FOGLIO LAPIS - APRILE - 2012

 
 

Si parla molto di apprendimento, formazione, aggiornamento, molto meno di educazione, che sola può dare un senso a quei processi - É infatti il pungolo, il motore, il monito che ci esorta a conoscere la realtà e a interpretarla razionalmente – Per questo l'adulto ne ha un bisogno costante – Ma le cifre educative dell'offerta formativa rischiano di essere disattese o strumentalizzate – La scuola come apripista

 

Mai, forse, come in questi ultimi tempi, si è parlato della formazione come di un qualcosa non più relegabile all’infanzia e all’adolescenza, ma che necessariamente coinvolge e deve coinvolgere l’età adulta e senile. L’avvento della cosiddetta “società della conoscenza” e, più in generale, le istanze della “globalizzazione” hanno portato con sé l’urgenza di promuovere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, per rispondere alla complessità e alla rapidità delle trasformazioni economiche, politiche, sociali, in senso lato, che contraddistinguono la nostra contemporaneità. E stagioni della vita tradizionalmente trascurate dal sistema formativo, come l’adultità e la senilità, si sono trovate al centro di veri e propri programmi, più o meno strutturati, di alfabetizzazione (o, meglio, al plurale, di alfabetizzazioni), di istruzione, di ri-qualificazione, di aggiornamento. In particolare, per gli adulti, con un preponderante richiamo, esplicito e diretto, al mondo del lavoro, alle sue inedite forme e dinamiche di modernizzazione e di ottimizzazione, riprendendo ed amplificando la tradizionale connotazione della formazione degli adulti come formazione professionale.

Per gli anziani, più recentemente coinvolti in questo trend, e in relazione ai mutamenti demografici che registrano la consistente crescita della popolazione over 64 anni di età, l’esigenza dell’apprendimento continuo si lega all’invecchiamento attivo, in vista di tutt’altro che velati obiettivi di riduzione degli stanziamenti finanziari per il welfare, la previdenza e la sanità, e di prolungamento dell’età lavorativa.

Sino ad ora – volutamente – ho preferito usare i termini “formazione” e “apprendimento”… processi di cui non si può non notare la sempre più massiccia diffusione, capillarità, pervasività, né, tantomeno, si possono misconoscere gli indotti positivi in termini di circolazione e costruzione del “sapere”. Ma che ne è dell’educazione? Ovvero: che ne è della direzione, dell’orientamento di senso, e di prassi, da imprimere ai processi di formazione e di apprendimento? Perché l’educazione non si esaurisce nell’acquisizione e nell’accumulazione di nuovi e più aggiornati contenuti di conoscenza, e neppure nell’assunzione di comportamenti adeguati alla temperie storica che abitiamo, ma si avviluppa alla qualità della nostra vita, individuale e collettiva, perseguendo l’utopia di un mondo migliore. E lo fa coltivando idee, strumenti concettuali, prospettive di futuro, nutrendosi sì di saperi e di conoscenze ma per travalicarli incessantemente, per andare oltre quello che c’è e ambire a ciò che sarebbe desiderabile ci fosse.

L’educazione è il pungolo, il motore e anche il monito che ci esorta a conoscere la realtà e a interpretarla razionalmente affinché vi si possa incidere altrettanto razionalmente, tenendo fermi all’orizzonte ideali pieni e autentici di giustizia, libertà, uguaglianza. Di umanità. L’educazione è, quindi, anche denuncia, critica, opposizione alle derive cui la valorizzazione della vita e le sue possibilità di sviluppo vanno incontro, nel nome di interessi di parte, astutamente mascherati da una concezione impropria e calcolatamente distorta dell’idea di “progresso”. Un discorso, questo, che vede proprio nell’adulto il perno fondamentale su cui fare leva: un adulto che è individuo cresciuto, ma ancora in crescita, consapevole non solo di ciò che ha conquistato ma anche e soprattutto di ciò che ancora gli manca e che per questo si esercita permanentemente, e rafforza nell’esercizio quelle caratteristiche che lo rendono tale: l’autonomia, la responsabilità, l’intenzionalità di pensiero e di azione.

L’adulto ha un bisogno costante di educazione, che si offre come insostituibile compagna in tutti i suoi tentativi di comprensione e di trasformazione migliorativa della realtà, per il tramite del lavoro, della partecipazione politica, dei rapporti che instaura, della ricerca… di tutte quelle attività che rappresentano il banco di prova dell’eticità e della moralità della sua formazione.

Le sfide cui si trova di fronte l’educazione degli adulti sono, dunque, vecchie e nuove al contempo: vecchie, ovvero universali, laddove le cifre educative dell’offerta formativa rischiano di essere disattese o strumentalizzate per finalità che nulla hanno a che fare con la qualità della vita, se non nel miope raggio di pochi; nuove perché i volti e i meccanismi di tali mistificazioni cambiano con il cambiare delle contingenze storiche. Oggi, paradossalmente, quando apprendimento e formazione continua sono più che mai enfatizzati, questi pericoli si fanno ancora più insidiosi e l’educazione vera, autentica, genuina, quella con la E maiuscola, conosce una crisi epocale e sostanziale che non può passare sotto silenzio. Occorre partire e ri-partire dalla scuola, e dalla sua qualità, come “apripista” dell’educazione degli adulti, da un senso del lavoro che non si appiattisca sulla mera sopravvivenza, da una cittadinanza attiva che armonizzi l’appartenenza e la partecipazione alle sorti di una comunità allargata. Occorre investire, a monte, in una Scienza dell’educazione degna di tale nome, darle credito, fiducia, ascolto e possibilità di dispiegarsi, una scienza che si adoperi per dare significato e orientamento di senso all’educazione, a ciò che fa di ognuno di noi quello che siamo, che potremmo essere, che vorremmo e dovremmo essere.

       

                                         Elena Marescotti

    


                                                  

 
 

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