Un
neologismo, licealizzazione, entra nel lessico
dell’attualità scolastica – La veneranda istituzione,
tradizionale corno umanistico del dilemma delle “due
culture”, si allarga infatti fagocitando buona parte
dell’istruzione tecnica – La proposta governativa
allarma le regioni: che cosa resta infatti al sistema
regionale di istruzione e formazione professionale? –
Critiche al progetto anche dall’interno dello stesso
governo: dunque il discorso rimane aperto
Filosofia
per tutti, annuncia il ministero dell’istruzione non più
pubblica. Per tutti gli studenti del secondo ciclo, non solo
per gli umanisti del classico ma anche per quelli che
faticheranno sulla partita doppia, o sull’estimo, o si
avventureranno lungo i percorsi dell’elettronica o della
multimedialità. Perché saranno tutti liceali, compresi
coloro che fin qui sono stati gli studenti degli istituti
tecnici. E l’insegnamento della filosofia, due ore
settimanali per tutti dalla terza classe in avanti, tre per
quelli del classico e del liceo delle scienze umane,
consacra appunto lo spirito di questa proposta, che viene
classificata sotto un’etichetta-neologismo:
licealizzazione. La riforma, di cui si propone una graduale
attivazione a partire dall’anno scolastico 2006/07, lancia
infatti la bellezza di otto licei. Ci sono quelli per così
dire tradizionali: il classico, lo scientifico, il
linguistico, l’artistico. A questi si aggiungono, sul
versante umanistico, il liceo musicale-coreutico e quello
consacrato appunto alle scienze umane. Gli altri due
istituti di cui si propone l’istituzione sono il liceo
economico e il tecnologico.
Otto
licei vi sembran pochi? La cifra non esaurisce il tema, a
moltiplicare la scelta ci sono gli indirizzi. Solo il
classico, lo scientifico, il linguistico e l’umanistico ne
sono privi, o per meglio dire hanno un unico indirizzo. Che
è stato qua e là modificato: per esempio nello scientifico
si ridimensiona l’insegnamento del latino: accanto alla
licealizzazione complessiva del sistema, assistiamo dunque a
una sorta di delicealizzazione dello scientifico.
Se uno si iscrive al liceo artistico, avrà davanti a
sé la scelta fra tre indirizzi: arti figurative,
architettura design e ambiente, audiovisivo multimedia e
scenografia. Due gli indirizzi, come è implicito nella
denominazione, per il liceo musicale e coreutico. Due anche
per il liceo economico: aziendale e istituzionale, ma il
liceo economico a indirizzo aziendale sarà a sua volta
articolato fra tre specifici “approfondimenti”. Quanto
mai variegato infine il liceo tecnologico, che offrirà una
ricchissima scelta fra otto indirizzi: meccanico, elettrico
ed elettronico, informatico e della comunicazione, chimico e
biochimico, agrario, sistema moda, costruzioni e territorio,
trasporti. In tutto, se abbiamo fatto bene i conti, si
prospettano dunque ventuno diversi modi di frequentare il
liceo.
Tutto
questo è stato presentato in forma di “bozza di
decreto” (scaricabile dal sito Internet del Ministero: www.istruzione.it)
con l’invito da parte del ministro Letizia Moratti a
inviare proposte e miglioramenti migliorativi. Le prime
reazioni permettono di prevedere che la bozza dovrà e potrà
essere sensibilmente modificata. Ci sono critiche infatti
non soltanto da parte dei sindacati e dell’opposizione
parlamentare, ma anche dalla maggioranza e perfino
dall’interno dello stesso governo. Inoltre la proposta,
così com’è, rischia di aprire un contenzioso fra stato e
regioni. Infatti la pluralità degli indirizzi previsti per
il liceo tecnologico assorbe di fatto buona parte della
potenziale domanda che dovrebbe alimentare il sistema di
istruzione e formazione professionale, demandato appunto
alle regioni. Ci sono poi critiche contraddittorie: da una
parte si contesta l’idea di allargare ai “tecnici”
l’insegnamento della filosofia, dall’altra quella di
ridurre lo spessore umanistico dell’istruzione liceale,
con la solitaria eccezione del classico.
Viene
inoltre rilanciata la critica al meccanismo previsto per
varcare la soglia fra primo e secondo ciclo, cioè la scelta
sul proprio futuro personale affidata ai ragazzi in età così
precoce: liceo o formazione professionale? È vero che si
assicura la reciproca permeabilità del sistema: ma se è
possibile ipotizzare che un ragazzo del classico, stanco di
greco e di latino, si rifugi in un istituto professionale,
è abbastanza difficile immaginare il percorso inverso. Si
direbbe che la licealizzazione dell’istruzione tecnica
nasca proprio come reazione alle molte critiche di questa
natura: ma per parare l’accusa di discriminazione, di
mobilità sociale ostacolata, si imbocca una strada irta di
contraddizioni. Che oltretutto trascura di prendere a
modello certe esperienze positive: per esempio il liceo
musicale è stato sperimentato con successo, citiamo il caso
di Arezzo, come indirizzo del liceo classico: nella bozza
viene invece tratteggiato come un istituto a sé, che ancor
più dello scientifico si vede ridotta la valenza umanistica
attraverso l’eliminazione del latino.
Un
altro problema nasce dalla puntigliosa definizione degli
orari settimanali, con le materie fisse, le opzionali
obbligatorie e quelle facoltative. Un ritorno inatteso del
vecchio centralismo ministeriale: ma l’autonomia, dov’è
andata a finire? Non resta che augurarsi che all’invito
del ministro, di inviare suggerimenti per migliorare la
bozza, corrisponda la volontà di prenderli sul serio,
smentendo non soltanto sul piano formale l’accusa che
investe la “riforma calata dall’alto”. La necessità
di adeguare ai tempi il sistema italiano dell’istruzione
del secondo ciclo, oltre duemilacinquecento licei e più di
quattromila fra istituti tecnici e professionali, merita
infatti un’attenta riflessione della società nel suo
insieme.
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r.f.l.
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