FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2011

 
 

A Londra si propone di affidare a ex ufficiali dell'esercito ruoli di docenti nella scuola primaria e secondaria – Trasparente lo scopo dell'iniziativa, oltre a quello di trovare occupazione per un ceto militare sovrabbondante – Si confida sul fatto che i maestri con le stellette possano rafforzare il senso di autorità e disciplina – Ma si rischia di perdere di vista il compito primario della scuola: insegnare a pensare con la propria testa, a non limitarsi al senso comune

 

La scuola non funziona? Il rendimento è insoddisfacente, mentre dominano la scena malessere, disagio e bullismo? E perché non chiamare in aiuto i militari? L'idea è contenuta in un libro bianco, un testo ufficiale delle autorità scolastiche inglesi. É una di quelle trovate che inevitabilmente suscitano polemiche: la proposta di mandare uomini provenienti dall'esercito, dalla marina e dall'aeronautica militare in soccorso della scuola britannica in crisi, per essere precisi di una gioventù in crisi. Ex ufficiali di sua maestà, dotati d'istruzione universitaria, dovrebbero seguire rapidi corsi remunerati di addestramento alla docenza, e quindi portare nelle classi il contributo della loro esperienza. L'obiettivo è evidente: chi proviene dalle forze armate può mettere in campo, molte alle eventuali capacità didattiche, l'esperienza del rigore, della disciplina. Può dunque cercare di reintrodurre nella scuola quel rispetto per gli altri, e particolarmente per chi sta in cattedra, di cui proprio i docenti lamentano la mancanza.

Naturalmente si è subito levato un coro di proteste. Proteste ideologiche, da parte di chi accusa l'establishment politico attualmente dominante in Gran Bretagna di volere estendere alla scuola la formula tipicamente conservatrice della “legge e ordine”. Che nessuno contesta in sé, ma di cui si mette in discussione la priorità in una scala che dovrebbe vedere ai primi posti finalità più direttamente educative. Proteste sindacali, da parte dei rappresentanti degli insegnanti che considerano questa professione mortificata dalla proposta. Essa parte infatti dalla sostanziale constatazione che la scuola pubblica inglese, oggi, è ben lontana dal modello ideale educativo al quale dovrebbe ispirarsi: di fatto produce una gioventù non soltanto insufficientemente preparata ad affrontare le sfide del mondo contemporaneo, ma anche scontenta, inquieta e insofferente dell'autorità. L'ultimo studio dell'Ofsted, l'agenzia di valutazione del sistema scolastico britannico, rivela che il quaranta per cento delle scuole primarie e la metà delle secondarie si collocano al di sotto dello standard minimo di efficienza. E secondo Christine Gilbert, capo degli ispettori Ofsted, non poca responsabilità ricade sull'insegnamento che spesso, precisa, è “monotono e non coinvolgente”. Un giudizio duro, che fa infuriare i sindacati e al tempo stesso incoraggia chi vorrebbe in cattedra gli impettiti ufficiali di sua maestà.

Del resto, sottolinea il segretario all'educazione Michael Gove, il nostro programma denominato Teach Next, l'insegnamento del futuro, non si limita a coinvolgere gli uomini delle forze armate. Intendiamo chiamare a raccolta l'insieme della società, delle esperienze e delle professioni, e lo vogliamo fare creando nelle scuole centri di formazione fondati su quella stessa tecnica dello stage che già ha dato buona prova di sé nella professione medica e nell'assistenza ospedaliera. Vorrei, dice Gove, che persone provenienti da aree diverse d'impegno professionale mettessero la loro competenza a disposizione della scuola. Il segretario confida soprattutto nei militari, che hanno autodisciplina, senso della leadership e capacità d'incutere rispetto.

Da segnalare fra le voci critiche quella di Gaby Hinsliff, che su The Observer mette in guardia da quel “senso comune” che spesso nasconde pregiudizi e banalità. Nel caso specifico abbiamo il seguente ragionamento: gli insegnanti hanno bisogno d'autorità, i ragazzi di “limiti” e di modelli maschili, i militari sono in grado di fornire autorità, limiti e modelli maschili. Dunque i docenti con le stellette siano i benvenuti. Secondo la Hinsliff questa semplificazione rischia di sacrificare al raggiungimento di un obiettivo importante ma parziale il rigore intellettuale dello sforzo educativo. Ciò che soprattutto dobbiamo dare ai ragazzi, argomenta, è la capacità di discutere (sia pure con garbo) ogni verità calata dall'alto, di cercare al posto di essa la prova sperimentale, di pensare con la propria testa, di non avere paura né vergogna delle proprie idee.

                                                          r. f. l. 
                                         

    


                                                  

 
 

Clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter!

 

Torna al Foglio Lapis ottobre 2011

 

Mandaci un' E-mail!