Inaspettato
rilancio telematico dell’idioma di Virgilio:
dall’enciclopedia libera Wikipedia, anzi Vicipaedia,
fino alla rete sociale Facebook – È un’iniziativa che
viene dal Nord, dove esiste persino un’emittente
radiofonica in latino – Ma da qualche tempo si
moltiplicano anche in Italia le pressioni perché la
lingua-madre dell’Europa abbia di nuovo nella scuola il
ruolo che le spetta – Anche perché l’antico
spauracchio degli studenti sembra voler sfuggire alla
categoria delle lingue morte
All’inizio del
2007 il sottocomitato per le lingue dell’enciclopedia
libera in rete Wikipedia prende un’importante decisione:
poiché la finalità dell’impresa è la diffusione delle
conoscenze e non già la conservazione di idiomi non più
parlati, non sono ammesse lingue estinte. Viene così
respinta la richiesta di aprire una “wiki” in greco
antico, avanzata da un gruppo di cultori della lingua di
Omero. Sentenza di morte anche per il latino? Niente
affatto: la nuova norma non ha valore retroattivo e dunque
non può cancellare Vicipaedia, la Wikipedia nella
lingua di Roma antica che già da cinque anni è presente in
rete. Così questa “wiki” in cui si parla di ligamina
(links) e imagines (foto) e in cui Omnes ad
contribuendum invitantur (tutti sono invitati a
contribuire), ha prosperato fino a superare, qualche
settimana fa, le trentamila pagine.
È interessante
notare che questo rilancio telematico del latino non è
stato promosso da paesi di lingua romanza: l’impulso è
venuto dal Nord, e non a caso la prima voce è stata Suecia
sive Svecia (natio in Scandinavia, in Europa
septentrionali, cuius territorium antiquum etiam Latino
classico Suevia cognitum fuerat). Da quelle parti si
coltiva la lingua dei Cesari meglio che a Roma: in Finlandia
c’è addirittura un’emittente radiofonica che la usa per
le sue trasmissioni. E pare che sia piuttosto seguita, e che
il pubblico interagisca con elegante sfoggio di
perifrastiche e ablativi assoluti.
Del resto il
rilancio telematico del latino non si limita a Wikipedia:
una notizia recente c’informa che Facebook, la
frequentatissima rete sociale, ha introdotto questa lingua
fra i suoi strumenti di comunicazione, e che l’innovazione
è stata accolta con molto interesse e perfino qualche
entusiasmo. Uno studente inglese commenta con la tipica
ironia delle sue parti: visto che passo più tempo su
Facebook che sui libri di latino, la cosa potrà essermi
utile! Dunque via con le epistulae (mail) e con il locutorium
dove si “chatta” a suon di sententiae. Sorge
spontanea una domanda, riusciranno i nuovi media (a
proposito, medium, media: in fondo il latino
era presente da un pezzo, nella comunicazione) a sconfiggere
l’antica avversione scolastica alle declinazioni e alla consecutio
temporum? Difficile rispondere, ma consola il fatto che
siti in latino in rete ce ne sono tanti, e da molto tempo.
Sembra dunque che questo modo di esprimersi, con tutta la
sua cristallina razionalità, cerchi di sfuggire alla
condizione di lingua morta. I più ottimisti non arrivano
forse a proporla come idioma ufficiale dell’Unione
Europea, ritornando così all’uso che nel nostro
continente se ne faceva a suo tempo?
Forse
queste novità hanno contribuito a rilanciare le pressioni
perché la scuola italiana recuperi il latino fra le sue
discipline fondamentali. Due associazioni di docenti, il
Cnadsi e l’Aespi, subito spalleggiate da molti altri enti
e istituzioni, hanno rivolto al ministro Mariastella Gelmini
un appello dal titolo significativo: “Latino, una risorsa
per la persona e per l’Europa”. Vi si ricorda che il
latino non è soltanto una delle nostre radici culturali, ma
anche una struttura linguistica di alto valore formativo,
che apre la mente a ogni altro idioma. Vi si chiede che
questa lingua rientri a pieno titolo nei curricula (appunto)
di ogni scuola che si fregi del titolo di liceo, a
cominciare dallo scientifico nel quale oggi è
inspiegabilmente sacrificata. Vi si chiede anche un
insegnamento propedeutico nei tre anni della secondaria di
primo grado, com’era anticamente nelle medie inferiori.
C’è qualche
probabilità che questa mobilitazione abbia successo? È
lecito dubitarne, visto che fra le famose “tre I”
(inglese, internet, impresa) non c’è spazio per
l’intrusione di una “L” così poco in sintonia con
questi tempi di grossolane semplificazioni culturali. Ma
qualche speranza sopravvive proprio grazie a una delle
“tre I”, internet, la grande rete globale che il latino
lo ha inaspettatamente riscoperto e adottato.
l.
v.
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