FOGLIO LAPIS - SETTEMBRE 1999

 
 

“FINALE” che fa seguito a “INSEGNARE LA FANTASTICA” (Foglio Lapis nn. 6, 7, 1998 e nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 1999) 

Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare” (Novalis, Frammenti) “e la difficoltà dell’intendere come si formi il canto della cicala, mentr’ella ci canta in mano, scusa di parecchio il non sapere come in lontananza si generi la cometa” (Galileo, Il Saggiatore). 

Mentre batto a macchina questo “finale” provo a immaginare un libro dal titolo caro a Gianni Rodari: “Esercizi di Fantastica”, con tutti i ritrovato tecnici necessari per essere un grande libro che annunci: “Die Kunst, Bücher zu schreiben ist noch nicht erfunden. Sie ist aber auf der Punkt, erfunden zu werden“. Cioè: ”L’arte di scrivere libri non è stata ancora scoperta. Ma è sul punto di esserlo” (Novalis, dalla raccolta Polline). In un simile “teatro della parola” numerosi collaboratori, per lo più giovani (bambini, ragazzi), attendono a un certo numero di esperimenti. Sui tavoli vi sono parole-guida per le regie e binomi fantastici contenenti migliaia di suggerimenti per inventare. 

Leggendolo, una cosa mi è chiara: il mondo d’oggi può essere descritto solo a patto che lo si descriva come un mondo che può essere cambiato. Gli uomini d’oggi si interessano soprattutto alle situazioni e agli avvenimenti di fronte ai quali possono agire in qualche modo. Per ciò, proponendo al lettore questo “finale”, è sufficiente che io ribadisca la mia opinione: e, cioè che il mondo d’oggi può essere espresso anche per mezzo del “teatro della parola”, purché sia visto come un mondo da inventare, trasformabile… 

Supponiamo che gli abitanti di quest’isola volante che si chiama Terra siano uomini presi da calcoli matematici e da problemi astronomici: per essi il mondo, anche la bellezza, è definibile attraverso uno schema fisso dotato di figure geometriche. Tutto si fa, a cominciare dalle misure per un abito, con strumenti e calcoli complicatissimi. Il paradosso è che i risultati non corrispondono affatto a simili sforzi e i prodotti finiti sembrano eseguiti con estrema approssimazione. Poi qualcuno scopre, non udito e inaspettatamente, che può “parlare con gli occhi” e “vedere con l’udito”. Quello che più lo sorprende non è questa scoperta che rompe la rigida e programmata funzionalità degli abitanti del pianeta, quanto il fatto che, malgrado l’immobilità o fissità dei suoi occhi, essi continuino a parlare, a occuparsi, con parole diverse (non differenti) dalle solite, delle meschinità che giorno per giorno hanno riempito e avvelenato la loro vita. 

Quale è stato il meccanismo che ha portato quel “qualcuno” a fare una scoperta così sorprendente?… Pare impossibile – è l’uovo di Colombo! – solo due parole: “cometa” per l’udito, “cicala” per la vista. Costituiscono un “binomio fantastico” di quale vocabolario fantastico? Quando ho proposto le due parole a ragazze  e ragazzi di una scuola media, la “Cisalpino” di Arezzo, mentre era in corso un “laboratorio di scrittura creativa”, il risultato del nostro lavoro è stata la scoperta che “cometa” e “cicala” sono due parole il cui significato si trova in un certo vocabolario fantastico di cui riporto di seguito, lettera per lettera, alcune voci:

A

albero – mano che afferra foglie, uomo che cresce ma non si abbassa

B

bianco – viso di fiore
bicicletta – cavallo meccanico che porta anche il peso della mia infanzia
buio – cieco, violento, a un tratto divenne spento

C

caffè – una dolce voglia nera che illumina le tue notti
cane – distesa di prateria piena di fiori e di corse
casa – una figura geometrica sulla pianura
cencio – ladro di sporco
cicala – zoo delle favole
colomba – come un velo bianco leggiadro e sincero
cometa – coda vocale, oggetto singolare, plurale “come te”
compasso – ballerina che scivola sul palcoscenico bianco

D

dado – piccole finestre nere che si divertono a fare capriole
diario – ricordi aperti dalla penna
disco – giri di musica intorno al mondo

E

eco – specchio che moltiplica l’aria; ripete la tua voce, le tue canzoni, le tue parole, ma non ripete il tuo amore

F

farfalla – una piccola, lieve, sottile luce bianca
felicità – benzina dell’amore
fiammiferi – piccoli bastoncini che si accendono con un dito e si spengono con il vento
finestra – pezzo di cielo a noleggio, contenitore di voci e parole
fiore – supermercato per api, luna-park per farfalle, farfalla paralizzata
foglio – grande macchia quadrangolare e muta
formica – operaio a vita

G

gatto – due grossi fanali colorati, un cofano nero e quattro ruote indeformabili: i suoi occhi fanno una luce che brucia il primo passante
gemma – infanzia della rosa
gioventù – sguardo di uomo che passa
golosità – visione di un barattolo

H

hotel – un palcoscenico che finge di ridere

I

idea – lampadina che illumina un suono che per i ragazzi è felicità
immagine – falso riflesso dello specchio, caricatura del cuore
istante – un punto naufragato nel tempo
Italia – stivale del gigante che annoiato di questo oggetto l’ha lasciato in mare

L

lago – specchio di pudore
lampione – amico delle farfalle, irremovibile guardia della notte accorciatrice di colori e dei sogni passati
letto – paradiso dei poveri
luce – misteriosi segreti del sole
luna – guardiano notturno che dà fuoco ai pensieri

M

maniglia – sembra un niente, ma girandola mi si apre la mente
mano – piccola gru che aiuta a sollevare i pesi della vita
matita – truccatrice di fogli
mistero – paura del pensiero

N

nero – insieme di tutti i colori, di tutti i dolori che formano il buio
nuvola – occhio opaco su una faccia immensa, autobus dei sogni

O

oceano – prigione per gocce ribelli
orologio – una lancetta colpisce il cuore di ogni secondo: il tempo muore

P

paesaggio – aria luccicante da un filo all’altro della vita
penna – serve a velocizzare l’inchiostro
pensiero – tram che passa nella mente
poesia – missile che sfugge di mano per vedere il mondo dall’alto
pozzanghera – un oceano inonda un paesaggio in miniatura

Q

quadro – un mondo di sogni mai passati che aspettano di essere guardati

R

ricordo – una bocca immensa divora i miei pensieri
rosa – donna che col tempo e col vento si spoglia
rose – chi le guarda attentamente scopre la loro visione

S

sapone – slittino per le mani
scarpa – mi porta da tutte le parti per giocare e stupirsi, quando è affamata apre la bocca e mostra cinque denti
scatola – non si può immaginare il buio che c’è dentro
sogno – velo che se ne va
sole – come un bambino che per la prima volta vede il mondo
stella – capocchia lucente di uno spillo che regge il cielo

T

televisione – divano dei pensieri delle parole
tetto- scivolo dell’acqua

U

unghia – dà un volto al dito
urbe – un’immensa goccia di formiche

V

vaso – un pezzo di ceramica colorata dove tutto e niente cambia
vento – straniero che viene e scompare nel nulla, campo di prigionia per le parole buttate via
vestito – fantasma padrone dell’armadio
vetro – velo di fata che taglia le lettere, gli uccelli che volano, i ragazzi che giocano
vita – voce liscia, voce rugosa, una strada fatta di sassi: se inciampo, imparo meglio a mettere i passi

Z

zanzara – sanguisuga affamata, non si sazia mai; forse è la sola che si interessa di te
zucchero – sapore della felicità…

Frammenti di questa specie rappresentano vere sementi letterarie. Naturalmente frammischiati ai buoni, ci possono essere anche molti semi infecondi. E tuttavia, anche se soltanto pochi fra loro potessero dar frutto! Ma più bello sarebbe che a  un bambino venisse l’idea di girare la seggiolina del Piccolo Principe,per vedere risorgere continuamente il sole anziché vederlo tramontare.

 

                                                                      Filippo Nibbi

        

                                     

 

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