Disturbi
psichici di varia natura sono frequentissimi nelle
popolazioni carcerarie di molti Paesi – Due modalità
per la terapia psicologica e psichiatrica in questo
contesto ambientale – L'importanza della musicoterapia,
che per esempio permette di tenere sotto controllo gli
impulsi attraverso l'improvvisazione – E addirittura
apre la strada alla possibilità di elaborare
psicologicamente il reato per il quale si sta scontando la
detenzione
Secondo le statistiche, il 56% dei
carcerati statunitensi presenta sintomi di disturbo mentale
o è già stato trattato per disturbi psichici in passato.
Manie, depressioni e sintomi psicotici sarebbero i disturbi
più diffusi. In Cina tra il 49% e il 71% dei carcerati
uomini è affetto da un disturbo della personalità, mentre
in Norvegia è il 48% dei detenuti ad aver ricevuto nella
propria vita almeno un trattamento per il ripristino della
sanità mentale (il 95% come conseguenza di una
tossicodipendenza). Sono molti quelli che soffrono di
paranoia, tendenza al suicidio e all’isolamento.
Sono
pochi i criminali che finiscono nei reparti di psichiatria
forense, gli altri, nelle carceri normali, hanno disturbi
mentali che rimangono non diagnosticati o che non presentano
sintomi sufficienti per essere classificati come malattie.
Siamo comunque davanti a disturbi che hanno bisogno di
considerazione e trattamento.
Ci
sono due correnti principali circa l’obiettivo della
terapia psicologica o psichiatrica in contesto forense. La
prima, sviluppata da Andrews e Bonta nel 1990, è quella del
modello “RNR”, che ha come scopo principale la riduzione
del rischio di recidività dell’atto criminale. I fattori
di rischio principali, che la terapia dovrebbe occuparsi di
ridurre, sono l’atteggiamento antisociale, la
tossicodipendenza e i problemi nel controllo degli impulsi.
La seconda corrente, la “GLM” (Good Lives Model),
sviluppata da Ward nel 2002, vede come obiettivo della
terapia con i criminali il ripristino della loro salute e
stabilità mentale e del loro benessere generale, cosa che
non può che influire positivamente anche sul comportamento
sociale e quindi ridurre il rischio di recidiva.
In
questa ottica risultano rilevanti i risultati delle analisi
di Cohen (1987), Thaut (1989) e Moss (2004), che elencano
tra i risultati della musicoterapia con i carcerati elementi
quali lo sviluppo della capacità decisionale e di
autodeterminazione, il miglioramento dell’autocontrollo,
della capacità di rilassarsi autonomamente e del
classificare e portare ad espressione le proprie sensazioni.
Abbiamo già menzionato come i detenuti con disturbi
psichici presentino spesso problemi di controllo e gestione
degli impulsi e l’utilità della musicoterapia in questo
contesto è indiscussa. L’improvvisazione musicale, per
esempio, non è altro che la gestione e materializzazione
fisica degli impulsi.
Un
altro problema diffuso, specie dopo un lungo soggiorno in
una struttura carceraria, è quello delle percezioni
olfattive, tattili, gustative e uditive. Il fatto di essere
sottoposti a relativamente pochi stimoli sensibili, o se non
altro a stimoli piuttosto monotoni, comporta lo sviluppo di
disturbi percettivi veri e propri, che a loro volta
rischiano di incoraggiare nel detenuto uno stato di
alienazione che potrebbe creargli grossi disagi una volta
uscito di prigione. Dickinson, Miller e Adams (2013)
descrivono quanto la musicoterapia sia utile nel
ripristinare un collegamento cosciente tra i pensieri, le
emozioni e le sensazioni fisiche.
La
carenza di empatia porta all’aggressività, questo un
principio riconosciuto dalla comunità scientifica che si
occupa di psicologia forense. Come ci raccontano alcune
delle carcerate stesse che hanno partecipato ad un progetto
di musicoterapia nel carcere americano “Edna Mahan”, nel
New Jersey, l’attività musicale (in questo caso di
gruppo) è stata in grado di far sì che uscissero
dall’isolamento e che iniziassero a comunicare tra loro,
ad esprimere e a vivere i propri sentimenti e a dare loro
una forma. Risultati di questo tipo chiaramente aprono la
strada per affrontare l’elaborazione psicologica del reato
effettuato, altro grande obiettivo della terapia forense.
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Laura Venturi
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