FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2009

 
 

Un’indagine condotta sul sistema educativo della Scozia rivela che gli istituti sono impreparati di fronte al numero crescente di alunni immigrati – Sono ormai ottanta le lingue di provenienza degli studenti che arrivano dall’estero, per la maggior parte dalla Polonia – L’insufficiente padronanza dell’inglese rende più difficile il loro percorso scolastico, perché mancano le risorse necessarie a favorire un rapido ambientamento linguistico – E così i ragazzi si sentono trascurati e emarginati

 

L’Ispettorato britannico dell’istruzione ha svolto, nel sistema educativo scozzese, un’indagine sull’accoglienza e sul rendimento scolastico degli alunni provenienti dalle famiglie immigrate. I risultati rivelano una situazione ben lontana dall’essere soddisfacente. Di fronte all’aumento costante e progressivo della componente straniera, gli istituti non sono attrezzati per affrontare la sfida, l’insufficienza di risorse a disposizione impedisce agli organici di colmare le lacune di molti alunni, che per conseguenza restano troppo a lungo svantaggiati dal fatto di non padroneggiare abbastanza la lingua inglese.

Sono poche, fa sapere l’Ispettorato, le scuole che si sono messe in condizione di agevolare un rapido ambientamento dei ragazzi stranieri, fino ad avere lo stesso senso di appartenenza all’istituzione scolastica dei loro compagni scozzesi. Nella maggior parte dei casi, l’handicap di partenza si ripercuote su un numero eccessivo di anni scolastici, e quel che è peggio comporta pesanti conseguenze psicologiche: sensi di frustrazione e una condizione di isolamento che tendono a sopravvivere anche dopo che il problema tecnico della comunicazione linguistica è stato risolto.

In quasi tutti i distretti scolastici la percentuale di alunni provenienti dalle famiglie di recente immigrazione è aumentata fino in certi casi al raddoppio. La più rappresentata fra le nazionalità di provenienza è la polacca, seguono quelle tradizionali dai Paesi dell’ex impero britannico a cominciare da India, Pakistan, Bangladesh. La maggior parte dei nuovi arrivati nelle classi scozzesi ha confidato ai ricercatori dell’Ispettorato che i loro insegnanti hanno aspettative ridotte nei loro riguardi: si sentono dunque sottostimati, e anche se la cosa è spiegabile attraverso le deficienze linguistiche, questa sfiducia preconcetta finisce con l’avere di per sé conseguenze negative in termini di autostima e rispetto dell’istituzione scolastica. Inoltre i ragazzi lamentano il fatto che gli viene impedito di comunicare con i connazionali a scuola usando la lingua-madre: un divieto che, sia pure motivato da un’ottima intenzione, quella di fargli imparare rapidamente l’inglese, li priva di quel senso d’identità al quale, evidentemente, non possono e non dovrebbero rinunciare.

L’indagine nelle scuole di Scozia si riferisce a un fenomeno che ovviamente coinvolge non soltanto le altre parti del Regno Unito ma tutte le società occidentali, ugualmente investite dagli intensi flussi migratori di questi anni. È una sfida epocale, che non riguarda soltanto i ragazzi immigrati ma tutto l’insieme della scuola. Le indagini comparate PISA, condotte dall’OCSE in molte parti del mondo, confermano sistematicamente che ai vertici delle classifiche internazionali si collocano quei Paesi, come la Finlandia, la Corea, il Giappone, nei quali la società, e di conseguenza la scuola, presentano la più alta compattezza etnica e linguistica. Sono invece svantaggiati Paesi come gli Stati Uniti, o la Germania, o la Francia, o appunto il Regno Unito, ormai da tempo e più o meno velocemente avviati sui binari della multiculturalità.

Il problema riguarda evidentemente anche l’Italia, dove è aggravato da una crescente intolleranza, a volte venata di xenofobia, da parte di settori dell’opinione pubblica, che dalle famiglie si trasferisce meccanicamente nelle aule scolastiche. Poiché la tendenza prevedibile ci parla di un’accentuazione del fenomeno, è bene che si corra ai ripari: la stessa internazionalità del problema permette di affrontarlo su una scala affrancata da anguste visioni provinciali. Mentre la sua evidente potenzialità in fatto di promozione didattica, attraverso il confronto delle culture, delle lingue, dei costumi, ci dà la possibilità di cogliere i frutti di quello che in America chiamano melting pot, il crogiuolo da cui nasce la società di domani.                                                                                                          

 

                                                               r.f.l.           


                                                  

 
 

Clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter!

 

Torna al Foglio Lapis ottobre2009

 

Mandaci un' E-mail!