FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2016

 
 

L'editore Einaudi ripropone, a trentacinque anni dalla prima edizione, gli Esercizi di fantasia - Una verifica sul piano pratico dell'elaborazione concettuale che Gianni Rodari aveva affidato alla sua celebre Grammatica della fantasia – In una scuola di Arezzo, un giorno del marzo 1979, Rodari sperimentò la sua visione con un gruppo di ragazzi di quinta elementare e di prima media – E furono scintille di verità fantastica

 

Adesso che abbiamo un po' di parole in comune, prendiamone due, e vediamo se inventiamo una storia... Chi sceglie due parole?

Ragazza: «Volpe».

Ragazzo: «Lampada».

Rodari: Abbiamo due parole, una scelta da una bambina e una scelta da un ragazzo. Adesso sposiamo queste due parole e vediamo che figli nascono... Nascerà qualche cosa, vero?

Ragazzo: Delle volpi luminose.

Rodari: É già un'idea. Comincia da principio.

Ragazzo: Un giorno, una volpe...”

É il 23 marzo 1979. In una scuola di Arezzo Gianni Rodari ha di fronte un'attenta platea: ragazzi di quinta elementare e di prima media. Il celebre poeta e favolista, il teorico che sei anni prima ha dato alle stampe la sua provocatoria Grammatica della fantasia, sta mettendo alla prova l'immaginazione di quei ragazzi e al tempo stesso il suo impianto teorico. Vuole verificare e sperimentare quella capacità di pensare fantastico che considera non già un evanescente contorno della razionalità, ma una componente essenziale del  nostro modo di vedere e capire il mondo e la vita. Quel giorno d'inizio primavera Rodari non insegnò l'arte di raccontare storie, trasmise piuttosto la consapevolezza che quella facoltà ci è innata, che le volpi luminose sonnecchiano dentro di noi, soprattutto dentro le menti fertili e aperte dei giovanissimi. Diede così la stura a un geyser d'immaginazione, al tempo stesso dimostrando la giustezza dell'intuizione su cui aveva fondato la Grammatica: la fantasia è talmente concreta da aver bisogno di regole!

Da quella indimenticabile esperienza uscì due anni più tardi un libro, Esercizi di fantasia, pubblicato dagli Editori Riuniti, che a cura di Filippo Nibbi conteneva la fedele trascrizione di quel dialogo a più voci. Uscì postumo, Rodari era morto appena sessantenne giusto un anno dopo la giornata aretina. Oggi l'editore Einaudi ripropone il testo che ancora oggi si legge d'un fiato. La ristampa è sempre curata da Nibbi, con una prefazione di Mario Di Rienzo. Gli esercizi dunque, dopo la grammatica, come è buona norma per qualsiasi trattato, per qualsiasi disciplina. Certo questo è un libro singolare. Da un lato documenta la straordinaria abilità di Rodari, la sua capacità di far venire alla luce la carica d'immaginazione che si nasconde dentro di noi, in particolare dentro le menti infantili, una carica troppo spesso repressa dai vincoli della “ragion pratica”. Al tempo stesso esalta, attraverso il libero uso delle parole, una sorta di primato dell'intuizione come ritorno dell'intelligenza all'istinto. “Lo scrittore lasciò i ragazzi e promise di tornare”, annota Nibbi nell'introduzione. Promessa brutalmente disattesa dalla morte. Ma rimase un'intensa memoria, quella memoria alla quale, parole di Rodari, “bisogna dare lo stimolo giusto”. Nibbi i nostri lettori lo conoscono bene, la sua Fantastica che da sempre arricchisce questo periodico è per così dire il distillato di quella memoria. Contiene fra l'altro la stessa sconfinata dose di libertà.

L'interazione fra il maestro e gli alunni è infatti assolutamente libera, così come sono liberi i regni della fantasia e della fantastica. Regole sì, ma al di fuori di ogni contesto coercitivo. Basta un invito e l'immaginazione scorre, gli esercizi sgorgano spontanei. Si direbbe che tutto ruoti attorno all'equazione fantasia uguale libertà. Le parole ci appartengono, dunque possiamo farne l'uso che preferiamo. Al soggetto non si dice quel che “deve” fare: sarà sempre lui a scatenare il libero corso dei suoi pensieri e decidere se e che cosa fare, dire, scrivere. Ecco un esempio: albero e ragazza. Rodari offre queste due parole ai suoi interlocutori, li invita a considerarle un tema su cui scrivere “un'idea”. “Chi non gli viene in mente l'idea, non scriva niente; però più scrivete, più materiale avremo. Se vi viene in mente un'idea balorda, stupida... mettete anche la più stupida, scrivetela...” I ragazzi accettano la sfida e si chinano sui fogli bianchi: ne vengono fuori ventotto storie, un inaspettato raccolto di creatività disseminato nello spazio infinito della fantasia.

                                                          Alfredo Venturi 
                                         

    


                                                  

 
 

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