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Londra si propone di affidare a ex ufficiali dell'esercito
ruoli di docenti nella scuola primaria e secondaria –
Trasparente lo scopo dell'iniziativa, oltre a quello di
trovare occupazione per un ceto militare sovrabbondante
– Si confida sul fatto che i maestri con le stellette
possano rafforzare il senso di autorità e disciplina –
Ma si rischia di perdere di vista il compito primario
della scuola: insegnare a pensare con la propria testa, a
non limitarsi al senso comune
La scuola non funziona? Il rendimento è
insoddisfacente, mentre dominano la scena malessere, disagio
e bullismo? E perché non chiamare in aiuto i militari?
L'idea è contenuta in un libro bianco, un testo ufficiale
delle autorità scolastiche inglesi. É una di quelle
trovate che inevitabilmente suscitano polemiche: la proposta
di mandare uomini provenienti dall'esercito, dalla marina e
dall'aeronautica militare in soccorso della scuola
britannica in crisi, per essere precisi di una gioventù in
crisi. Ex ufficiali di sua maestà, dotati d'istruzione
universitaria, dovrebbero seguire rapidi corsi remunerati di
addestramento alla docenza, e quindi portare nelle classi il
contributo della loro esperienza. L'obiettivo è evidente:
chi proviene dalle forze armate può mettere in campo, molte
alle eventuali capacità didattiche, l'esperienza del
rigore, della disciplina. Può dunque cercare di
reintrodurre nella scuola quel rispetto per gli altri, e
particolarmente per chi sta in cattedra, di cui proprio i
docenti lamentano la mancanza.
Naturalmente si è subito levato un coro di proteste.
Proteste ideologiche, da parte di chi accusa l'establishment
politico attualmente dominante in Gran Bretagna di volere
estendere alla scuola la formula tipicamente conservatrice
della “legge e ordine”. Che nessuno contesta in sé, ma
di cui si mette in discussione la priorità in una scala che
dovrebbe vedere ai primi posti finalità più direttamente
educative. Proteste sindacali, da parte dei rappresentanti
degli insegnanti che considerano questa professione
mortificata dalla proposta. Essa parte infatti dalla
sostanziale constatazione che la scuola pubblica inglese,
oggi, è ben lontana dal modello ideale educativo al quale
dovrebbe ispirarsi: di fatto produce una gioventù non
soltanto insufficientemente preparata ad affrontare le sfide
del mondo contemporaneo, ma anche scontenta, inquieta e
insofferente dell'autorità. L'ultimo studio dell'Ofsted,
l'agenzia di valutazione del sistema scolastico britannico,
rivela che il quaranta per cento delle scuole primarie e la
metà delle secondarie si collocano al di sotto dello
standard minimo di efficienza. E secondo Christine Gilbert,
capo degli ispettori Ofsted,
non poca responsabilità ricade sull'insegnamento che
spesso, precisa, è “monotono e non coinvolgente”. Un
giudizio duro, che fa infuriare i sindacati e al tempo
stesso incoraggia chi vorrebbe in cattedra gli impettiti
ufficiali di sua maestà.
Del resto, sottolinea il segretario all'educazione
Michael Gove, il nostro programma denominato Teach
Next, l'insegnamento del futuro, non si limita a
coinvolgere gli uomini delle forze armate. Intendiamo
chiamare a raccolta l'insieme della società, delle
esperienze e delle professioni, e lo vogliamo fare creando
nelle scuole centri di formazione fondati su quella stessa
tecnica dello stage che già ha dato buona prova di sé nella professione medica e
nell'assistenza ospedaliera. Vorrei, dice Gove, che persone
provenienti da aree diverse d'impegno professionale
mettessero la loro competenza a disposizione della scuola.
Il segretario confida soprattutto nei militari, che hanno
autodisciplina, senso della leadership
e capacità d'incutere rispetto.
Da segnalare fra le voci
critiche quella di Gaby Hinsliff, che su The
Observer mette in guardia da quel “senso comune” che
spesso nasconde pregiudizi e banalità. Nel caso specifico
abbiamo il seguente ragionamento: gli insegnanti hanno
bisogno d'autorità, i ragazzi di “limiti” e di modelli
maschili, i militari sono in grado di fornire autorità,
limiti e modelli maschili. Dunque i docenti con le stellette
siano i benvenuti. Secondo la Hinsliff questa
semplificazione rischia di sacrificare al raggiungimento di
un obiettivo importante ma parziale il rigore intellettuale
dello sforzo educativo. Ciò che soprattutto dobbiamo dare
ai ragazzi, argomenta, è la capacità di discutere (sia
pure con garbo) ogni verità calata dall'alto, di cercare al
posto di essa la prova sperimentale, di pensare con la
propria testa, di non avere paura né vergogna delle proprie
idee.
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r. f. l.
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