La
maggior parte degli insegnanti è impreparata di fronte
all'irruzione del computer nelle scuole - Un disagio acuito
dal fatto che la maggior parte dei bambini e dei ragazzi
è invece perfettamente a suo agio con il mouse e i segreti
di Internet
Fra
la scuola e le nuove tecnologie, in particolare informatiche,
è amore obbligato: ma certo non è stato amore a prima vista.
Non che ci siano particolari problemi dalla parte dei ragazzi,
che anzi in stragrande maggioranza danno del tu al computer
fino dalla più tenera età. Complici i videogiochi, le nuove
tecnologie non faticano affatto a imporsi all'universo infantile
e giovanile. No, il problema riguarda gli insegnanti, o
per meglio dire una buona parte di loro.
L'allarme viene dalla Francia,
dove un ispettore ministeriale incaricato di vigilare sul
buon andamento dell'istruzione primaria ha scoperto che
un nuovo sintomo ai è aggiunto ai molti che già da tempo
permettono di diagnosticare il grande malessere del corpo
docente. L'irruzione in aula del computer li ha colti impreparati,
spesso li ha addirittura precipitati nel panico. Il mouse,
chi era costui? Un topolino? Un topolino in cattedra? Non
solo: la semplice constatazione che di fronte a quelle diavolerie
elettroniche i ragazzi non si scompongono più di tanto,
abituati come sono a trafficare con tastiera, mouse e joystick,
aggiunge al disagio il tarlo della frustrazione. Ma come,
quei mocciosi ne sanno più di me?
L'ispettore
francese commenta serafico: sono rarissimi gli insegnanti
disposti a imparare dai loro allievi. Il suggerimento è
implicito, anche se evita l'asprezza del consiglio diretto:
visto che fra i banchi c'è molta gente che di questa roba
se ne intende, perché non affidare a loro, ai ragazzi, la
gestione della novità informatica? Se proprio l'insegnante
non se la sente di imparare i rudimenti della nuova tecnologia
(ma perché non dovrebbe sentirsela?) non tutto è perduto:
basta nominare webmaster uno fra i più svegli della classe
e renderlo responsabile del computer. Fermo restando che
tocca a chi sta in cattedra coordinare gli obiettivi, stabilire
in accordo con la classe che cosa si debba tirar fuori da
quella macchina dotata di così formidabili potenzialità.
Un
allarme che viene dalla Francia ma che rispecchia una situazione
verificabile anche in Italia. Non si contano i casi di aggiornatissime
apparecchiature lasciate a poltrire nei ripostigli: aprendo
così una questione nuova, se sia più deprecabile questo
straordinario spreco di risorse o il pigro misoneismo che
ne è la causa. Addirittura c'è chi indica nelle nuove tecnologie
una ragione rivendicativa sul piano sindacale: come se quelle
macchine costituissero un aggravio di lavoro e non, al contrario,
uno strumento capace di rendere tutto più facile, più rapido,
più gradevole.
Inutile
sottolineare in questa sede gli enormi vantaggi didattici
dell'informatica: ne parleremo dettagliatamente in uno dei
prossimi numeri di questa rivista. Per ora solo un'osservazione:
all'opportunità rappresentata dal fatto di essere uno strumento
di comunicazione e di lavoro familiare ai giovani e ai giovanissimi,
si aggiungono i grandi pregi dell'interattività. Favorendo
la partecipazione attiva del fruitore, il computer può incoraggiare
il superamento della vecchia formula di un apprendimento
a senso unico, di un flusso di sapere univoco e uniforme
dalla cattedra al banco. Si può così trarre profitto da
quella grande e quasi inutilizzata risorsa che è la curiosità
infantile e giovanile, la voglia di esserci, di partecipare.
Ecco perché sarebbe proprio
il caso che gli insegnanti si buttassero a capofitto in
questa sfida della modernità, familiarizzandosi con il misterioso
topolino che può condurli per mano sulle vie del mondo,
nello spazio e nel tempo. Non pochi lo hanno fatto, del
resto, e siamo certi che la computerizzazione della scuola
andrà avanti nei prossimi anni a passi da gigante. Il fatto
stesso che i giovani siano così fortemente attratti dalle
nuove tecnologie dimostra, del resto, che quello di cui
stiamo parlando è un problema transitorio. Presto se ne
parlerà come di quei luddisti che quasi due secoli fa pretendevano,
in nome dell'occupazione, di bloccare sul nascere la civiltà
delle macchine.
Alfredo
Venturi
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