FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2015

 
 

Soltanto quest'anno più di 150mila nuovi bambini stranieri bussano alle porte dell'istruzione pubblica – Le strutture sono insufficienti, per esempio non ci sono abbastanza corsi preliminari di tedesco – La scuola non è attrezzata per far fronte ai problemi specifici dei nuovi alunni, molti dei quali sono portatori di ricordi traumatici – Qualche politico propone una soluzione assai controversa: niente obbligo scolastico per i figli degli immigrati

 

Tra gli immigrati che ogni giorno affollano gli arrivi delle stazioni tedesche sono moltissimi i bambini in età scolare. Il Presidente della Deutscher Lehrverband (l'associazione tedesca degli insegnanti) Josef Kraus stima che soltanto quest'anno siano tra i 150.000 e i 200.000 i bambini da inserire nei programmi educativi locali. Ogni stato federale rispetta un proprio regolamento circa il tempo che deve trascorrere prima che un bimbo possa andare a scuola, l'ordine di grandezza è quello dei tre/sei mesi di residenza in Germania.

Il programma di integrazione prevede l'inserimento in corsi preparatori organizzati dalle scuole, dove per circa un anno e mezzo (variabile in base alla velocità di apprendimento dei singoli) viene insegnata la lingua tedesca in modo da permettere poi il passaggio alle classi ordinarie. Purtroppo la capacità di questi corsi è limitata e succede che molti siano costretti a seguire da subito le lezioni “normali”, pur non capendo una parola di tedesco e, spesso, non sapendo leggere né scrivere neanche nella lingua madre. Si cerca in questi casi di integrare l'offerta formativa con qualche lezione pomeridiana di sostegno, che certo non è sufficiente per colmare le lacune.

Ma le lacune rappresentano soltanto un aspetto quasi secondario dei problemi che la scuola si trova a fronteggiare perché l'inserimento possa riuscire. Le maggiori difficoltà sono sul piano emotivo e psicologico: i bambini che arrivano hanno la mente affollata di ricordi traumatici e un forte senso di estraneità e di paura, oltre al peso psicologico del trovarsi in un contesto linguistico completamente nuovo; tutte condizioni che certo non incoraggiano lo studio. Mancano le strutture e le figure professionali in grado di gestire questi aspetti e le scuole denunciano la carenza nel personale di psicologi, educatori e insegnanti di tedesco: l'assorbimento di una così imponente quantità di scolari non era previsto.

Per adesso la politica generale della scuola tedesca è basata sul principio dell'accoglienza e il messaggio che si cerca di trasmettere è quello della gratitudine per l'arricchimento culturale e umano offerto dalla presenza dei nuovi compagni. Altra faccenda delicata è però quella della ricezione di questa situazione da parte dei familiari dei ragazzi tedeschi, la cui pazienza potrebbe finire nel caso in cui le scuole tardassero ancora a trovare le risorse per costruire programmi di inserimento efficaci. Si potrebbe in questo caso temere un impoverimento dell'offerta formativa scolastica, con tutto ciò che ne consegue. Alcuni politici hanno già avanzato la proposta di togliere l'obbligo scolastico per i figli degli immigrati, scelta, questa, che avrebbe dei risvolti catastrofici.

Ad ogni modo parte delle risorse presenti viene sprecata, denuncia Kraus, a causa della lentezza delle autorità nel determinare la possibilità o meno di ottenere il permesso di soggiorno. La scuola dovrebbe concentrarsi esclusivamente su quei bambini che abbiano possibilità effettive di ottenere un visto, aggiunge il presidente dell'associazione nazionale degli insegnanti. La disorganizzazione è anche alla base delle lamentele di molti maestri, che di fronte a questa emergenza si trovano impreparati, non qualificati e non supportati dalle autorità scolastiche.

                                                  Laura Venturi 
                                         

    


                                                  

 
 

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