FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2011

 
 

Ci sono centomila bambini, secondo una stima approssimativa, che invece di andare a scuola sono impegnati in un lavoro faticosissimo e pericoloso nelle piantagioni di cacao in Ghana, Costa d'Avorio e altri paesi produttori – La denuncia dieci anni dopo il varo di un protocollo che si era proposto di eliminare questa gravissima violazione dei diritti della persona – La sconcertante analogia con un'iniquità denunciata da Voltaire due secoli e mezzo or sono

 

 

É a questo prezzo che voialtri in Europa mangiate lo zucchero”. Così nel Candide di Voltaire lo schiavo che fu venduto da sua madre ai negrieri per dieci scudi e ora lavora nelle piantagioni di canna in Guyana. Al protagonista del celebre racconto filosofico e al suo valletto, che lo hanno trovato a terra, privo di una mano e di una gamba, spiega che quelle mutilazioni sono dovute rispettivamente a un incidente sul lavoro e alla crudele punizione di un tentativo di fuga. A riportare alla memoria questo precedente di metà Settecento, messo nero su bianco quando pareva che la nuova consapevolezza delle iniquità sociali prodotta dal pensiero illuminista avrebbe salvato il mondo, è una notizia pubblicata di recente dall'agenzia americana Cnn. Riguarda il lavoro forzato di centomila bambini nelle piantagioni di cacao in Costa d'Avorio, Ghana e altri paesi. Centomila bambini, secondo una stima approssimativa, sono impegnati in una faticosissima attività senza essere remunerati, e ovviamente vengono privati dell'istruzione. Inoltre sono soggetti, esattamente come lo schiavo del Candide, a frequenti infortuni. Non che vengano mutilati in caso di fuga, almeno che si sappia, ma sono frequentemente vittime d'incidenti, visto che nei campi di cacao i piccoli forzati maneggiano machetes più grandi di loro.

Due secoli e mezzo dopo Voltaire, ci sono dunque parti del mondo e dell'umanità  ancora alle prese con le inaccettabili condizioni di vita denunciate allora, per essere precisi con la negazione del diritto a una vita degna di essere vissuta. L'ottimismo di Pangloss, l'altro personaggio del Candide, che s'illudeva nonostante tutto di vivere nel “migliore dei mondi possibili” è purtroppo infondato oggi come lo fu allora. Non ci sono più formalmente gli schiavi, eppure ci sono persone ridotte in schiavitù per servire interessi particolari. Il fatto che si tratti di bambini moltiplica la gravità del fenomeno e l'angoscia di chi lo osserva con un minimo di sensibilità. Quello del cacao è un affare che muove grandissime cifre, anche se le modificazioni climatiche stanno riducendo in Ghana e Costa d'Avorio, i due paesi che da soli immettono sul mercato più della metà della produzione mondiale, i terreni adatti a questa coltura. Poiché la domanda cresce, tutto questo porterà a un aumento dei prezzi. É una prospettiva che fa venire i brividi, non certo perché la cioccolata sarà più cara, quanto perché potrebbe incoraggiare la tendenza a deprimere i costi proprio sul versante del lavoro: cioè a sfruttare sempre più la fatica infantile.

La questione non è certo nuova, visto che nel 2001, per iniziativa di alcuni parlamentari americani, fu varato un protocollo del cacao che impegnava i produttori a mettere al bando l'impiego dei bambini nelle piantagioni. Dieci anni più tardi, lamenta Judy Gearhart direttrice generale del Forum internazionale per i diritti del lavoro, il protocollo è ben lontano dall'avere raggiunto gli obiettivi che si era prefisso. La situazione chiama in causa sia i governi dei paesi produttori, che non sanno o non vogliono frenare il traffico spesso transfrontaliero di minori destinati al lavoro forzato, sia le multinazionali del cacao che badano soltanto ai loro bilanci. É invece ancora relativamente marginale la quota di mercato controllata dalle organizzazioni non governative per il cosiddetto commercio “equo e solidale”, che garantiscono la provenienza del prodotto da piantagioni immuni dallo sfruttamento della manodopera infantile.

Ci si domanda quale futuro attenda quei centomila bambini che invece di andare a scuola trascorrono nei campi la loro faticosa giornata, rischiando per di più ogni giorno la loro incolumità. É a questo prezzo, si potrebbe dire parafrasando Voltaire, che noialtri, in Europa e altrove, mangiamo cioccolata.

                                                          a. v.  
                                         

    


                                                  

 
 

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