Il
movimento internazionale Fridays for future, seguito alla
solitaria protesta della ragazzina svedese, ha coinvolto
milioni di giovani in tutti i continenti – Chiedono
ai governanti di scuotersi dal torpore con cui hanno gestito
fin qui la grande crisi del deterioramento climatico,
a volte addirittura ignorandola – Li accusano di
avere rubato i loro sogni, il loro futuro
Era
un giorno d'agosto di un anno fa quando Greta Thunberg,
una ragazzina svedese di quindici anni, decise di non andare
a scuola, di prendere posizione davanti al parlamento di
Stoccolma, e proprio qui avviare la sua protesta. Certo
non poteva immaginare che quella protesta era destinata
destinata a sviluppi clamorosi. Portava un cartello che
spiegava il motivo della sua azione: sciopero scolastico
per il clima. Per chi la interpellava sviluppava il concetto
con poche semplici parole: il surriscaldamento della terra
prosegue a ritmi incalzanti, il pianeta è sempre
più malato, le prospettive sono catastrofiche, e
i politici parlano di tutt'altro. Tocca dunque a noi giovani
stimolarli perché cambino radicalmente il loro approccio
al problema e ci restituiscano quel futuro che ci stanno
rubando, perché appartiene a noi, alle generazioni
di domani. Greta conquistò rapidamente le prime pagine,
ogni venerdì la si poteva vedere, sulla soglia del
parlamento, spiegare pazientemente la sua posizione a chiunque
la interpellasse.
Un
anno dopo la solitaria manifestazione di Stoccolma milioni
di giovani in tutto il mondo hanno riempito le piazze e
la rete con il loro grido di protesta. Diventata qualcosa
di simile a una star internazionale, Greta ha portato il
suo messaggio in molte capitali e nel parlamento europeo,
è intervenuta al Forum economico di Davos, è
stata ricevuta da Angela Merkel e Barak Obama. Il mese scorso
ha parlato alle Nazioni Unite dopo essere arrivata a New
York in barca a vela, sospinta cioè dal vento, la
più classica delle energie rinnovabili. Affrontando
i rappresentanti dei governi riuniti nel Palazzo di vetro,
con una grinta per nulla scalfita dal viso rigato di lacrime
(“Come osate?). li ha apostrofati come ladri di sogni
e di futuro, li ha invitati a darsi finalmente una mossa
per affrontare l'emergenza climatica, li ha accusati di
occuparsi di tante cose ma di trascurare questo tema vitale
per la sopravvivenza del pianeta e dell'umanità.
Intanto
in migliaia di città sparse nel mondo andava in scena
un'incredibile manifestazione collettiva denominata Fridays
for future. I giovani scendevano nelle strade inalberando
nei loro cortei gli slogan resi universali dalla piccola
Greta. Questa massiccia mobilitazione ha indotto alcuni
politici in diversi paesi a proporre l'abbassamento fino
ai sedici anni del limite per la partecipazione alle elezioni
amministrative e politiche. Sedici anni, proprio l'età
di Greta: perché la sua causa, che è la causa
dei giovani e non soltanto la loro, ne fa dei cittadini
consapevoli, capaci di motivare le loro posizioni e dunque
di incidere sulle scelte politiche. Attualmente sono pochissimi
gli stati che, come l'Austria per esempio, fanno votare
i sedicenni, ma le moltitudini che seguono la combattiva
ambientalista svedese sanno che questo numero è destinato
a salire e che dunque la politica ne uscirà ringiovanita
e più tonica.
Come
sempre accade in questo mostro mondo conflittuale, Greta
suscita non soltanto convinti entusiasmi ma anche forti
critiche, addirittura ostilità e rancore. Qualcuno
sostiene che la ragazzina, affetta dalla sindrome di Asperger,
proprio per questo non va presa sul serio. Una parte dell'opinione
pubblica non vede di buon occhio l'irruzione dei giovanissimi
nella politica, per di più molti di loro sono convinti
che l'allarme climatico sia esagerato, e che soprattutto
si esageri nel sottolineare il ruolo dell'intervento umano,
attraverso l'industrializzazione e i consumi, nel deterioramento
del clima che discenderebbe invece esclusivamente o quasi
da cause naturali. A volte la critica è impietosa
e crudele, per esempio in Italia hanno bollato i ragazzi
che manifestano per il clima con un nomignolo non proprio
affettuoso: gretini. Per non parlare dell'odio sparso a
piene mani nella rete, fenomeno ormai rituale quello degli
haters, che questa occasione ha riproposto in tutto il suo
esasperato livore.
I
giovani manifestanti vengono accusati di portare avanti
le loro convinzioni senza basi scientifiche, di non sapere
nulla di scienza. Rispondono che non occorre essere scienziati
per notare i cicloni sempre più devastanti, i ghiacciai
che si sciolgono, il livello degli oceani che aumenta, le
acque marine sempre meno ospitali per ogni forma di vita.
Per notare come questi fenomeni siano in fase ascendente,
e dunque proiettino sul loro futuro l'ombra nera del punto
di non ritorno, della catastrofe irreversibile. Qualcuno
sostiene che il fenomeno Greta non è che un'operazione
mediatica abilmente organizzata a tavolino. L'impressione
che la sedicenne svedese offre di sé non sembra certo
in linea con un simile scenario, e del resto anche se questa
ipotesi fosse verificata non ne verrebbe alterata la sostanza
del problema. Il problema esiste, cresce negli anni e dunque
non può che suscitare nei giovani e nei giovanissimi
una reazione simile a quella che l'ambientalista svedese
ha saputo clamorosamente innescare.
a.
v.
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