FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2010

 
 

Alla fine il sindaco del comune lombardo si è arreso: toglierà dall’edificio del Polo scolastico “Gianfranco Miglio” i simboli del suo partito, La Lega Nord – Glielo ha chiesto lo stesso ministro dell’istruzione, che pure fa parte di una maggioranza e di un governo in cui la Lega ha un ruolo di rilievo – L’esuberante amministratore, non nuovo a iniziative controverse, ha dovuto prendere atto del fatto che una scuola italiana non può portare etichette di parte

 

Adro è un comune della provincia di Brescia nei pressi del lago d’Iseo, fra i sei e i settemila abitanti, noto fin qui per la sua bella torre ghibellina e la tradizione vitivinicola. Ma le scorse settimane si è portato alla ribalta della cronaca per tutt’altro che l’antica cultura del vino: un’accesa polemica ha accompagnato l’inaugurazione del Polo scolastico comunale. Intitolato a Gianfranco Miglio, il politologo e costituzionalista che del leghismo fu l’ideologo, almeno fino a quando non uscì dal movimento fondando un più radicale Partito federalista, il Polo ospita in un edificio dalle linee aggiornate e razionali la scuola primaria e la secondaria di primo grado. Elementari e medie, secondo la vecchia terminologia. Ma ciò che ha fatto scattare le critiche è stato la qualità non della struttura, di per sé eccellente, ma dei suoi elementi decorativi.

Un Leitmotiv dalla forte caratterizzazione ideologica, il “sole delle Alpi” che è il simbolo della Lega, si ripete ossessivamente sui pavimenti e sulle pareti, nell’area di accesso all’edificio, nell’atrio, lungo le scale e nelle stesse aule, perfino sui banchi e sui cestini della carta straccia. Ora, è vero che quel partito gode a Adro del consenso della maggioranza dei cittadini, ma è forse questa una buona ragione per imporne l’immagine a tutti, e proprio nella scuola che dovrebbe essere la sede istituzionale della neutralità? Ve l’immaginate se negli anni Cinquanta e Sessanta, il tempo dello scontro ideologico e dell’aspra contrapposizione Est-Ovest, uno dei tanti comuni “rossi” dell’Emilia o della Toscana avesse ornato le sue scuole di falci e martelli e stelle a cinque punte? Si sarebbe giustamente gridato allo scandalo, si sarebbe messa in croce la pretesa egemonica, si sarebbe denunciato il tentativo di plagio delle giovanissime generazioni.

Qualcosa del genere è accaduto quando le pagine dei giornali e gli schermi televisivi hanno mostrato le linee funzionali del Polo “Gianfranco Miglio” e quella insistente decorazione monotematica. Alle critiche giunte da tutta Italia, Lombardia compresa, il sindaco Oscar Lancini ha risposto che il “sole delle Alpi”, prima ancora che un emblema di partito, è un simbolo territoriale. Identità del territorio, dunque, secondo la più classica ideologia leghista. Ma se proprio voleva incastonare nella scuola un elemento identitario, non poteva scegliere il bellissimo stemma del suo comune, con quei tre grappoli d’uva attorno alla “A” di Adro?

Del resto l’argomentazione del sindaco non ha convinto neppure il ministro dell’Istruzione, che pure fa parte di un governo e di una maggioranza in cui la Lega ha ruoli di asoluto rilievo. Pur complimentandosi per le “attrezzature didattiche d’avanguardia” che caratterizzano l’istituto di Adro, Maria Stella Gelmini ha fatto sapere a Lancini che fra di esse non figurano certo quei controversi elementi decorativi. Infatti la politica, ammonisce il ministro, deve restare fuori dalla scuola. A questo punto il sindaco si è arreso e adesso è alla ricerca dei fondi per la costosa rimozione di tutti quei “soli”.

Il caso ha fatto scalpore anche perché siamo alla vigilia ormai delle celebrazioni per il primo secolo e mezzo di unità italiana, destinate ovviamente a far risaltare le tendenze centrifughe della Lega. Inoltre il sindaco di Adro non è nuovo a iniziative che fanno discutere. È infatti lo stesso che qualche tempo fa decise di far saltare il pasto a quei bambini i cui genitori non erano in regola con i contributi per la mensa scolastica. Una trovata che lasciò, e lascia, senza parole.

                                                          a. v. 
                                         

    


                                                  

 
 

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