In
Italia il tasso di natalità è da anni in continuo calo
– Nel 2015 raggiunto il minimo storico: otto nascite
ogni mille abitanti – Nel confronto internazionale, fra
i Paesi maggiori soltanto in Giappone si registra un dato
inferiore – Nascite in calo nell'intera Europa, mentre
in Africa una demografia galoppante ha triplicato in mezzo
secolo la popolazione complessiva – Ripercussioni sulla
scuola e sul fenomeno migratorio
Nel
nostro Paese nascono ogni anno otto bambini ogni mille
abitanti: con questo dato registrato nel 2015 è stato
raggiunto il minimo storico nel secolo e mezzo di storia
demografica dell'Italia unita. Tanto per offrire un termine
di paragone: in alcuni Paesi africani il tasso di natalità
è attorno al cinquanta per mille, oltre sei volte il dato
italiano. Se si considera che il nostro andamento
demografico è più o meno simile a quello della maggior
parte dei Paesi europei (dove la sola Irlanda registra un
tasso decisamente superiore, oltre il 15 per mille), e che
l'intero continente africano è caratterizzato da una
natalità galoppante, si vede con chiarezza una delle cause
principali dei flussi crescenti di migranti che cercano con
ogni mezzo di passare dall'Africa all'Europa. É come un
sistema di vasi comunicanti: da una parte una popolazione in
vertiginosa crescita (gli africani erano trecento milioni
mezzo secolo fa, ora hanno largamente superato il miliardo)
in condizioni medie economicamente precarie, dall'altra
Paesi relativamente prosperi con demografia declinante.
Fatto
sta che il dato demografico italiano lascia intravvedere in
prospettiva, se non sarà corretto, un progressivo calo
della popolazione, un calo che sarà necessariamente
compensato dall'apporto dei migranti. Il governo di Roma
cerca di affrontare questa ennesima emergenza ma la sua
recente campagna, culminata in una giornata d'informazione e
formazione sulla fertilità umana (fertility day,
come è stata battezzata con il solito provinciale ricorso
all'inglese), ha suscitato non poche polemiche. Non soltanto
per la caduta di gusto di alcuni manifesti, in cui alla
faccia del “politicamente corretto” si contrapponevano
felici famigliole dai connotati europei e gruppi etnicamente
diversi dediti alla droga, ma anche per la strategia
comunicativa nel suo insieme. Ha infatti poco senso, questa
la critica prevalente, invitare gli italiani a fare più
figli, quando invece si tratta di rimuovere le cause che li
dissuadono dal prendersi una simile responsabilità. Cioè
le incertezze dell'economia e del lavoro, la mancanza di
interventi specifici per chi mette al mondo dei bambini,la
carenza di strutture di accoglienza per i neonati, e così
via.
Il
decremento demografico ha ovvie ripercussioni sul sistema
educativo. Negli ultimi vent'anni il numero di alunni del
primo ciclo è calato di oltre il tre per cento. Questo il
dato nazionale, che però è la risultante di tendenze
geograficamente molto differenziate. Il calo è infatti
molto marcato nelle regioni meridionali, dove supera il
venti per cento, mentre al centro e soprattutto al nord si
registra al contrario un incremento, che nelle regioni
nordoccidentali raggiunge addirittura il 18 per cento. Al di
là delle cause strettamente economiche, questa differenza
è dovuta anche al fatto che le comunità straniere, più
folte al centro-nord, hanno tassi di natalità più alti,
influendo decisamente sulle frequentazioni scolastiche.
Campagne
d'incoraggiamento alla procreazione si svolgono in molti
Paesi, ma sono generalmente accompagnate da concrete misure
di carattere fiscale e assistenziale che rendono tutto più
facile. É il caso della Francia, per esempio, dove una
tendenza alla denatalità simile alla nostra è stata
corretta con provvedimenti politici, tanto che la
popolazione non solo si è assicurata il necessario ricambio
ma ha ripreso a crescere. Storicamente i regimi autoritari
sono stati in prima fila nelle politiche demografiche. Come
il fascismo in Italia, che all'insegna del motto “se le
culle sono vuote la nazione invecchia e decade” promosse
attraverso benefici fiscali e istituzioni come l'Opera
nazionale maternità e infanzia una strategia che portò a
un deciso incremento delle nascite. Per tacere della famosa
tassa sul celibato, che agiva a monte del fenomeno
riproduttivo, colpendo pesantemente chiunque non se la
sentisse di metter su famiglia.
Certo complica le cose anche questo precedente, che
porta con sé la tendenza a identificare con l'autoritarismo
qualsiasi campagna per la natalità. Esattamente come il
concetto di patria, che dall'uso che ne fece il regime
fascista fu screditato al punto di finire avvolto in una
sorta di verecondo pudore, anche l'invito a riempire le
culle è come condizionato da questo marchio. Sarebbe ora di
superare simili pregiudizi, e operare concretamente per
determinare un contesto favorevole ad assicurare al futuro
un solido sviluppo demografico che non dipenda soltanto
dall'apporto degli stranieri.
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f. s.
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