apertura, dalla Calabria al quartiere napoletano di
Barra: ne emergeva con estrema chiarezza come ogni
progetto di risanamento sociale non possa che partire
dalla scuola. Il giornale si chiudeva infine con la prima
parte degli atti del convegno, dedicato al tema Evasione
scolastica, una sfida per la società, con cui sei
mesi prima la neonata Lapis aveva segnalato la sua
esistenza. Temi forti, indici puntati sui mali della
scuola e della società: niente male quel foglio
esordiente.
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La
presidente Marilena Farruggia Venturi (a sinistra)
e la presidente onoraria Manuela Loreni Papini
nella nuova sede della Lapis appena inaugurata. I
locali sono stati messi a disposizione dalla
Fondazione Aliotti |
Con questo numero, il cinquantaduesimo dell’intera
serie, il Foglio Lapis entra dunque nel suo decimo anno di
vita. Dobbiamo tentare un bilancio? Facciamolo, ma per
sommi capi, come si conviene a un lavoro in corso di
svolgimento, che anche se qualche risultato lo ha
raggiunto è ancora ben lontano dalla meta. Tanto per
cominciare, lo schizzo di questo Paese tracciato nel
sommario inaugurale non è poi tanto cambiato: la
dispersione scolastica c’è ancora, ci sono ancora il
lavoro nero e la criminalità minorile. I diritti
dell’infanzia sono ancora troppo spesso limitati nella
loro effettiva fruizione. Ci sono ancora, per fortuna
nostra e soprattutto di chi seguirà, “disponibilità,
entusiasmo, volontà di cambiare”. Il mondo della scuola
continua a richiedere più attenzione, più
considerazione, più risorse.
Con l’avvicendamento dei governi alla guida del
Paese si sono avvicendate anche due palingenetiche riforme
della scuola, attorno alle quali gli addetti ai lavori si
sono tenacemente accapigliati. La composizione sociale,
dunque di riflesso l’utenza scolastica, è profondamente
cambiata: una forte componente straniera, accolta da una
struttura impreparata, nata com’era in una società
etnicamente e culturalmente compatta, ha introdotto nuove
esigenze, tensioni inedite, necessità di addentrarsi in
territori inesplorati. Il progresso tecnologico ha diffuso
strumenti nuovi ma anche nuovi problemi, a cominciare
dalla possibilità di accesso all’informatica che deve
essere evidentemente garantita a tutti.
Di tutto questo abbiamo regolarmente riferito,
cercando di fornire un quadro oggettivo della realtà, e
senza mai dimenticare il confronto con le situazioni negli
altri Paesi del mondo. Abbiamo cercato di chiarire i
termini delle varie questioni sul tappeto, troppo spesso
mascherati da cifre ufficiali compiacenti e minimizzanti.
Per esempio abbiamo potuto smentire, con una memorabile
inchiesta condotta in alcune province d’intesa con le
autorità militari, che la dispersione scolastica fosse
limitata alle rassicuranti statistiche che parlavano di
zero virgola qualcosa: ma si riferivano ai soli casi
formalmente denunciati, un’inezia rispetto al totale.
Abbiamo affrontato con particolare vigore i temi connessi
con la legalità, certi come siamo che la coscienza dei
diritti e dei doveri sia una cellula fondante della
personalità individuale e del tessuto sociale.
È stato un lavoro interessante, anche se non privo di
delusioni a volte cocenti. Non soltanto perché le nostre
mete ideali – la scuola perfetta, la scuola per tutti, i
piccoli disabili e gli stranieri a loro agio,
l’analfabetismo sconfitto, l’infanzia sottratta allo
sfruttamento e al crimine – continuano a configurarsi
come utopia e ad allontanarsi sull’orizzonte temporale,
ma anche perché ci tocca troppe volte scontrarci con muri
di indifferenza, perfino con inaccettabili sordità
istituzionali. Come se non vivessimo in un Paese che deve
riconoscere non proprio superate le parole che Victor Hugo
scrisse nell’ottobre 1862 all’editore italiano dei Miserabili:
“Dov’è il vostro esercito di maestri di scuola, il
solo che la civilizzazione riconosca? Dove sono le vostre
scuole gratuite e obbligatorie? Forse che nella patria di
Dante e Michelangelo sanno leggere tutti?”.
Alfredo
Venturi
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