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La legge è spesso per i giovani e giovanissimi un concetto astratto, in certe aree urbane degradate addirittura un concetto negativo, qualcosa di intangibile e talvolta di ostile. Spesso la legge è sentita come l’imposizione di un limite: come quella cosa che ti impedisce di sfrecciare in motorino senza casco, di affrontare allo stadio la tifoseria avversaria, di giocare a pallone o di tuffarti in mare dove ti pare e piace. A volte questa percezione risente delle particolari traversie di certe famiglie ai margini della legalità: in questi casi la legge è quella cosa che tiene in carcere tuo padre, ovviamente incolpevole o colpevole di innocenti leggerezze. Insomma la legge come controparte, come altro da se’: una visione che certe suggestioni mediatiche, basti pensare al cinema e all’immagine spesso simpatica del “cattivo”, inducono anche nella maggioranza dei ragazzi, quelli che non hanno alle spalle famiglie socialmente deviate. Da queste premesse scaturisce spesso l’idea pericolosissima della legge come qualcosa che nell’ottica del gruppo è appagante sfidare. Qualche volta questa distorsione porta addirittura alla devianza, alla piccola criminalità, innestando una spirale che può portare fino alla delinquenza. La
scuola può fare qualcosa per correggere una simile percezione della
legalità? Noi crediamo di sì, ma certo non può farcela da sola. Le
è necessario l’aiuto di coloro che servono professionalmente la
legge, di chi opera nelle procure e nei tribunali, di quella
magistratura che è anch’essa sentita come una lontana astrazione,
anch’essa talvolta in termini ostili. Una volta ancora incide su
questa visione la suggestione mediatica, ma in questo caso non occorre
scomodare il più sguaiato cinema poliziesco: basti pensare quale
negativa immagine della magistratura esce dalle pagine di un classico
come Le avventure di
Pinocchio. Ecco perché
sarebbe opportuno che i ragazzi facessero la personale conoscenza di
questi operatori di giustizia. Che se li trovassero di fronte in carne
e ossa nelle aule, che ascoltassero quello che hanno da dire, che
fossero in condizione di porre delle domande, di soddisfare delle
curiosità, di percepire finalmente la legge come patto civile, volto
alla tutela di tutti. Per
questo la Lapis si è messa in cammino, andando a proporre nelle
procure e nei tribunali una campagna di educazione alla legalità e di
prevenzione della criminalità. Tutti i magistrati che fin qui è
stato possibile contattare personalmente (in venticinque città dal
Nord al Mezzogiorno) hanno accolto assai positivamente, con una sola
personale eccezione, lo spirito e la lettera dell’iniziativa,
dichiarandosi disponibili a proporre la loro “lezione” in quelle
scuole nelle quali saranno invitati. A questo punto la parola è ai
capi d’istituto, e pensiamo in particolare modo agli istituti
comprensivi, alla nuova scuola di base. Toccherà a loro non soltanto
il compito di organizzare gli incontri con quei magistrati che hanno
assicurato la propria disponibilità, segnalata alle scuole dalla
stessa Lapis, ma anche quello di varare con gli insegnanti un adeguato
programma di preparazione delle classi. Perché gli incontri siano
proficui, è infatti necessario che i ragazzi ricevano una
informazione preventiva, che fra l’altro li metta in grado di
formulare domande specifiche avviando un dialogo con i magistrati.
Questa preparazione potrebbe comprendere visite a uffici giudiziari,
aule processuali, carceri: ma ovviamente questi dettagli sono rimessi
ai singoli istituti, nel quadro della loro autonomia. Ci auguriamo che la campagna decolli in tempi ragionevolmente brevi, e che dalle prime città si allarghi gradualmente fino a coprire l’intero paese. Sarebbe auspicabile che l’iniziativa si concretizzasse in un incontro all’anno per ogni classe. Sarà poi molto interessante, a tempo debito, andare a verificare quali saranno state le ricadute culturali e psicologiche dell’operazione. Lo si potrà fare sia attraverso la lettura delle riflessioni che probabilmente gli insegnanti proporranno alle classi dopo l’inconsueta esperienza, sia attraverso appositi sondaggi. Non dovrebbero esserci dubbi, in ogni caso, sul fatto che il contatto personale con il magistrato, inquirente o giudicante che sia, può sottrarre al concetto della legalità e alla figura del giudice quella carica di astrazione che fin qui ne ha sfumato e danneggiato l’immagine. Trovarsi di fronte le persone che quotidianamente hanno a che fare con la legge e le sue violazioni, ascoltare il racconto delle loro battaglie non sempre facili, dovrebbe almeno aiutare i ragazzi a capire che queste sono, in realtà, di categorie assai concrete, capaci di influire sulla loro vita non soltanto attraverso la costrizione del casco per chi va in motorino. r.f.l. |