Interpretata
come una “rivoluzione copernicana", la riforma
dell'istruzione prospettata dal capo dello Stato francese
si fonda essenzialmente su una più larga autonomia
di ogni singolo istituto. Ma ci sono voci critiche: c’è
chi parla di smantellamento dell'educazione pubblica
Presentata
lo scorso 25 agosto nella solenne cornice della Sorbona,
la riforma scolastica prospettata dal presidente Emmanuel
Macron fa molto discutere in Francia. Mentre il capo dello
stato arriva a parlare di “rivoluzione copernicana",
i critici intravvedono nel modello presidenziale il rischio
di un graduale smantellamento di quel sistema di educazione
pubblica che fin dai tempi di Napoleone è stato per
la Francia un tabù intoccabile. La riforma di Macron
parte dal riconoscimento dell’essenziale centralità
della scuola nel sistema-paese e dalla necessità
di colmare alcune lacune: per dirne una, che colpisce particolarmente
nella patria di Cartesio e di Evariste Galois, l'insufficienza
delle competenze matematiche degli studenti francesi, sistematicamente
rilevata negli ultimi anni dalle indagini comparative internazionali.
Nelle
parole del presidente la missione della scuola va posta
“nel cuore della vita nazionale". Per arrivare
a questo è necessario garantire una più larga
autonomia agli istituti lasciandoli liberi di definire il
loro piano pedagogico. Mentre le grandi linee programmatiche
restano di competenza nazionale, la scelta delle modalità
per raggiungere i risultati richiesti sarà compito
dei singoli istituti, secondo l'arco tradizionale che va
dalla scuola primaria fino ai licei. Piena libertà
nelle scelte pedagogiche dunque: già a partire da
quest'anno scolastico ogni istituto dovrà riunire
docenti, genitori e studenti, e assieme a loro elaborare
metodi e progetti adeguati.
Questi
progetti saranno finanziati dal bilancio pubblico, Macron
parla di un fondo per l'innovazione pedagogica di 500 milioni
di euro e di un organismo centrale che esaminerà
i vari piani per farli conoscere a livello nazionale. Inoltre
la riforma prevede un miglioramento della condizione remunerativa
degli insegnanti: stipendi aumentati del 10 per cento e
l'assicurazione che nessuno, a partire dall'anno scolastico
2023-2024, debutterà in cattedra percependo meno
di 2000 euro mensili. Inoltre dovranno essere adeguatamente
compensate tutte le attività supplementari, come
le supplenze, l’assistenza personalizzata, l'aiuto
per l'orientamento o l'inserimento professionale, che attualmente
il corpo insegnante svolge a titolo gratuito.
Macron
ha ulteriormente illustrato il suo piano, all'inizio del
nuovo anno scolastico, con una lettera inviata agli insegnanti.
Deve finire, spiega il presidente, il tempo in cui la scuola
viveva delle circolari e delle direttive provenienti da
Parigi. Invitiamo dunque ogni istituto a preparare un progetto
pedagogico: proprio questo sarà il cantiere della
rifondazione scolastica francese. In una “tribuna"
del quotidiano Le Monde Yannick Trigance, che dirige il
reparto Educazione nazionale del Partito socialista, critica
il progetto presidenziale e ne prende le distanze. Trigance
sostiene che una maggiore autonomia degli istituti scolastici
non contribuirebbe affatto alla lotta contro le ineguaglianze
ma rischierebbe di esacerbare la competizione fra gli alunni,
fra le scuole e fra gli organici docenti. Quello che occorre,
secondo l'esponente socialista, non è l'elaborazione
di modelli ultra-liberisti, ma l'adozione di misure che
incidano sulle condizioni economiche e sociali delle famiglie.
I sostenitori del progetto Macron controbattono che proprio
questo è lo spirito dell'iniziativa, sostenendo che
che ogni serio intervento sul sociale non può che
partire dalla scuola.
Alfredo Venturi
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