La
nostra emeroteca ci parla di un singolare personaggio
chiamato Pasquale, e di un grande mistero nazionale che
non sarebbe dovuto rimanere tale: la strage del treno
Italicus
Quando
frequentavi l'ambiente hai mai conosciuto fra i degenti
un certo Pasquale Maceroni? Chiacchieravamo ore e ore ma
non sono riuscita mai a farmi raccontare la sua storia e
perché fosse finito lì. Quando era nei suoi
momenti bui in cui sragionava ripeteva ossessivamente qualcosa
su Hitler e le punizioni. Io pensavo che forse era stato
in un campo di concentramento e lì il sistema nervoso
era saltato. Un altro, che invece non stava ai Tetti Rossi
ma chiuso da anni e anni chiuso in casa sua in una stanza
buia qui a Cortona e che dopo anni il mio babbo che da barbiere
andava a fargli barba e capelli lì in quella stanza,
ripeteva in continuazione "Paradiso sorriso".
I suoi dicevano che era caduto nella pazzia perché
era stato chiuso dai tedeschi in un forno crematorio. Dopo
anni mio padre riuscì a convincerlo ad uscire da
quella stanza e in seguito ad accompagnarlo all'aperto.
Ma la gento lo schivava perché ne aveva paura. Non
so perché queste persone con problemi simili a me
si sono sempre attaccate come il Bostik e io non ricordo
di avere avuto rapporti così siddisfacenti come quellu
che ho avuto con loro.
Italicus,
la P2 e la verità di Alessandra De Bellis 6 Agosto
2021 di Luigi Ferro
“I
Balcani producono più storia di quanta ne possono
digerire”. La frase di Winston Churchill può
valere anche per l’Italia e mi è tornata in
mente vedendo su Raiplay il documentario Spotlight La pecora
nera, inchiesta di Valerio Cataldi e Andrea Palladino, dove
in mezz’ora si racconta la storia di Alessandra De
Bellis, moglie di Augusto Cauchi, figura centrale della
destra neofascista toscana. Così accade che uno come
il sottoscritto che per anni legge libri, si tiene al corrente
con le notizie di cronaca, vede documentari, Report e tutta
questa roba, con i misteri d’Italia fra mafia, terrorismo
e Ustica che lo accompagnano per una vita, improvvisamente
scopre una storia mai sentita. Che assume ancora più
importanza in questigiorni di rievocazione della strage
di Bologna dove dal processo emerge con sempre maggiore
chiarezza il ruolo di Licio Gelli e della P2.
Questo
Paese, instancabile produttore di storia e di storie, propone
infatti la vicenda di Alessandra De Bellis, esemplare per
spiegare cos’era l’Italia degli anni ’70
e ’80, l’Italia della P2 e anche per capire
che la strage di Bologna era forse il punto finale o un’altra
tappa di un percorso iniziato molti anni prima.
La
storia della De Bellis è infatti legata all’attentato
al treno Italicus. È la notte fra il 3 e 4 agosto
1974 quando sul treno che, risalendo la penisola, sta attraversando
la galleria di San Benedetto Val di Sambro, in provincia
di Bologna, scoppia una bomba che causa la morte di 12 persone
e il ferimento di altre 48. Non è l’unico attentato
di quel periodo. Il 21 aprile c’era stata l’esplosione
a Vaiano (Prato) sulle rotaie della linea Bologna- Firenze;
il 28 maggio la bomba in piazza della Loggia a Brescia;
il 30 maggio a Pian del Rascino veniva ucciso in uno scontro
a fuoco con i carabinieri Giancarlo Esposti che secondo
alcune testimonianze stava preparandosi per andare a Roma
per attentare alla vita del Presidente della Repubblica,
che avrebbe dovuto colpire spettacolarmente a fucilate durante
la parata del 2 giugno. Tutta roba dei neofascisti.
Questo
il contesto dell’epoca: il 9 agosto 1975 Alessandra
De Bellis racconta alla Polizia che suo marito Augusto Cauchi,
noto estremista, nel loro breve matrimonio (naufragato dopo
percosse e altro) le aveva confidato la sua attività
nelle organizzazioni di estrema destra. La De Bellis depone
a Cagliari dove si era rifugiata dopo la separazione. Dice
che il marito le aveva parlato di un attentato da mettere
in atto al treno Italicus e che alla fine di luglio del
1974 a casa sua c’era stata una riunione preparatoria.
Allora
Alessandra De Bellis aveva 23 anni e da quel momento –
a lei che diventa “la pecora nera” – la
vita cambia decisamente in peggio, diventando un incubo.
In
Sardegna le rubano i soldi, ha bisogno di aiuto, va in una
sede del Pci e dice di voler raccontare tutto sui fascisti.
La mandano alla Polizia, da quello Stato che la dovrebbe
proteggere e invece le massacra la vita. Entra infatti in
azione la parte deviata dello Stato, la prelevano in Sardegna
e grazie a magistrati e medici compiacenti, nel silenzio
totale della stampa, fanno scempio della sua vita.
Nell’Italia
democristiana che dava lezioni di democrazia ai comunisti
era possibile subire violenze come in Unione Sovietica.
Per Alessandra De Bellis si aprono le porte dell’ospedale
psichiatrico fino a quando, un giorno, dice di non ricordare
più la sua deposizione. Così può tornare
a una vita normale.
Una
vicenda agghiacciante e alla fine ti chiedi: è successo
molti anni fa in un’Italia diversa, ma potrebbe succedere
ancora? La faccenda dell’Italicus è finita
in nulla: a oggi non ci sono colpevoli perché quelli
portati in processo sono stati assolti.
Filippo
Nibbi
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