Non è
una novità: la scuola italiana produce un popolo
refrattario alla lettura, in particolare alla lettura di
libri – Il fenomeno è puntualmente confermato
dall’indagine conoscitiva sui giovani di leva
Come
si sa un bicchiere impegnato al cinquanta per cento può
apparire, a seconda dei punti di vista, mezzo pieno o mezzo
vuoto. Ma il fatto che i diciottenni interpellati nel corso
della nostra indagine si dichiarano a maggioranza,
precisamente nella misura del 56 per cento, lettori
abituali, non consola affatto chi è colpito dalla triste
realtà che il 41,4 per cento si colloca, al contrario,
nella categoria dei non-lettori.
L’idea
che quattro ragazzi su dieci non abbiano contratto la vitale
abitudine della lettura non è certo esaltante. Meno
esaltante che mai la situazione che emrge dal confronto fra
i generi: infatti sono soltanto575 su 3368, cioè il 17,1
per cento o se si preferisce poco più di uno su sei, coloro
che leggono abitualmente libri. Ma soltanto 505 (il 15 per
cento) in un anno ne hanno letti più di tre. Per farla
breve: quasi cinque ragazzi su sei non sono soliti leggere
libri. Ancora meno quelli che leggono riviste (9 per cento)
o fumetti (4,9 per cento), un po’ di più, ma sempre
pochissimi rispetto a una dimensione socialmente accettabile
del fenomeno, quelli che leggono abitualmente i giornali
(26,5 per cento).
Un
altro dato davvero desolante emerge dal confronto delle
risposte relative al titolo di studio con quelle che sondano
le abitudini di lettura. Fra i 575 ragazzi che leggono
abitualmente libri sono 117, oltre un quinto del totale,
quelli che hanno un titolo superiore. Ma poiché i titolari
di licenza superiore nel nostro campione sono 321, vale a
dire il 9,3 per cento, ne risulta che l’abitudine alla
lettura è minoritaria persino nella fascia più colta dei
ragazzi interpellati. Fra i diplomati di scuola media
superiore, infatti, il numero di coloro che non leggono
libri, 195, è decisamente superiore a quello dei 117
lettori abituali: il rapporto si avvicina ai tre contro due.
Fra coloro che hanno terminato la scuola dell’obbligo
ottenendo la licenza media (in totale 2632, il 78,1 per
cento del campione) i lettori abituali di libri sono appena
398, uno ogni sei e mezzo. Fra i 296 evasori dell’obbligo
che hanno almeno terminato le elementari i lettori di libri
sono 39, uno ogni sette e mezzo. E’ paradossale notare
come i lettori di libri siano relativamente più numerosi,
quindici su 73 cioè un po’ più di uno su cinque, fra
coloro che si dichiarano sprovvisti di ogni titolo di
studio.
Un
elemento di un certo interesse è rivelato dalla
distribuzione quantitativa all’interno dello sparuto
gruppo dei diciottenni che consumano libri. Essa mostra
infatti che coloro che hanno letto un solo libro in un anno
sono meno di quanti ne hanno letti due, e questa cifra è a
sua volta inferiore a quella di chi ne ha letti più di tre.
Persino nella categoria più disagiata, quella dei 213 che
avrebbero voluto continuare gli studi, ma non lo hanno fatto
a causa delle ristrettezze economiche delle famiglie, sono
undici i ragazzi che hanno letto l’ultimo anno un solo
libro, venti coloro che ne hanno letti due, 33 quelli che si
sono spinti oltre i tre libri. Sembra discenderne una
deduzione parzialmente confortante: nonostante i limiti
culturali che l’esperienza scolastica non ha loro permesso
di superare, se questi ragazzi riescono ad avvicinarsi alla
lettura finiscono con il determinare un circolo virtuoso che
li induce a leggere ancora. Ma chi, se non la scuola in caso
di latitanza familiare, può fare entrare nelle loro teste
il vecchio adagio, “un uomo che legge ne vale due”?
s.f.
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