È
un lettore del quotidiano parigino Le Monde a porre
la questione, lamentando come il dibattito
sull’istruzione verta quasi esclusivamente sulle
modalità di funzionamento e non sulle finalità del
sistema, né sul suo necessario adattamento al mutare dei
tempi – Un altro lettore rivela: il programma di storia
dei miei nipoti è identico a quello di mia madre nel 1932
– Intanto si fa avanti, anche in Francia, l’altra
metà del cielo: la componente femminile surclassa
mediamente la maschile
Una volta si trattava di trasmettere delle nozioni, ma
oggi questo non basta più: i tempi nuovi implicano infatti
una tale evoluzione e continua rielaborazione del sapere,
che la nuova finalità della scuola deve consistere nel dare
ai bambini e agli adolescenti la voglia e i mezzi
d’imparare, di continuare e imparare ben oltre la scuola.
È quanto sostiene uno dei lettori intervenuti su Le
Monde, il prestigioso quotidiano parigino, in un
affollato dibattito sull’istruzione. Secondo questo
lettore, quando si discute di scuola ci si limita
generalmente a trattare del suo funzionamento, mentre se ne
trascurano le finalità e la necessità di adattarsi
flessibilmente ai tempi che cambiano.
Quali sono dunque le finalità da assegnarsi al
sistema educativo? Almeno due dovrebbero essere, secondo lui
e molti altri intervenuti nel dibattito, gli obiettivi
fondamentali: insegnare a imparare e a riflettere, in altre
parole dare capacità di analisi, far sì che i giovani
acquisiscano i prerequisiti della cittadinanza, intendendo
con questo termine la consapevolezza dell’identità
collettiva e l’acquisizione dei valori della legalità. Si
ricorda a questo proposito la fondamentale eredità di Jules
Ferry, che fu più volte presidente del consiglio negli anni
Ottanta del diciannovesimo secolo, ed è considerato il
padre della scuola francese gratuita, obbligatoria e laica.
Secondo Ferry il certificato di studi elementari, la prima
conquista della scuola di massa, era da considerarsi né più
né meno un diploma di cittadino.
Bisogna far tesoro, fanno notare altri partecipanti al
dibattito che concordano su questi obiettivi da assegnarsi
alla scuola, della straordinaria capacità dei giovani di
adattarsi a universi virtuali, non sempre esemplari dal
punto di vista civico, per educarli ai semplici valori di
una corretta vita sociale. E poiché le sollecitazioni alle
quali i bambini e i giovani sono sensibili provengono da
meccanismi di tipo fortemente “teatrale”, bisogna
ricorrere proprio a questo tipo di seducente spettacolarità.
Dal dibattito sulle colonne di Le Monde emerge una
proposta singolare: perché non aiutare gli insegnanti
accompagnando alla formazione didattica quella teatrale? Per
formare dei cittadini, la scuola ha bisogno di docenti che
non si limitino a trasmettere nozioni e che sappiano
catturare attenzione e interesse.
Ha bisogno, anche, di una visione aggiornata del
sapere. Un lettore fa notare di essere rimasto sbalordito
dalla constatazione che i suoi tre nipotini studiano storia
secondo un programma esattamente identico a quello svolto da
sua madre nel 1932. A proposito di donne, anche in Francia
si conferma la tendenza a una netta prevalenza femminile nel
rendimento scolastico. Le cifre diramate dal ministero
dell’educazione nazionale sono assai eloquenti: su 150
mila allievi che ogni anno lasciano la scuola senza
completarla centomila sono maschi; sette ragazze su dieci
arrivano al diploma di scuola secondaria contro sei soli
ragazzi; perfino al baccalauréat scientifico, che si è
creduto a lungo appannaggio maschile, le ragazze fanno
meglio. Poiché molti ragazzi vivono questa realtà come
frustrante, e a volte reagiscono con atteggiamenti
d’indifferenza o, peggio, di bullismo, c’è chi arriva a
proporre il superamento delle classi miste. Ma a ben vedere
questa sarebbe, per la scuola, una grave sconfitta.
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r. f. l.
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