Fa
discutere una decisione delle autorità scolastiche di New
York City che sconsiglia l'uso di certe parole nei
formulari per le prove periodiche di rendimento - Sono
termini “emotivamente carichi”, si spiega, capaci
cioè di suscitare emozioni spiacevoli - Un esempio? La
parola “dinosauro”, che evocando l'evoluzione delle
specie può dispiacere ai creazionisti - Rispondono i
critici che con queste premesse il rogo dei libri è
dietro l'angolo
La
controversa vicenda del “politicamente corretto” si
arricchisce di un nuovo capitolo, a scriverlo è il
Department of Education di New York City, un'autorità
scolastica che coordina l'attività di più di
millesettecento istituti d'istruzione nella metropoli
americana. Si tratta di una lettera agli editori dei
formulari contenenti i test con cui periodicamente si
controlla il rendimento nei vari corsi di studio. Le domande
attengono tradizionalmente alla matematica e all'inglese: ed
è proprio a proposito di quest'ultima disciplina che è
scaturito il caso, accolto da una vivacissima polemica.
Gli
editori dei test, dunque, vengono invitati a evitare l'uso
di alcune parole, una cinquantina in tutto. Sono parole che
a detta dell'autorità scolastica newyorchese hanno un
“carico emozionale”, potrebbero cioè evocare negli
studenti emozioni spiacevoli. In realtà la sensazione è
che non tanto la sensibilità dei ragazzi s'intenda
tutelare, quanto la suscettibilità di varie lobbies
e correnti di pensiero. Come potrebbe infatti uno studente
essere turbato dall'uso della parola “dinosauro”? A
considerarla uno sgradevole riferimento sono invece i
creazionisti, assai agguerriti in America nella loro
polemica contro il darwinismo. Parlare di dinosauri evoca
infatti quella evoluzione delle specie che è ormai una
realtà scientifica, ma non certo per chi considera Darwin
una sorta di anticristo.
Fra
le parole sconsigliate ci sono tutte quelle che hanno a che
fare con la dialettica ricchezza-povertà: meglio non citare
la “povertà”, appunto, ma nemmeno “villa con
piscina”, che evoca un'immagine capace di suscitare
invidia. Neanche “divorzio” è
da scriversi nei test: potrebbe far male ai figli di
coppie in crisi. Persino “festa di compleanno” è sulla
lista nera: non tanto perché sia socialmente
discriminatoria, in fondo una torta con le candeline se la
possono permettere anche le persone di modesto reddito,
quanto perché potrebbe dare fastidio a una minoranza
relativamente limitata ma assai sensibile, quella dei
Testimoni di Geova, che evitano di festeggiare gli
anniversari.
E
che dire di “halloween”? I ragazzi americani adorano
questa festa delle zucche e delle streghe, ma è meglio non
parlarne, perché la sua innegabile caratura pagana potrebbe
dar fastidio ai devoti di molte religioni. E naturalmente
evitino, gli editori dei test, di formulare domande su temi
quali “guerra”, “sesso”, “alcol”,
“malattia”. Quando la lista nera viene divulgata dalla Cnn
esplode la polemica, qualcuno ricorda il secondo
emendamento della costituzione degli Stati Uniti, che
garantisce solennemente la libertà di stampa e di
espressione. I responsabili dell'iniziativa si arroccano
sulla difensiva. Non è una censura, fanno sapere i
dirigenti del Department of Education: noi non chiediamo che
di quei temi non si parli nelle nostre scuole, solo che non
vengano citati nei test, per evitare eventuali contraccolpi
psicologici... In fondo anche altrove si fanno
raccomandazioni analoghe: per esempio in California si
consiglia di non usare la parola “tabacco”, in Florida,
lo stato periodicamente colpito dai cicloni provenienti dai
Caraibi, la parola “uragano”.
Sarà,
ma le spiegazioni non sono considerate abbastanza fondate
dalla maggior parte dei lettori che si sono espressi
sull'argomento nelle reti sociali e nelle pagine delle
lettere sulla stampa. “D'accordo”, scrive uno, “la
cosa riguarda solo i test, ma è comunque un passo nella
direzione sbagliata!” Un altro è molto più drastico:
“Mi sembra che l'America diventi ogni giorno più
stupida!” Un altro ancora filosofeggia: “Non esistono
cattive parole, solo un cattivo modo di usarle”.
Intervengono
anche alcuni addetti ai lavori. “Ma lo sapete o no”,
chiede uno specialista di pedagogia, “che compito
dell'educazione è anche prospettare i punti critici?”
“La scuola”, nota un altro, “deve preparare i ragazzi
alla vita, non potrà mai farlo nascondendo sotto il tappeto
le cose eventualmente scomode”. Conclude perentorio un
lettore del New York Times: “Sarebbe ora di
piantarla con la categoria del politicamente corretto. Far
sparire le parole dai test è un piccolo passo, ma può
portare al rogo dei libri.”
- l.
v.
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