L’esito
dell’indagine internazionale comparata sui rendimenti
scolastici ha provocato in Germania un autentico trauma
– Le negative valutazioni del sistema educativo hanno
aperto un aspro dibattito – Il governo ha varato un
piano che si propone di generalizzare di qui al 2007
l’istruzione a tempo pieno – Quanto alle scelte delle
famiglie, si registra un’impennata nelle iscrizioni agli
istituti privati, a torto o a ragione considerati migliori
e meno problematici
Pisa: Programme for International Student Assessment
(piano per la valutazione internazionale degli studenti). È
una sigla che in Germania provoca disagio, poiché
corrisponde a quella valutazione comparata dei rendimenti
scolastici organizzata dall’Ocse (organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico) di cui Foglio Lapis
si è occupato più volte e che ha avuto, per la
Repubblica Federale, un esito del tutto insoddisfacente. Il
sistema scolastico tedesco ne è uscito infatti con le ossa
rotte: ma lo choc è stato in qualche misura salutare, perché
ha aperto nel paese un animato dibattito sulle cause, i
rimedi e le soluzioni. Qui apriamo una parentesi: lo stesso
rapporto Pisa non ha certo assegnato all’Italia una
posizione lusinghiera, tutt’altro. Il nostro paese si è
collocato agli ultimi posti nelle graduatorie del
rendimento, ben più in basso della Repubblica Federale.
Eppure la cosa non ha provocato la stessa reazione che si è
registrata in Germania: quasi che l’esito qui da noi fosse
scontato. Se n’è parlato pochissimo, in realtà, senza
che nessuno, o quasi, si prendesse la briga di applicare
quel modello valutativo alle varie ipotesi di riforma del
sistema scolastico nazionale.
Torniamo dunque alla Germania. Il cancelliere Gerhard
Schröder ha colto lo spunto del rapporto Pisa per
annunciare solennemente una volontà di riscossa: gli
studenti tedeschi, ha detto, devono “marciare al vertice
della competizione mondiale”. Poiché nessuno si sogna fra
il Reno e l’Oder di contestare le valutazioni
dell’indagine comparata, tutti concordano sul fatto che
c’è molta strada da percorrere. Per questo il governo ha
varato un piano vasto e ambizioso, che si propone di
generalizzare entro il 2007 il sistema della scuola a tempo
pieno, in locali adeguatamente rinnovati, quando è il caso,
per renderli capaci di ospitare le nuove attività. Allo
scopo è stata stanziata la bella cifra di quattro miliardi
di euro. Ma poiché questa somma, per quanto sostanziosa,
non basterebbe a coprire le spese, ai singoli Länder, gli
stati in cui si articola la Repubblica Federale, è stato
chiesto di contribuire al finanziamento di ogni singolo
progetto con il dieci per cento, che a loro volta i Länder
possono accollare ai comuni interessati.
Ma qui cominciano i guai, per molti enti locali anche
un decimo della spesa esorbita dalle capacità di bilancio
rese anguste da una stagnazione economica che ha ridotto le
entrate tributarie. Il piano prevede l’assunzione di
insegnanti per coprire le attività pomeridiane: per
aggirare l’ostacolo finanziario qualcuno ha proposto che
si generalizzino esperienze a costo ridotto già in corso in
alcune scuole tedesche. Per esempio è abbastanza diffuso il
ricorso a specialisti di scacchi che insegnano il loro
gioco, in cambio di un semplice rimborso spese. In molte
scuole si ricorre invece a genitori disposti a passare
alcune ore nelle classi per illustrare la loro professione o
esperienze di particolare interesse. Ma è chiaro che
rispetto all’ambizione di dotare il tempo pieno di una
costante copertura specializzata da parte di docenti
qualificati, si tratterebbe di un passo indietro. Per
evitarlo, non resta che sperare in un superamento
dell’attuale difficile congiuntura economica, che permetta
attraverso una ripresa dei gettiti fiscali di dare respiro
ai bilanci pubblici.
Un’altra conseguenza del trauma Pisa è stato in
Germania una sorta di boom della scuola privata. Gli
istituti non pubblici, che erano circa duemila nel 1992,
sono oggi duemilaseicento e ogni anno si registra una
cinquantina di nuove fondazioni: in tutto il sistema privato
cura l’istruzione di circa 600 mila scolari fra ciclo
primario e secondario. Si noti che l’aumento delle scuole
private, spesso gestite da comunità religiose, e dei
ragazzi che vi fanno capo, è in controtendenza rispetto
alla diminuzione complessiva, dovuta a ragioni demografiche,
della popolazione scolastica tedesca. La domanda del resto
supera l’offerta: un recente sondaggio rivela che fra il
16 e il 20 per cento delle famiglie vorrebbe affidare i
propri figli all’istruzione privata, ma la capacità del
sistema non supera il sei per cento, ed è vicina allo zero
in molte aree dell’Est, dove durante i quarant’anni
dello stato comunista l’istruzione privata semplicemente
non esisteva. E del resto non è facile in Germania fondare
una scuola: i tempi burocratici per ottenere la licenza e il
finanziamento statale sono piuttosto prolungati.
Naturalmente la corsa all’istruzione privata è
stata incoraggiata dalla pessima immagine che della scuola
pubblica tedesca ha tracciato il rapporto Pisa: si ritiene
generalmente che l’istituto privato sia migliore, più
tranquillo, meglio attrezzato per recuperare alunni in
difficoltà. Ma sarà poi vero? Il dibattito è aperto in
Germania. Si fa notare che i risultati talvolta migliori di
questo sistema rispetto a quello statale (regionale, per
essere precisi, visto che nella Repubblica Federale
l’istruzione è materia di competenza dei Länder) sono
dovuti non tanto alla scuola quanto a chi la frequenta. I
ragazzi della privata provengono infatti mediamente da
gruppi sociali privilegiati, inoltre vi è una presenza
femminile maggiore rispetto alla scuola pubblica, il che
porta con sé una migliore qualità complessiva. Questi due
elementi tengono il sistema relativamente al riparo dalla
violenza, che affligge invece il sistema statale ed è fra
le ragioni che spiegano il boom degli istituti che statali
non sono. Infine la scuola privata offre da sempre
quell’attività a tempo pieno che ora il governo di
Berlino vuole introdurre in tutto il paese.
f.s.
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