L'editore
Einaudi ripropone, a trentacinque anni dalla prima
edizione, gli Esercizi di fantasia - Una verifica
sul piano pratico dell'elaborazione concettuale che Gianni
Rodari aveva affidato alla sua celebre Grammatica della
fantasia – In una scuola di Arezzo, un giorno del
marzo 1979, Rodari sperimentò la sua visione con un
gruppo di ragazzi di quinta elementare e di prima media
– E furono scintille di verità fantastica
“Adesso
che abbiamo un po' di parole in comune, prendiamone due, e
vediamo se inventiamo una storia... Chi sceglie due parole?
Ragazza:
«Volpe».
Ragazzo:
«Lampada».
Rodari:
Abbiamo due parole, una scelta da una bambina e una scelta
da un ragazzo. Adesso sposiamo queste due parole e vediamo
che figli nascono... Nascerà qualche cosa, vero?
Ragazzo:
Delle volpi luminose.
Rodari:
É già un'idea. Comincia da principio.
Ragazzo:
Un giorno, una volpe...”
É
il 23 marzo 1979. In una scuola di Arezzo Gianni Rodari ha
di fronte un'attenta platea: ragazzi di quinta elementare e
di prima media. Il celebre poeta e favolista, il teorico che
sei anni prima ha dato alle stampe la sua provocatoria Grammatica
della fantasia, sta mettendo alla prova l'immaginazione
di quei ragazzi e al tempo stesso il suo impianto teorico.
Vuole verificare e sperimentare quella capacità di pensare
fantastico che considera non già un evanescente contorno
della razionalità, ma una componente essenziale del
nostro modo di vedere e capire il mondo e la vita.
Quel giorno d'inizio primavera Rodari non insegnò l'arte di
raccontare storie, trasmise piuttosto la consapevolezza che
quella facoltà ci è innata, che le volpi luminose
sonnecchiano dentro di noi, soprattutto dentro le menti
fertili e aperte dei giovanissimi. Diede così la stura a un
geyser d'immaginazione, al tempo stesso dimostrando la
giustezza dell'intuizione su cui aveva fondato la Grammatica:
la fantasia è talmente concreta da aver bisogno di regole!
Da
quella indimenticabile esperienza uscì due anni più tardi
un libro, Esercizi di fantasia, pubblicato dagli
Editori Riuniti, che a cura di Filippo Nibbi conteneva la
fedele trascrizione di quel dialogo a più voci. Uscì
postumo, Rodari era morto appena sessantenne giusto un anno
dopo la giornata aretina. Oggi l'editore Einaudi ripropone
il testo che ancora oggi si legge d'un fiato. La ristampa è
sempre curata da Nibbi, con una prefazione di Mario Di
Rienzo. Gli esercizi dunque, dopo la grammatica,
come è buona norma per qualsiasi trattato, per qualsiasi
disciplina. Certo questo è un libro singolare. Da un lato
documenta la straordinaria abilità di Rodari, la sua
capacità di far venire alla luce la carica d'immaginazione
che si nasconde dentro di noi, in particolare dentro le
menti infantili, una carica troppo spesso repressa dai
vincoli della “ragion pratica”. Al tempo stesso esalta,
attraverso il libero uso delle parole, una sorta di primato
dell'intuizione come ritorno dell'intelligenza all'istinto.
“Lo scrittore lasciò i ragazzi e promise di tornare”,
annota Nibbi nell'introduzione. Promessa brutalmente
disattesa dalla morte. Ma rimase un'intensa memoria, quella
memoria alla quale, parole di Rodari, “bisogna dare lo
stimolo giusto”. Nibbi i nostri lettori lo conoscono bene,
la sua Fantastica che da sempre arricchisce questo
periodico è per così dire il distillato di quella memoria.
Contiene fra l'altro la stessa sconfinata dose di libertà.
L'interazione fra il maestro e gli alunni è infatti
assolutamente libera, così come sono liberi i regni della
fantasia e della fantastica. Regole sì, ma al di fuori di
ogni contesto coercitivo. Basta un invito e l'immaginazione
scorre, gli esercizi sgorgano spontanei. Si direbbe che
tutto ruoti attorno all'equazione fantasia uguale libertà.
Le parole ci appartengono, dunque possiamo farne l'uso che
preferiamo. Al soggetto non si dice quel che “deve”
fare: sarà sempre lui a scatenare il libero corso dei suoi
pensieri e decidere se e che cosa fare, dire, scrivere. Ecco
un esempio: albero e ragazza. Rodari offre queste due parole
ai suoi interlocutori, li invita a considerarle un tema su
cui scrivere “un'idea”. “Chi non gli viene in mente
l'idea, non scriva niente; però più scrivete, più
materiale avremo. Se vi viene in mente un'idea balorda,
stupida... mettete anche la più stupida, scrivetela...” I
ragazzi accettano la sfida e si chinano sui fogli bianchi:
ne vengono fuori ventotto storie, un inaspettato raccolto di
creatività disseminato nello spazio infinito della
fantasia.
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Alfredo Venturi
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