FOGLIO LAPIS - OTTOBRE- 2022

 

Interpretata come una “rivoluzione copernicana", la riforma dell'istruzione prospettata dal capo dello Stato francese si fonda essenzialmente su una più larga autonomia di ogni singolo istituto. Ma ci sono voci critiche: c’è chi parla di smantellamento dell'educazione pubblica

 

Presentata lo scorso 25 agosto nella solenne cornice della Sorbona, la riforma scolastica prospettata dal presidente Emmanuel Macron fa molto discutere in Francia. Mentre il capo dello stato arriva a parlare di “rivoluzione copernicana", i critici intravvedono nel modello presidenziale il rischio di un graduale smantellamento di quel sistema di educazione pubblica che fin dai tempi di Napoleone è stato per la Francia un tabù intoccabile. La riforma di Macron parte dal riconoscimento dell’essenziale centralità della scuola nel sistema-paese e dalla necessità di colmare alcune lacune: per dirne una, che colpisce particolarmente nella patria di Cartesio e di Evariste Galois, l'insufficienza delle competenze matematiche degli studenti francesi, sistematicamente rilevata negli ultimi anni dalle indagini comparative internazionali.

Nelle parole del presidente la missione della scuola va posta “nel cuore della vita nazionale". Per arrivare a questo è necessario garantire una più larga autonomia agli istituti lasciandoli liberi di definire il loro piano pedagogico. Mentre le grandi linee programmatiche restano di competenza nazionale, la scelta delle modalità per raggiungere i risultati richiesti sarà compito dei singoli istituti, secondo l'arco tradizionale che va dalla scuola primaria fino ai licei. Piena libertà nelle scelte pedagogiche dunque: già a partire da quest'anno scolastico ogni istituto dovrà riunire docenti, genitori e studenti, e assieme a loro elaborare metodi e progetti adeguati.

Questi progetti saranno finanziati dal bilancio pubblico, Macron parla di un fondo per l'innovazione pedagogica di 500 milioni di euro e di un organismo centrale che esaminerà i vari piani per farli conoscere a livello nazionale. Inoltre la riforma prevede un miglioramento della condizione remunerativa degli insegnanti: stipendi aumentati del 10 per cento e l'assicurazione che nessuno, a partire dall'anno scolastico 2023-2024, debutterà in cattedra percependo meno di 2000 euro mensili. Inoltre dovranno essere adeguatamente compensate tutte le attività supplementari, come le supplenze, l’assistenza personalizzata, l'aiuto per l'orientamento o l'inserimento professionale, che attualmente il corpo insegnante svolge a titolo gratuito.

Macron ha ulteriormente illustrato il suo piano, all'inizio del nuovo anno scolastico, con una lettera inviata agli insegnanti. Deve finire, spiega il presidente, il tempo in cui la scuola viveva delle circolari e delle direttive provenienti da Parigi. Invitiamo dunque ogni istituto a preparare un progetto pedagogico: proprio questo sarà il cantiere della rifondazione scolastica francese. In una “tribuna" del quotidiano Le Monde Yannick Trigance, che dirige il reparto Educazione nazionale del Partito socialista, critica il progetto presidenziale e ne prende le distanze. Trigance sostiene che una maggiore autonomia degli istituti scolastici non contribuirebbe affatto alla lotta contro le ineguaglianze ma rischierebbe di esacerbare la competizione fra gli alunni, fra le scuole e fra gli organici docenti. Quello che occorre, secondo l'esponente socialista, non è l'elaborazione di modelli ultra-liberisti, ma l'adozione di misure che incidano sulle condizioni economiche e sociali delle famiglie. I sostenitori del progetto Macron controbattono che proprio questo è lo spirito dell'iniziativa, sostenendo che che ogni serio intervento sul sociale non può che partire dalla scuola.

 

                                                                  Alfredo Venturi  

 

 


                                                  

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