“FINALE” che fa seguito a
“INSEGNARE LA FANTASTICA” (Foglio Lapis nn. 6, 7, 1998
e nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 1999)
“Se
avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe
scoperta l’arte di inventare” (Novalis, Frammenti) “e
la difficoltà dell’intendere come si formi il canto della
cicala, mentr’ella ci canta in mano, scusa di parecchio il
non sapere come in lontananza si generi la cometa”
(Galileo, Il Saggiatore).
Mentre
batto a macchina questo “finale” provo a immaginare un
libro dal titolo caro a Gianni Rodari: “Esercizi di
Fantastica”, con tutti i ritrovato tecnici necessari per
essere un grande libro che annunci: “Die Kunst, Bücher zu
schreiben ist noch nicht erfunden. Sie
ist aber auf der Punkt, erfunden zu werden“. Cioè:
”L’arte di scrivere libri non è stata ancora scoperta.
Ma è sul punto di esserlo” (Novalis, dalla raccolta
Polline). In un simile “teatro della parola” numerosi
collaboratori, per lo più giovani (bambini, ragazzi),
attendono a un certo numero di esperimenti. Sui tavoli vi
sono parole-guida per le regie e binomi fantastici
contenenti migliaia di suggerimenti per inventare.
Leggendolo,
una cosa mi è chiara: il mondo d’oggi può essere
descritto solo a patto che lo si descriva come un mondo che
può essere cambiato. Gli uomini d’oggi si interessano
soprattutto alle situazioni e agli avvenimenti di fronte ai
quali possono agire in qualche modo. Per ciò, proponendo al
lettore questo “finale”, è sufficiente che io ribadisca
la mia opinione: e, cioè che il mondo d’oggi può essere
espresso anche per mezzo del “teatro della parola”,
purché sia visto come un mondo da inventare,
trasformabile…
Supponiamo
che gli abitanti di quest’isola volante che si chiama
Terra siano uomini presi da calcoli matematici e da problemi
astronomici: per essi il mondo, anche la bellezza, è
definibile attraverso uno schema fisso dotato di figure
geometriche. Tutto si fa, a cominciare dalle misure per un
abito, con strumenti e calcoli complicatissimi. Il paradosso
è che i risultati non corrispondono affatto a simili sforzi
e i prodotti finiti sembrano eseguiti con estrema
approssimazione. Poi qualcuno scopre, non udito e
inaspettatamente, che può “parlare con gli occhi” e
“vedere con l’udito”. Quello che più lo sorprende non
è questa scoperta che rompe la rigida e programmata
funzionalità degli abitanti del pianeta, quanto il fatto
che, malgrado l’immobilità o fissità dei suoi occhi,
essi continuino a parlare, a occuparsi, con parole diverse
(non differenti) dalle solite, delle meschinità che giorno
per giorno hanno riempito e avvelenato la loro vita.
Quale
è stato il meccanismo che ha portato quel “qualcuno” a
fare una scoperta così sorprendente?… Pare impossibile
– è l’uovo di Colombo! – solo due parole:
“cometa” per l’udito, “cicala” per la vista.
Costituiscono un “binomio fantastico” di quale
vocabolario fantastico? Quando ho proposto le due parole a
ragazze e
ragazzi di una scuola media, la “Cisalpino” di Arezzo,
mentre era in corso un “laboratorio di scrittura
creativa”, il risultato del nostro lavoro è stata la
scoperta che “cometa” e “cicala” sono due parole il
cui significato si trova in un certo vocabolario fantastico
di cui riporto di seguito, lettera per lettera, alcune voci:
A
albero – mano che
afferra foglie, uomo che cresce ma non si abbassa
B
- bianco – viso di fiore
- bicicletta – cavallo meccanico che
porta anche il peso della mia infanzia
- buio – cieco, violento, a un tratto
divenne spento
C
- caffè – una dolce voglia nera che
illumina le tue notti
- cane – distesa di prateria piena di
fiori e di corse
- casa – una figura geometrica sulla
pianura
- cencio – ladro di sporco
- cicala – zoo delle favole
- colomba – come un velo bianco
leggiadro e sincero
- cometa – coda vocale, oggetto
singolare, plurale “come te”
- compasso – ballerina che scivola sul
palcoscenico bianco
D
- dado – piccole finestre nere che si
divertono a fare capriole
- diario – ricordi aperti dalla penna
- disco – giri di musica intorno al
mondo
E
eco – specchio che
moltiplica l’aria; ripete la tua voce, le tue canzoni, le
tue parole, ma non ripete il tuo amore
F
- farfalla – una piccola, lieve, sottile
luce bianca
- felicità – benzina dell’amore
- fiammiferi – piccoli bastoncini che si
accendono con un dito e si spengono con il vento
- finestra – pezzo di cielo a noleggio,
contenitore di voci e parole
- fiore – supermercato per api,
luna-park per farfalle, farfalla paralizzata
- foglio – grande macchia quadrangolare
e muta
- formica – operaio a vita
G
- gatto – due grossi fanali colorati, un
cofano nero e quattro ruote indeformabili: i suoi occhi
fanno una luce che brucia il primo passante
- gemma – infanzia della rosa
- gioventù – sguardo di uomo che passa
- golosità – visione di un barattolo
H
hotel – un
palcoscenico che finge di ridere
I
- idea – lampadina che illumina un suono
che per i ragazzi è felicità
- immagine – falso riflesso dello
specchio, caricatura del cuore
- istante – un punto naufragato nel
tempo
- Italia – stivale del gigante che
annoiato di questo oggetto l’ha lasciato in mare
L
- lago – specchio di pudore
- lampione – amico delle farfalle,
irremovibile guardia della notte accorciatrice di colori
e dei sogni passati
- letto – paradiso dei poveri
- luce – misteriosi segreti del sole
- luna – guardiano notturno che dà
fuoco ai pensieri
M
- maniglia – sembra un niente, ma
girandola mi si apre la mente
- mano – piccola gru che aiuta a
sollevare i pesi della vita
- matita – truccatrice di fogli
- mistero – paura del pensiero
N
- nero – insieme di tutti i colori, di
tutti i dolori che formano il buio
- nuvola – occhio opaco su una faccia
immensa, autobus dei sogni
O
- oceano – prigione per gocce ribelli
- orologio – una lancetta colpisce il
cuore di ogni secondo: il tempo muore
P
- paesaggio – aria luccicante da un filo
all’altro della vita
- penna – serve a velocizzare
l’inchiostro
- pensiero – tram che passa nella mente
- poesia – missile che sfugge di mano
per vedere il mondo dall’alto
- pozzanghera – un oceano inonda un
paesaggio in miniatura
Q
quadro – un mondo di
sogni mai passati che aspettano di essere guardati
R
- ricordo – una bocca immensa divora i
miei pensieri
- rosa – donna che col tempo e col vento
si spoglia
- rose – chi le guarda attentamente
scopre la loro visione
S
- sapone – slittino per le mani
- scarpa – mi porta da tutte le parti
per giocare e stupirsi, quando è affamata apre la bocca
e mostra cinque denti
- scatola – non si può immaginare il
buio che c’è dentro
- sogno – velo che se ne va
- sole – come un bambino che per la
prima volta vede il mondo
- stella – capocchia lucente di uno
spillo che regge il cielo
T
- televisione – divano dei pensieri
delle parole
- tetto- scivolo dell’acqua
U
- unghia – dà un volto al dito
- urbe – un’immensa goccia di formiche
V
- vaso – un pezzo di ceramica colorata
dove tutto e niente cambia
- vento – straniero che viene e scompare
nel nulla, campo di prigionia per le parole buttate via
- vestito – fantasma padrone
dell’armadio
- vetro – velo di fata che taglia le
lettere, gli uccelli che volano, i ragazzi che giocano
- vita – voce liscia, voce rugosa, una
strada fatta di sassi: se inciampo, imparo meglio a
mettere i passi
Z
- zanzara – sanguisuga affamata, non si
sazia mai; forse è la sola che si interessa di te
- zucchero – sapore della felicità…
Frammenti di questa specie rappresentano vere sementi letterarie.
Naturalmente frammischiati ai buoni, ci possono essere anche
molti semi infecondi. E tuttavia, anche se soltanto pochi
fra loro potessero dar frutto! Ma più bello sarebbe che a
un bambino venisse l’idea di girare la seggiolina
del Piccolo Principe,per vedere risorgere continuamente il
sole anziché vederlo tramontare.
Filippo Nibbi
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