FOGLIO LAPIS - SETTEMBRE 1999

 
 

Nell’area densamente urbanizzata attorno al capoluogo campano i dati sul grado d’istruzione dei giovani di leva non differiscono di molto dalla media delle tre province coinvolte nell’indagine – Gli stimoli metropolitani incidono soltanto marginalmente sul fenomeno: eppure il riscatto della grande città implica necessariamente una forte domanda di istruzione – Di qui l’attualità del progetto Lapis-Centro D. Dolci  

La tabella che vedete qui a fianco riassume la carriera scolastica di un campione di 1182 ragazzi napoletani sui 18 anni: quanti si sono presentati nel febbraio e nel maggio scorsi alla visita di leva-selezione. Ci si attendeva che i dati relativi a questa provincia, fortemente urbanizzata e di fatto praticamente coincidente con l’area metropolitana del capoluogo, differissero sensibilmente dalla media riscontrata nelle tre province coinvolte nell’indagine, visto che nelle altre due, Bari e Catanzaro, è

assai più forte la componente rurale. Si registrano invece differenze soltanto marginali. Come si vede nella tabella l’8,9 per cento dei ragazzi napoletani dichiara di aver concluso la propria esperienza scolastica con la quinta elementare: questo dato è peggiore di quello complessivo, visto che nelle tre province la percentuale scende al 7,7 per cento. Situazione migliore, al contrario, per quel che riguarda gli studi superiori: infatti i diciottenni napoletani che dichiarano di avere finito la scuola in terza media sono il 49,6 per cento (dato medio 54,8), mentre quasi il 40 per cento (contro il 36) indica “altre” classi. Che queste “altre” classi debbano principalmente intendersi le medie superiori, e che il gruppo comprenda anche studi non ancora conclusi al momento dell’indagine, è confermato dalle risposte ad altri quesiti. Rimane naturalmente il fatto che si tratta comunque di livelli insoddisfacenti, e che molto meno della metà della popolazione maschile impegnata negli studi oltre l’obbligo scolastico è un dato del tutto insufficiente ai bisogni di una grande città in questo volgere di secolo, per non parlare della specifica tradizione culturale di Napoli. Così come è inadeguato a una realtà come quella napoletana il disimpegno di troppe famiglie nei confronti della vita scolastica dei figli: infatti le famiglie che non hanno assistito i figli nell’impegno scolastico e non hanno insistito per una regolare frequenza sono a Napoli rispettivamente il 19,1 e il 20,7 per cento del totale (i corrispondenti dati medi delle tre province sono un pochino più bassi: 16,6 e 19,1 per cento). 

E veniamo alle abitudini di lettura. Anche qui lo stimolo della grande città sembra non agire, se non in misura minima. Si dichiarano lettori abituali il 57,9 per cento dei ragazzi napoletani (contro il 56 della media interprovinciale), ed è leggermente più praticato nella metropoli campana il consumo giovanile di libri. Dicono di leggere abitualmente libri il 20,4 dei ragazzi, un lieve progresso rispetto al 17,1 per cento della media nelle tre province. Ma si tratta pur sempre di un dato desolante, della conferma che quattro giovani su cinque, e persino più della metà di coloro che hanno proseguito gli studi oltre l’obbligo, sono refrattari alla lettura di libri. Sono addirittura meno della media, a Napoli, i giovani che dichiarano di leggere giornali: il 25,7 per cento contro il 26,5 complessivo emerso dalla nostra indagine. 

Tutto questo non fa che confermare l’attualità e l’urgenza del progetto elaborato dalla Lapis e dall’Associazione Centro per lo sviluppo creativo “Danilo Dolci”. Si tratta dell’iniziativa che abbiamo illustrato nel Foglio Lapis numero 6 del giugno scorso: la creazione di una scuola-laboratorio affiancata da un centro studi (che saranno intitolati al maestro Alberto Manzi), l’indimenticabile autore-animatore del programma televisivo di alfabetizzazione “Non è mai troppo tardi”) in cui verranno sperimentati e applicati criteri didattici d’avanguardia. Il programma scientifico su cui si fonderà l’iniziativa, che dobbiamo al prof. Antonino Mangano dell’università di Messina, si propone di affrontare i malesseri generati dalla “scuola anacronistica” puntando su alcuni obiettivi di fondo: lotta all’alienazione scolastica e alla dipendenza dai modelli, apprendimento come processo di ricerca, promozione della curiosità come metodo di ricerca, addestramento a pensare in termini di interdipendenza.

                                                                      s.f.

        

La nostra indagine  

Questo sondaggio è stato svolto attraverso la consegna di un formulario contenente quattordici domande a ognuno dei giovani che gli scorsi febbraio e maggio 1999 si sono presentati alla visita di leva-selezione presso i gruppi selettori di Napoli, Bari e Catanzaro. Il campione complessivo è risultato di 3368 giovani, una parte variabile dei quali ha ritenuto di non rispondere a questa o quella domanda. I dati sono stati elaborati dal Centro di sperimentazione e ricerca sull’immaginario di Torino. Si tratta di risposte libere e volontarie, e ovviamente non verificate per ragioni di riservatezza. Questo ha determinato alcune incongruenze: per esempio il numero di coloro che hanno dichiarato una frequenza scolastica di meno di cinque anni è superiore al numero di quanti si dicono sprovvisti di titolo di studio. Questa e alcune altre contraddizioni si spiegano proprio con la precaria condizione culturale rilevata dall’indagine, forse anche con il timore di segnalare all’autorità, nonostante la garanzia dell’anonimato, comportamenti irregolari propri o della propria famiglia. Al di là dei valori numerici, che del resto sono implicitamente convalidati dalla loro sostanziale omogeneità nelle tre province, i risultati del sondaggio vanno comunque valutati come indicazioni di tendenza e di stati d’animo, come un’istantanea del modo di porsi dei diciottenni nei confronti della loro esperienza scolastica.
                                                                   

 

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