FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2009

 
 

Inaspettato rilancio telematico dell’idioma di Virgilio: dall’enciclopedia libera Wikipedia, anzi Vicipaedia, fino alla rete sociale Facebook – È un’iniziativa che viene dal Nord, dove esiste persino un’emittente radiofonica in latino – Ma da qualche tempo si moltiplicano anche in Italia le pressioni perché la lingua-madre dell’Europa abbia di nuovo nella scuola il ruolo che le spetta – Anche perché l’antico spauracchio degli studenti sembra voler sfuggire alla categoria delle lingue morte

 

All’inizio del 2007 il sottocomitato per le lingue dell’enciclopedia libera in rete Wikipedia prende un’importante decisione: poiché la finalità dell’impresa è la diffusione delle conoscenze e non già la conservazione di idiomi non più parlati, non sono ammesse lingue estinte. Viene così respinta la richiesta di aprire una “wiki” in greco antico, avanzata da un gruppo di cultori della lingua di Omero. Sentenza di morte anche per il latino? Niente affatto: la nuova norma non ha valore retroattivo e dunque non può cancellare Vicipaedia, la Wikipedia nella lingua di Roma antica che già da cinque anni è presente in rete. Così questa “wiki” in cui si parla di ligamina (links) e imagines (foto) e in cui Omnes ad contribuendum invitantur (tutti sono invitati a contribuire), ha prosperato fino a superare, qualche settimana fa, le trentamila pagine.

È interessante notare che questo rilancio telematico del latino non è stato promosso da paesi di lingua romanza: l’impulso è venuto dal Nord, e non a caso la prima voce è stata Suecia sive Svecia (natio in Scandinavia, in Europa septentrionali, cuius territorium antiquum etiam Latino classico Suevia cognitum fuerat). Da quelle parti si coltiva la lingua dei Cesari meglio che a Roma: in Finlandia c’è addirittura un’emittente radiofonica che la usa per le sue trasmissioni. E pare che sia piuttosto seguita, e che il pubblico interagisca con elegante sfoggio di perifrastiche e ablativi assoluti.

Del resto il rilancio telematico del latino non si limita a Wikipedia: una notizia recente c’informa che Facebook, la frequentatissima rete sociale, ha introdotto questa lingua fra i suoi strumenti di comunicazione, e che l’innovazione è stata accolta con molto interesse e perfino qualche entusiasmo. Uno studente inglese commenta con la tipica ironia delle sue parti: visto che passo più tempo su Facebook che sui libri di latino, la cosa potrà essermi utile! Dunque via con le epistulae (mail) e con il locutorium dove si “chatta” a suon di sententiae. Sorge spontanea una domanda, riusciranno i nuovi media (a proposito, medium, media: in fondo il latino era presente da un pezzo, nella comunicazione) a sconfiggere l’antica avversione scolastica alle declinazioni e alla consecutio temporum? Difficile rispondere, ma consola il fatto che siti in latino in rete ce ne sono tanti, e da molto tempo. Sembra dunque che questo modo di esprimersi, con tutta la sua cristallina razionalità, cerchi di sfuggire alla condizione di lingua morta. I più ottimisti non arrivano forse a proporla come idioma ufficiale dell’Unione Europea, ritornando così all’uso che nel nostro continente se ne faceva a suo tempo?

Forse queste novità hanno contribuito a rilanciare le pressioni perché la scuola italiana recuperi il latino fra le sue discipline fondamentali. Due associazioni di docenti, il Cnadsi e l’Aespi, subito spalleggiate da molti altri enti e istituzioni, hanno rivolto al ministro Mariastella Gelmini un appello dal titolo significativo: “Latino, una risorsa per la persona e per l’Europa”. Vi si ricorda che il latino non è soltanto una delle nostre radici culturali, ma anche una struttura linguistica di alto valore formativo, che apre la mente a ogni altro idioma. Vi si chiede che questa lingua rientri a pieno titolo nei curricula (appunto) di ogni scuola che si fregi del titolo di liceo, a cominciare dallo scientifico nel quale oggi è inspiegabilmente sacrificata. Vi si chiede anche un insegnamento propedeutico nei tre anni della secondaria di primo grado, com’era anticamente nelle medie inferiori.

C’è qualche probabilità che questa mobilitazione abbia successo? È lecito dubitarne, visto che fra le famose “tre I” (inglese, internet, impresa) non c’è spazio per l’intrusione di una “L” così poco in sintonia con questi tempi di grossolane semplificazioni culturali. Ma qualche speranza sopravvive proprio grazie a una delle “tre I”, internet, la grande rete globale che il latino lo ha inaspettatamente riscoperto e adottato.

                                                                                       

 

                                                               l. v.           


                                                  

 
 

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