FOGLIO LAPIS - GENNAIO 2000

 

DIBATTITI

 

QUANDO LA PUBBLICITA' ENTRA IN CLASSE

 
 
La formula è semplice e allettante: ogni scuola viene dotata di attrezzature telematiche in cambio della fornitura (in esclusiva) di notiziari quotidiani e materiale didattico - Una vera manna, a parte un dettaglio imbarazzante: gli spot

Il caso ormai classico è quello di Channel One, una società americana di produzioni multimediali che appartiene alla Whittle Communications. In decine di migliaia di scuole, da un capo all'altro degli Stati Uniti, centinaia di migliaia di scolari guardano ogni giorno i suoi programmi. Si tratta di brevi programmi d'informazione, concepiti apposta per gli adolescenti, a quanto dicono gli esperti tecnicamente ben fatti e dal contenuto esauriente. Di più: questi programmi scorrono su materiali forniti gratuitamente da Channel One a ogni istituto: dai televisori di grande formato ai videoregistratori. Un'opera filantropica? Non proprio, e del resto nessuno chiede tanto a un'impresa commerciale. Infatti nei programmi trasmessi ogni giorno nelle scuole ci sono alcuni minuti di pubblicità. Mica tanti, non più di tre o quattro: ma se si pensa che uno spot di trenta secondi su Channel One costa all'inserzionista oltre 150 mila dollari, circa trecento milioni di lire, si comprende facilmente la ragion d'essere dell'iniziativa.

Qualcosa di simile è l'esperienza canadese della Youth News Network, un'impresa che, come dice la sua stessa denominazione, produce informazione per i giovani. La sua offerta è assai allettante, soprattutto per le scuole prive di moderni sussidi didattici. La YNN è disposta a dotare ogni istituto di attrezzature telematiche del valore di parecchie decine di migliaia di dollari: un'antenna parabolica fissa, un computer, due videoregistratori, una videocamera, una rete per le connessioni interne alla scuola, e infine un televisore a grande schermo per ogni aula. Per tutto questo la scuola non spenderà un centesimo: deve solo impegnarsi a registrare ogni notte, e a ritrasmettere poi in ogni classe durante l'orario delle lezioni, un programma informativo quotidiano di dodici minuti, di cui un massimo di due e mezzo occupati da messaggi pubblicitari. Fra gli inserzionisti, fanno notare quelli della YNN, imprese come la McDonald's e la Procter & Gamble o enti come il governo federale, che diffonde per esempio spot contro la droga. Alla scuola vengono forniti inoltre documentari didattici e programmi destinati agli insegnanti.

Sono esperienze d'Oltreatlantico destinate, prima o poi, a essere proposte anche da noi. Può dunque essere di qualche utilità andare a vedere come sono state accolte e come vengono vissute negli Stati Uniti e in Canada. Non sorprenderà nessuno apprendere che i pacchetti telematici di Channel One o della Youth News Network sono al centro di accese polemiche, e che al cuore della questione c'è la faccenda della pubblicità. A Toronto un periodico specializzato, il Canadian Consumer, fa notare che non solo gli adolescenti di quel paese dispongono mediamente di una paghetta settimanale superiore ai cento dollari, ma che essi esercitano un'influenza non trascurabile sugli acquisti delle loro famiglie. Di qui, evidentemente, l'interesse a piazzare messaggi pubblicitari davanti al pubblico della scuola. Con due vantaggi supplementari: il fatto che la fruizione è praticamente obbligatoria (la formula della YNN prevede la rescissione del contratto se il programma informativo non viene visto ogni giorno), e il fatto che l'ambiente scolastico conferisce autorevolezza ai messaggi pubblicitari.

Numerosi esperti, rappresentanti di associazioni di genitori e di enti pubblici si sono scagliati contro questa specie di violazione del tempio scolastico da parte dei moderni mercanti aiutati dalla tecnologia. Si protesta non soltanto per il tempo dedicato alla pubblicità, ma anche per il sospetto che gli spot non siano semplici parentesi nei programmi informativi, ma al contrario il vero scopo dei programmi stessi, per cui il ritmo e la cadenza delle notizie verrebbero subordinati proprio alle esigenze di una ideale percezione dei messaggi, in ultima analisi a una ragione puramente commerciale. Si contesta come immorale la surrettizia partecipazione della scuola alle persuasioni più o meno occulte dei pubblicitari. C'è chi contesta non soltanto gli spot, ma i programmi nella loro globalità. "Non mi va - dice Barry Duncan, un esperto canadese di comunicazioni di massa - che a qualcuno venga attribuito il diritto di disporre dell'attenzione degli alunni per alcuni minuti e di dar loro una sua versione di quel che accade nel mondo, il tutto inserito nei regolari programmi scolastici".

I produttori televisivi interessati si difendono con pacata energia. Fanno sapere che i contenuti dei loro programmi, inclusa la parte pubblicitaria, vengono attentamente vagliati da commissioni di esperti, sottolineano il fatto che con questo sistema si aiutano le scuole a modernizzarsi, attraverso l'acquisizione di attrezzature tecnologiche al passo con i tempi. Roderick MacDonald, presidente della YNN, osserva che la sua offerta dà agli insegnanti la possibilità di "sviluppare il pensiero critico dei loro allievi mediante l'analisi della pubblicità e delle sue tecniche". Un'idea che certo non entusiasma i suoi inserzionisti: ma in fondo la pubblicità, aggiunge MacDonald per farsi perdonare con un'espressione un po' enfatica, è "la pietra angolare di un paese democratico". Il dibattito continua, da anni, e sarà interessante registrarne i toni quando quest'altra novità americana avrà fatto il suo rituale approdo dalle nostre parti, dove l'autocontrollo e lo stile sono quello che sono. Avremo forse cortei e scuole occupate, e le consuete alluvioni retoriche sulla stampa, in parlamento, nei consigli comunali e provinciali, fino alle assemblee di classe e d'istituto.

Alfredo Venturi

 

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