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Quando parti, che lingua parli?
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Se parti, dove arrivi?
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Chi erano i Parti?
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Il modesto particolare che in Cina, al tempo dei
Parti, si potesse arrivare a piedi, e si possa ancora
arrivare la Cina a piedi, non lo prendiamo nemmeno in
considerazione – dicevo ai ragazzi. Aggiunsi: – A
prima vista come l’amore e sulla scorta del consenso
comune, le distanze fra le diverse lingue sembrerebbero
enormi, addirittura invalicabili: come, non so, la
distanza che mille anni fa, quando non si poteva
viaggiare che a piedi o al massimo a cavallo o a dorso
d’asino o di cammello, separava l’Europa dalla Cina.
Eppure, tra quel paese e il nostro Occidente esistevano
rapporti che a noi, viziati a viaggiare in jet, riesce
difficile immaginare. Importante tramite pare sia stato
il popolo dei Parti: quelli stessi che, per punirne
l’avidità, uccisero il triunviro romano Marco Licinio
Crasso facendogli bere oro fuso. –
«Quando
parti, che lingua parli? Se parti, dove arrivi?» richiesi
ai ragazzi, e scrissi le due domande alla lavagna.
– Quante lingue m’occorrono, pur d’arrivare la Cina a piedi?
– mi richiede un ragazzo.
–
Non tante!… Ti basta “la facoltà di parlare”,
attributo comune della specie umana – rispondo. – Puoi
esercitarti a vedere la Cina lontana e a innamorartene, fin
da bambino, con un caleidoscopio: un tubo di cartapesta con
a un’estremità l’oculare e all’altra un certo numero
di frammenti multicolori, inseriti in un piccolo sistema di
specchi che, a una minima rotazione del tubo, danno luogo a
tutta una serie di seducenti figurazioni.
Scrive
il poeta Giovanni Giudici nel suo Andare in Cina a piedi:
«Ma affascinanti erano per me i caleidoscopi che mi
fabbricavo da bambino. Si prendevano due fogli di quaderno:
uno lo si avvolgeva a forma di tubo e l’altro (provo a
rifarlo, ma non ci riesco) veniva confezionato a forma di
losanga. Dopo aver messo alla rinfusa nell’interno della
losanga opportunamente dilatata pezzettini di stagnola da
cioccolatini, il tubo veniva inserito in un foro praticato a
uno dei vertici della losanga. I colori della stagnola,
esaltati anche dalla straordinaria bianchezza dell’interno
della losanga esposta in controluce, si combinavano così in
paesaggi di fiaba: un prato, una montagna, una capanna, un
castello, un ponte con sotto il fiume, il mare, un sole al
sorgere o al tramonto»…
Ognuno
interpreta a suo piacere quel che appare nella magica
lontananza e che, una volta scosso via da un colpetto di
dita sul rudimentale congegno, mai più sarebbe riapparso,
fata morgana o una specie di lieta allucinazione simile
forse a quella del ragazzo Rimbaud quando riusciva a vedere
«una moschea al posto di una fabbrica».
–
Il caleidoscopio allunga la vita? – si chiese una
ragazza.
–
Perché allungarla, la vita… e non allargarla? –
si chiese un’altra ragazza.
–
“Prendere il punto di vita”
era l’animazione
costitutiva delle sarte, un modo di dire e di fare tipico
– dissi io: – Veniva segnato con uno spillo esclamativo
del tipo “Stai immobile, altrimenti ti pungo!”.
–
… Per arrivare la Cina a piedi mentre cammina?… A
che serve?… Perché lo facevano? – fu la domanda
conclusiva.
–
E le piccole scosse al caleidoscopio siamo noi, a
esso simili nel nostro continuo mutare d’umori e di età,
trascorrenti da gioia a tristezza, in compagnia
dell’irripetibile giocattolo, che potrebbe anche essere
nato in Cina… Chi lo sa!… Chilo sa, mentre lo
dico e lo penso, quanti chilometri ho fatto? Quanti chili ho
perso? – e conclusi dicendo: – Il caleidoscopio funziona
come un poema. –
Di
certo, avevamo scoperto una lingua-cammello e una
lingua-bacodaseta: molteplici rifrangenze, tessuto
cangiante, correlata al popolo come entità fisica, alla
nazione che in essa parla; e, in generale, all’umanità
intera al di qua delle differenziazioni storiche.
Quando
Marco Polo tornò dalla Cina a piedi, la gente di Venezia
miscredeva al sogno che gli era avvenuto in mente. Lo
prendevano per matto. Capeggiò una galera da Venezia contro
Genova. Fu fatto prigioniero e messo in galera a Genova. Qui
conobbe Rustichello che mise l’occhio nel caleidoscopio
inventato dalla Cina da Marco Polo, da lui conservato
gelosamente come farebbe un bambino col giocattolo a cui è
più attaccato. Così è nato Il Milione, l’unico
numero al mondo che è tutto un programma e un poema.
Nota:
Parto,
appartenente all’antica popolazione iranica dei Parti, è
anche il partorire un bambino e qualsiasi prodotto
dell’ingegno, parto della fantasia.
Filippo Nibbi
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