Si
parla molto di apprendimento, formazione, aggiornamento,
molto meno di educazione, che sola può dare un senso a
quei processi - É infatti il pungolo, il motore, il
monito che ci esorta a conoscere la realtà e a
interpretarla razionalmente – Per questo l'adulto ne ha
un bisogno costante – Ma le cifre educative dell'offerta
formativa rischiano di essere disattese o strumentalizzate
– La scuola come apripista
Mai,
forse, come in questi ultimi tempi, si è parlato della
formazione come di un qualcosa non più relegabile
all’infanzia e all’adolescenza, ma che necessariamente
coinvolge e deve
coinvolgere l’età adulta e senile. L’avvento della
cosiddetta “società della conoscenza” e, più in
generale, le istanze della “globalizzazione” hanno
portato con sé l’urgenza di promuovere l’apprendimento
lungo tutto l’arco della vita, per rispondere alla
complessità e alla rapidità delle trasformazioni
economiche, politiche, sociali, in senso lato, che
contraddistinguono la nostra contemporaneità. E stagioni
della vita tradizionalmente trascurate dal sistema
formativo, come l’adultità e la senilità, si sono
trovate al centro di veri e propri programmi, più o meno
strutturati, di alfabetizzazione (o, meglio, al plurale, di
alfabetizzazioni), di istruzione, di ri-qualificazione, di
aggiornamento. In particolare, per gli adulti, con un
preponderante richiamo, esplicito e diretto, al mondo del
lavoro, alle sue inedite forme e dinamiche di
modernizzazione e di ottimizzazione, riprendendo ed
amplificando la tradizionale connotazione della formazione
degli adulti come formazione professionale.
Per
gli anziani, più recentemente coinvolti in questo trend,
e in relazione ai mutamenti demografici che registrano la
consistente crescita della popolazione over 64 anni di età,
l’esigenza dell’apprendimento continuo si lega
all’invecchiamento attivo, in vista di tutt’altro che
velati obiettivi di riduzione degli stanziamenti finanziari
per il welfare, la previdenza e la sanità, e di
prolungamento dell’età lavorativa.
Sino
ad ora – volutamente – ho preferito usare i termini
“formazione” e “apprendimento”… processi di cui
non si può non notare la sempre più massiccia diffusione,
capillarità, pervasività, né, tantomeno, si possono
misconoscere gli indotti positivi in termini di circolazione
e costruzione del “sapere”. Ma che ne è
dell’educazione? Ovvero: che ne è della direzione,
dell’orientamento di senso, e di prassi, da imprimere ai
processi di formazione e di apprendimento? Perché
l’educazione non si esaurisce nell’acquisizione e
nell’accumulazione di nuovi e più aggiornati contenuti di
conoscenza, e neppure nell’assunzione di comportamenti
adeguati alla temperie storica che abitiamo, ma si avviluppa
alla qualità della nostra vita, individuale e collettiva,
perseguendo l’utopia di un mondo migliore. E lo fa
coltivando idee, strumenti concettuali, prospettive di
futuro, nutrendosi sì di saperi e di conoscenze ma per
travalicarli incessantemente, per andare oltre quello che
c’è e ambire a ciò che sarebbe desiderabile ci fosse.
L’educazione
è il pungolo, il motore e anche il monito che ci esorta a
conoscere la realtà e a interpretarla razionalmente affinché
vi si possa incidere altrettanto razionalmente, tenendo
fermi all’orizzonte ideali pieni e autentici di giustizia,
libertà, uguaglianza. Di umanità. L’educazione è,
quindi, anche denuncia, critica, opposizione alle derive cui
la valorizzazione della vita e le sue possibilità di
sviluppo vanno incontro, nel nome di interessi di parte,
astutamente mascherati da una concezione impropria e
calcolatamente distorta dell’idea di “progresso”. Un
discorso, questo, che vede proprio nell’adulto il perno
fondamentale su cui fare leva: un adulto che è individuo
cresciuto, ma ancora in crescita, consapevole non solo di ciò
che ha conquistato ma anche e soprattutto di ciò che ancora
gli manca e che per questo si esercita permanentemente, e
rafforza nell’esercizio quelle caratteristiche che lo
rendono tale: l’autonomia, la responsabilità,
l’intenzionalità di pensiero e di azione.
L’adulto
ha un bisogno costante di educazione, che si offre come
insostituibile compagna in tutti i suoi tentativi di
comprensione e di trasformazione migliorativa della realtà,
per il tramite del lavoro, della partecipazione politica,
dei rapporti che instaura, della ricerca… di tutte quelle
attività che rappresentano il banco di prova dell’eticità
e della moralità della sua formazione.
Le sfide cui si trova di fronte l’educazione degli adulti sono, dunque,
vecchie e nuove al contempo: vecchie, ovvero universali,
laddove le cifre educative dell’offerta formativa
rischiano di essere disattese o strumentalizzate per finalità
che nulla hanno a che fare con la qualità della vita, se
non nel miope raggio di pochi; nuove perché i volti e i
meccanismi di tali mistificazioni cambiano con il cambiare
delle contingenze storiche. Oggi, paradossalmente, quando
apprendimento e formazione continua sono più che mai
enfatizzati, questi pericoli si fanno ancora più insidiosi
e l’educazione vera, autentica, genuina, quella con la E
maiuscola, conosce una crisi epocale e sostanziale che non
può passare sotto silenzio. Occorre partire e ri-partire
dalla scuola, e dalla sua qualità, come “apripista”
dell’educazione degli adulti, da un senso del lavoro che
non si appiattisca sulla mera sopravvivenza, da una
cittadinanza attiva che armonizzi l’appartenenza e la
partecipazione alle sorti di una comunità allargata.
Occorre investire, a monte, in una Scienza dell’educazione
degna di tale nome, darle credito, fiducia, ascolto e
possibilità di dispiegarsi, una scienza che si adoperi per
dare significato e orientamento di senso all’educazione, a
ciò che fa di ognuno di noi quello che siamo, che potremmo
essere, che vorremmo e dovremmo essere.
- Elena
Marescotti
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