FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2008

 

Ecco finalmente spiegata la misteriosa origine delle fasi lunari - Come fu che l’astro notturno, oggetto di un ingegnoso baratto, cambiò universo provocando una rivolta in quello di provenienza: non si voleva rinunciare al pallido chiarore che compensava l’assenza del sole né alla rassicurante altalena delle maree – E così, con un faticoso compromesso che dovette molto all’invenzione della matematica, la luna fu spartita fra i due cieli

 

"… È arrivata la mia mamma. Mi ha disegnato una scala, e io sono sceso", dice un bambino raccontando come ha fatto a ridi-ridi-ridi-scendere dal secondo cielo al primo. Aveva fatto un sogno che lo aveva angosciato. Era sul tetto di casa e non riusciva a scendere! Come capita ai gatti, che sanno salire benissimo ma scendono male. Io stesso, a Parigi, ho visto arrivare i pompieri per salvare un gattino che per salvarsi da un cane, era salito in cima a un palo... Tutti corsero a chiedere dove si trovava: sopra? sotto? di fianco? in riva alla Senna? dietro al mare? prigioniero? Dove, dove, dove?... Dov'è?

Divennero sospettosi!
Chi?... Chi? Chi?... Chiricchì?.... Chicchirichì!
Tutti...
Non è sospetta quell'orma che rivela il nostro passo?
Non è sospetto quel cielo che a una certa ora diventa nero?
Non è sospetto che bruci il centro della terra?
Quali documenti, quali prove si devono incenerire?
E la guerra?
E il morsicare dentro la stessa bocca incaricata di baciare?
E l'allegro manto della tigre?
E il ridere con le lacrime?...
Non è sospetto, il gatto?
E la velocità della luce?
Che cosa c'è da correre tanto?

Fu difficile spiegare che il secondo cielo si trovava dentro al primo, nascosto fra molecola e molecola, invisibile eppure immenso e potente. Ogni goccia del primo cielo aveva come sua ombra una goccia del secondo cielo. I cieli erano due. Materia e antimateria.

Fu una bambina a scoprirlo. Mentre giocava si accorse – ma la mamma accorse? – che dietro al pezzettino di aria in cui era rotolata la sua palla, c'era un'ombra azzurra proprio della stessa forma e misura del cielo davanti ma, guarda e riguarda, vide che nel pezzettino nuovo volavano degli angeli, e questo con il nostro cielo proprio non si può fare.

Il secondo cielo, infatti, era identico al primo. Gli angeli erano visibili e si spostavano candidi nell'aria in gruppi allegri e canterini. Sembravano nuvole con le ali. Gli uccelli, invece, erano invisibili, ma si sentiva benissimo il loro cinguettare.

Le farfalle erano ritagliate nel vento. La loro forma era perfettamente delineata e così, anche nel secondo cielo, erano fonte di meraviglia e incanto. Il vuoto a forma di farfalla era così perfetto che si vedevano anche i colori delle ali.

Al secondo cielo mancavano, però, tutte le stelle, il sole e la luna.

Per questo, molto, molto tempo fa, quando nessun essere pesante/pensante abitava ancora il creato, il secondo cielo iniziò una trattativa con il primo per ottenere anche lui qualche cosa che lo illuminasse.

La trattativa durò milioni di anni, a soffi, bufere e sbuffi.

Il secondo cielo chiedeva il sole, e offriva in cambio i venti rosa, che solo lui possedeva. Il primo voleva anche le farfalle ritagliate nel vento e gli angeli visibili.

"Poi a me, di giorno, non resta niente di gentile!" protestava il secondo cielo.

"Sì, ma... il sole! Ti rendi conto?... Sai quanto costa un sole?" replicava il primo. E rilanciava: "Allora, tu cedimi il metro sopra il mare. Quello che sfiora l'acqua. E io ti do il sole".

"Tu sei pazzo!" rispondeva il secondo cielo: "Quello è il posto più bello dell'universo... No! No, no e no!"...

Litiga, litiga... Fatto sta che non si misero d'accordo.

I rapporti fra loro si interruppero per molte ore.

Finché, in una notte desolata, il secondo cielo tornò all'attacco.

Questa volta chiedeva la luna. In cambio offriva ancora i venti rosa che, nel frattempo, da ghiacci erano diventati scaldini, e erano ancora più deliziosi.

Le cose andarono subito meglio: dopo solo sei-settecentomila anni, l'accordo si fece. Il primo cielo cedeva la luna. Prendeva mille angeli visibili, i venti rosa e qualche uccellino invisibile, che si impegnava però a tenere segreto, nascondendolo nel folto degli alberi più alti, dove un cinguettìo senza uccellino in mezzo a centinaia di cinguettii con uccellini, sarebbe passato inosservato.

La notte dopo, la luna cambiò cielo.

All'inizio, sembrava che tutto filasse liscio. Poi, improvvisamente, scoppiò un putiferio.

Di colpo, molte cose pesanti/pensanti si misero in subbuglio.

Le rocce cominciarono a urlare contro il primo cielo, a lanciare sassi e protestare che loro, già scure e tristi di giorno, non volevano essere nere come di notte... "Rivogliamo il riflesso della luna!" gridavano, e dall'arabbia si aprivano crepacci per tutto il deserto. Il mare, di solito così solenne, aderì alle proteste... "Sono stanco di fare maree!... Ho già le mie onde a cui badare giorno e notte!... La luna mi dava una mano!... Adesso, chi mi aiuta?... Non ce la faccio più!... Ti avviso!" gridava al cielo: "... Non vedi che azzurro pallido sono diventato?"…

Ma i più arrabbiati, i più lividi: li vidi!, erano i laghi. Soprattutto quelli con una barchina in controluce nella notte e un pescatore con la lenza... "Ci serve la luna!... Ci serve, capisci?... Chi fa, sennò, quella striscia luccicante che di notte ci rende stupendi?... Già, il lago è triste!.. Ma, certo, con la luna che si rifletteva nell'acqua, tutto si consolava... E, adesso?… Riprendi la luna!" gridavano al cielo: "Ti prego, riprendila!"...

Intanto, erano passati così tanti millenni, che sulla Terra era apparso il primo uomo. Si chiamava Alberto. Era un matematico. Siccome la matematica era iniziata da pochi minuti, per il momento Alberto aveva inventato l'"uno".

Ne era entusiasta: lo pensava, lo studiava e ristudiava, lo contava e ricontava. Passava tutto il giorno a ragionare intorno al suo "uno". Passano gli anni. Alberto diventa sempre più sapiente. Un giorno, di colpo, si rende conto che l'"uno" non basta. In un lampo intuisce che in qualche posto ci deve essere la sua parte femminile: la "l'una". Ma la luna che per forza, per matematica, doveva esserci, non c'era. Allora anche il professar Alberto si rivolse al primo cielo: "Dì un po'?" gli chiedeva: "Dove hai messo la l'una?". E rincarava: "Allorra?... Eh!... Guarda che non è mica tua amica... Bada!... Falla venire fuori o saranno guai. Guaiti!"...

Finalmente, il primo cielo, stanco di tutte quelle proteste, chiamò il secondo cielo e gli chiese se si poteva buttare all'aria il contratto senza contrarre qualche malattia tipo l'apeste ancora presente in arabbia.

Fu una trattativa lunghissima: il secondo cielo non voleva cedere la luce al buio.

Alla fine, si giunse a un compromesso: il primo cielo restituiva i venti rosa e 990 angeli visibili, mentre la luna sarebbe tornata per intero al primo cielo solo per alcuni notti al mese. Le altre notti, sarebbe stata per metà da uno e per metà dall'altro, e il tempo restante sarebbe stata per tre quarti di qua e per tre quarti di là. A parte alcune notti, in cui sarebbe stata sempre e solo con il secondo cielo.

E così si fece.

E mai più si disfece.

E se guardate in alto, lo vedete bene anche voi come è andata a finire questa storia.

L'"uno" diventò il marito della l'"una", e questo matrimonio dette inizio alla matematica secondo le cose dette. Da loro, infatti, ogni notte nasce un nuovo numero. Ecco perché la matematica è così oscura, e perché i numeri arabi non finiranno mai finché la luna salirà in cielo.

     È lei?

     … Sì. Proprio lei!

Questa Fantastica è in esercizio in questi giorni a Milano, in via Dante, dove ogni viadante può mettere l'occhio nell'universo attraverso l'esposizione fotografica "OLTRE LA TERRA – siamo un punto dell'universo, uniti per un grande viaggio".

                      Filippo Nibbi, Giovanna De Carli 

Milano, 20 settembre 2008

                                         

    


                                                  

 
 

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