FOGLIO LAPIS - OTTOBRE- 2019

 

Il movimento internazionale Fridays for future, seguito alla solitaria protesta della ragazzina svedese, ha coinvolto milioni di giovani in tutti i continenti – Chiedono ai governanti di scuotersi dal torpore con cui hanno gestito fin qui la grande crisi del deterioramento climatico, a volte addirittura ignorandola – Li accusano di avere rubato i loro sogni, il loro futuro

 

Era un giorno d'agosto di un anno fa quando Greta Thunberg, una ragazzina svedese di quindici anni, decise di non andare a scuola, di prendere posizione davanti al parlamento di Stoccolma, e proprio qui avviare la sua protesta. Certo non poteva immaginare che quella protesta era destinata destinata a sviluppi clamorosi. Portava un cartello che spiegava il motivo della sua azione: sciopero scolastico per il clima. Per chi la interpellava sviluppava il concetto con poche semplici parole: il surriscaldamento della terra prosegue a ritmi incalzanti, il pianeta è sempre più malato, le prospettive sono catastrofiche, e i politici parlano di tutt'altro. Tocca dunque a noi giovani stimolarli perché cambino radicalmente il loro approccio al problema e ci restituiscano quel futuro che ci stanno rubando, perché appartiene a noi, alle generazioni di domani. Greta conquistò rapidamente le prime pagine, ogni venerdì la si poteva vedere, sulla soglia del parlamento, spiegare pazientemente la sua posizione a chiunque la interpellasse.

Un anno dopo la solitaria manifestazione di Stoccolma milioni di giovani in tutto il mondo hanno riempito le piazze e la rete con il loro grido di protesta. Diventata qualcosa di simile a una star internazionale, Greta ha portato il suo messaggio in molte capitali e nel parlamento europeo, è intervenuta al Forum economico di Davos, è stata ricevuta da Angela Merkel e Barak Obama. Il mese scorso ha parlato alle Nazioni Unite dopo essere arrivata a New York in barca a vela, sospinta cioè dal vento, la più classica delle energie rinnovabili. Affrontando i rappresentanti dei governi riuniti nel Palazzo di vetro, con una grinta per nulla scalfita dal viso rigato di lacrime (“Come osate?). li ha apostrofati come ladri di sogni e di futuro, li ha invitati a darsi finalmente una mossa per affrontare l'emergenza climatica, li ha accusati di occuparsi di tante cose ma di trascurare questo tema vitale per la sopravvivenza del pianeta e dell'umanità.

Intanto in migliaia di città sparse nel mondo andava in scena un'incredibile manifestazione collettiva denominata Fridays for future. I giovani scendevano nelle strade inalberando nei loro cortei gli slogan resi universali dalla piccola Greta. Questa massiccia mobilitazione ha indotto alcuni politici in diversi paesi a proporre l'abbassamento fino ai sedici anni del limite per la partecipazione alle elezioni amministrative e politiche. Sedici anni, proprio l'età di Greta: perché la sua causa, che è la causa dei giovani e non soltanto la loro, ne fa dei cittadini consapevoli, capaci di motivare le loro posizioni e dunque di incidere sulle scelte politiche. Attualmente sono pochissimi gli stati che, come l'Austria per esempio, fanno votare i sedicenni, ma le moltitudini che seguono la combattiva ambientalista svedese sanno che questo numero è destinato a salire e che dunque la politica ne uscirà ringiovanita e più tonica.

Come sempre accade in questo mostro mondo conflittuale, Greta suscita non soltanto convinti entusiasmi ma anche forti critiche, addirittura ostilità e rancore. Qualcuno sostiene che la ragazzina, affetta dalla sindrome di Asperger, proprio per questo non va presa sul serio. Una parte dell'opinione pubblica non vede di buon occhio l'irruzione dei giovanissimi nella politica, per di più molti di loro sono convinti che l'allarme climatico sia esagerato, e che soprattutto si esageri nel sottolineare il ruolo dell'intervento umano, attraverso l'industrializzazione e i consumi, nel deterioramento del clima che discenderebbe invece esclusivamente o quasi da cause naturali. A volte la critica è impietosa e crudele, per esempio in Italia hanno bollato i ragazzi che manifestano per il clima con un nomignolo non proprio affettuoso: gretini. Per non parlare dell'odio sparso a piene mani nella rete, fenomeno ormai rituale quello degli haters, che questa occasione ha riproposto in tutto il suo esasperato livore.

I giovani manifestanti vengono accusati di portare avanti le loro convinzioni senza basi scientifiche, di non sapere nulla di scienza. Rispondono che non occorre essere scienziati per notare i cicloni sempre più devastanti, i ghiacciai che si sciolgono, il livello degli oceani che aumenta, le acque marine sempre meno ospitali per ogni forma di vita. Per notare come questi fenomeni siano in fase ascendente, e dunque proiettino sul loro futuro l'ombra nera del punto di non ritorno, della catastrofe irreversibile. Qualcuno sostiene che il fenomeno Greta non è che un'operazione mediatica abilmente organizzata a tavolino. L'impressione che la sedicenne svedese offre di sé non sembra certo in linea con un simile scenario, e del resto anche se questa ipotesi fosse verificata non ne verrebbe alterata la sostanza del problema. Il problema esiste, cresce negli anni e dunque non può che suscitare nei giovani e nei giovanissimi una reazione simile a quella che l'ambientalista svedese ha saputo clamorosamente innescare.

 

 

 

 

                                                                 a. v.  

 

 


                                                  

Clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter!

 

Torna al Foglio Lapis

 

Mandaci un' E-mail!