La formula
è semplice e allettante: ogni scuola viene
dotata di attrezzature telematiche in cambio
della fornitura (in esclusiva) di notiziari
quotidiani e materiale didattico - Una vera manna,
a parte un dettaglio imbarazzante: gli spot Il caso
ormai classico è quello di Channel One, una
società americana di produzioni multimediali che
appartiene alla Whittle Communications. In decine
di migliaia di scuole, da un capo all'altro degli
Stati Uniti, centinaia di migliaia di scolari
guardano ogni giorno i suoi programmi. Si tratta
di brevi programmi d'informazione, concepiti
apposta per gli adolescenti, a quanto dicono gli
esperti tecnicamente ben fatti e dal contenuto
esauriente. Di più: questi programmi scorrono su
materiali forniti gratuitamente da Channel One a
ogni istituto: dai televisori di grande formato
ai videoregistratori. Un'opera filantropica? Non
proprio, e del resto nessuno chiede tanto a un'impresa
commerciale. Infatti nei programmi trasmessi ogni
giorno nelle scuole ci sono alcuni minuti di
pubblicità. Mica tanti, non più di tre o
quattro: ma se si pensa che uno spot di trenta
secondi su Channel One costa all'inserzionista
oltre 150 mila dollari, circa trecento milioni di
lire, si comprende facilmente la ragion d'essere
dell'iniziativa.
Qualcosa di
simile è l'esperienza canadese della Youth News
Network, un'impresa che, come dice la sua stessa
denominazione, produce informazione per i giovani.
La sua offerta è assai allettante, soprattutto
per le scuole prive di moderni sussidi didattici.
La YNN è disposta a dotare ogni istituto di
attrezzature telematiche del valore di parecchie
decine di migliaia di dollari: un'antenna
parabolica fissa, un computer, due
videoregistratori, una videocamera, una rete per
le connessioni interne alla scuola, e infine un
televisore a grande schermo per ogni aula. Per
tutto questo la scuola non spenderà un centesimo:
deve solo impegnarsi a registrare ogni notte, e a
ritrasmettere poi in ogni classe durante l'orario
delle lezioni, un programma informativo
quotidiano di dodici minuti, di cui un massimo di
due e mezzo occupati da messaggi pubblicitari.
Fra gli inserzionisti, fanno notare quelli della
YNN, imprese come la McDonald's e la Procter
& Gamble o enti come il governo federale, che
diffonde per esempio spot contro la droga. Alla
scuola vengono forniti inoltre documentari
didattici e programmi destinati agli insegnanti.
Sono
esperienze d'Oltreatlantico destinate, prima o
poi, a essere proposte anche da noi. Può dunque
essere di qualche utilità andare a vedere come
sono state accolte e come vengono vissute negli
Stati Uniti e in Canada. Non sorprenderà nessuno
apprendere che i pacchetti telematici di Channel
One o della Youth News Network sono al centro di
accese polemiche, e che al cuore della questione
c'è la faccenda della pubblicità. A Toronto un
periodico specializzato, il Canadian Consumer, fa
notare che non solo gli adolescenti di quel paese
dispongono mediamente di una paghetta settimanale
superiore ai cento dollari, ma che essi
esercitano un'influenza non trascurabile sugli
acquisti delle loro famiglie. Di qui,
evidentemente, l'interesse a piazzare messaggi
pubblicitari davanti al pubblico della scuola.
Con due vantaggi supplementari: il fatto che la
fruizione è praticamente obbligatoria (la
formula della YNN prevede la rescissione del
contratto se il programma informativo non viene
visto ogni giorno), e il fatto che l'ambiente
scolastico conferisce autorevolezza ai messaggi
pubblicitari.
Numerosi
esperti, rappresentanti di associazioni di
genitori e di enti pubblici si sono scagliati
contro questa specie di violazione del tempio
scolastico da parte dei moderni mercanti aiutati
dalla tecnologia. Si protesta non soltanto per il
tempo dedicato alla pubblicità, ma anche per il
sospetto che gli spot non siano semplici
parentesi nei programmi informativi, ma al
contrario il vero scopo dei programmi stessi, per
cui il ritmo e la cadenza delle notizie
verrebbero subordinati proprio alle esigenze di
una ideale percezione dei messaggi, in ultima
analisi a una ragione puramente commerciale. Si
contesta come immorale la surrettizia
partecipazione della scuola alle persuasioni più
o meno occulte dei pubblicitari. C'è chi
contesta non soltanto gli spot, ma i programmi
nella loro globalità. "Non mi va - dice
Barry Duncan, un esperto canadese di
comunicazioni di massa - che a qualcuno venga
attribuito il diritto di disporre dell'attenzione
degli alunni per alcuni minuti e di dar loro una
sua versione di quel che accade nel mondo, il
tutto inserito nei regolari programmi scolastici".
I produttori
televisivi interessati si difendono con pacata
energia. Fanno sapere che i contenuti dei loro
programmi, inclusa la parte pubblicitaria,
vengono attentamente vagliati da commissioni di
esperti, sottolineano il fatto che con questo
sistema si aiutano le scuole a modernizzarsi,
attraverso l'acquisizione di attrezzature
tecnologiche al passo con i tempi. Roderick
MacDonald, presidente della YNN, osserva che la
sua offerta dà agli insegnanti la possibilità
di "sviluppare il pensiero critico dei loro
allievi mediante l'analisi della pubblicità e
delle sue tecniche". Un'idea che certo non
entusiasma i suoi inserzionisti: ma in fondo la
pubblicità, aggiunge MacDonald per farsi
perdonare con un'espressione un po' enfatica, è
"la pietra angolare di un paese democratico".
Il dibattito continua, da anni, e sarà
interessante registrarne i toni quando quest'altra
novità americana avrà fatto il suo rituale
approdo dalle nostre parti, dove l'autocontrollo
e lo stile sono quello che sono. Avremo forse
cortei e scuole occupate, e le consuete alluvioni
retoriche sulla stampa, in parlamento, nei
consigli comunali e provinciali, fino alle
assemblee di classe e d'istituto.
Alfredo Venturi
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