A scuola tutti uguali

 

UN DISABILE IN CLASSE

PUO' ESSERE UNA RISORSA

 

     Secondo me il percorso scolastico viene compromesso non dalla presenza della disabilità, bensì dalla presenza di docenti ‘disabili’ a gestirla!”. È la risposta di un’insegnante di sostegno di Catania, fortemente polemica come si vede rispetto all’idea corrente, secondo la quale un alunno portatore di handicap finirebbe con lo sconvolgere il lavoro scolastico, compromettendo il percorso formativo dei compagni normali senza ricavarne personalmente alcun vantaggio. Questa visione assolutamente negativa del fenomeno è minoritaria ma tutt’altro che insignificante fra coloro che hanno partecipato al nostro sondaggio. Alcuni distinguono fra handicap fisici, meno compromettenti per l’attività scolastica generale, e handicap psichici di più difficile inserimento nella classe. Altri, come la docente citata qui sopra, ritengono che l’inserimento del disabile crea sì problemi, ma soltanto perché gli insegnanti, vuoi per mancanza di sensibilità personale, vuoi per insufficiente preparazione, non sono in grado di affrontare questo tipo di emergenza.

 

     Molti sottolineano come al contrario la presenza del “diversamente abile”, se correttamente gestita in uno spirito di collaborazione e solidarietà, possa tradursi in elemento capace di arricchire l’esperienza didattica e la crescita culturale dei ragazzi “normali”. Un insegnante di Torino non ha dubbi: la presenza del disabile “non compromette assolutamente il percorso scolastico, è anzi una risorsa per i ragazzi”. Bisognerebbe, aggiunge, che si aprissero “i cancelli e le menti di tutti gli istituti”, rimuovendo una buona volta le barriere architettoniche e quelle psicologiche. Un ragazzo dodicenne, che frequenta la scuola media a Cosenza, ha le idee piuttosto chiare: “ci si deve confrontare con loro perché questo aiuta molto loro, ma anche noi”.

 

     Alcuni, ricordando come la scuola privata ignori completamente la questione perché respinge gli alunni disabili, notano come l’inserimento dei portatori di handicap dovrebbe essere un motivo d’orgoglio per la scuola pubblica: per questo non si deve lesinare sui mezzi, come purtroppo si fa, e finanziare adeguatamente la figura essenziale dell’insegnante di sostegno. La questione si fa dunque assai concreta: “ci vogliono fondi strutturali a sostegno della scuola. Soldi, e non chiacchiere e propaganda”. Se il deficit è di natura mentale, nota un insegnante di Mantova, “va seguito individualmente con docenti specifici”: non si può badare a spese.

 

     Il problema, lamenta il padre di una bambina audiolesa “che si scontra quotidianamente con il primo anno di scuola di sua figlia”, sta proprio nel fatto che la questione è ridotta in termini di economia e di risparmio. Quel genitore, che risponde da Sassari, avanza un suggerimento degno di essere preso in considerazione: i piccoli disabili andrebbero seguiti, propone, “preferibilmente analizzando il caso dall’anno precedente all’iscrizione”. Ogni recupero è possibile, sostiene la maggior parte dei nostri interlocutori, a patto di impegnare risorse, competenze, stretta cooperazione fra i docenti. Inoltre servirebbe ancora una più generosa disponibilità da parte delle famiglie, troppo spesso ostili nei confronti del “diverso” che viene a turbare la tranquilla normalità dei loro figli.

 

 

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