FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2007

 
 

Cinquantasettemila scuole fra pubbliche e private, otto milioni di studenti, 720 mila insegnanti – Sono le cifre dell’anno scolastico appena partito – Giuseppe Fioroni, ministro della pubblica istruzione, dice di aver voluto “riconsegnare la scuola al buon senso e alla saggezza degli insegnanti” – Non più piani di riforma radicale, ma una correzione dell’ordine delle priorità: le tre “I” sono importanti, ma non quanto le capacità fondamentali, come il calcolo e la grammatica

 

Una scuola sempre più affollata e sempre più etnicamente differenziata. Il dato che più colpisce, fra quelli forniti dal ministero della Pubblica Istruzione in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico, è infatti quello relativo alla presenza straniera nelle nostre scuole. Gli alunni provenienti da altre lingue e culture hanno superato il mezzo milione, e sono mediamente il 5,6 per cento della popolazione scolastica. Nella scuola primaria questa presenza ha raggiunto il 6,8 per cento. In alcune articolazioni territoriali, come il comune di Milano o la provincia di Mantova, è arrivata al 14 per cento. Nell’insieme, oltre otto milioni di alunni e circa 720 mila docenti si sono messi al lavoro a metà settembre. Si conferma una massiccia prevalenza femminile nel corpo docente: più dei quattro quinti in generale, addirittura il 99,50 per cento nella scuola dell’infanzia. Per quanto riguarda le varie scuole, sono appena un terzo le ragazze negli istituti tecnici, il 70 per cento nei licei classici.

Di fronte a questo variegato universo, il ministro della pubblica istruzione Giuseppe Fioroni ha suggerito un approccio pragmatico. “Ho voluto riconsegnare la scuola – ha detto – al buonsenso e alla saggezza degli insegnanti”. Rispetto ai predecessori, Fioroni ha decisamente corretto la tendenza a prospettare riforme a 360 gradi, al posto della tradizionale palingenesi riformista ha proposto invece un solido ancoraggio a certi valori tradizionali. Anche se non si vuole negare l’importanza di materie come l’inglese o l’informatica, ha detto il ministro, va sottolineato che “i nostri bambini devono imparare bene l’italiano, la matematica, la storia e la geografia”.

Le cosiddette “indicazioni nazionali”, che segnalano gli obiettivi di fondo da raggiungersi in un contesto di autonomia dei singoli istituti, insistono infatti su questo genere di priorità, che corregge drasticamente l’impostazione che fu cara al ministro Letizia Moratti, la scuola fondata sulle “tre I” (inglese, internet, impresa). Una formula fortemente criticata di chi ritiene che all’obiettivo alto della formazione non sia lecito sostituire quello decisamente minimalista della preparazione di forza-lavoro: tale pareva lo spirito della riforma proposta dal governo di centro-destra. Ora l’accento torna sulle capacità fondamentali: la grammatica, il calcolo, mentre finalmente viene dato spazio alla musica. Il gran ritorno delle tabelline vuole anche essere una prima risposta all’emergenza matematica, la grave carenza che in questa materia si manifesta in ogni ordine e grado scolastico.

Si discute d’altra parte sull’utilità della cosiddetta ricorrenza nell’apprendimento della storia, le indicazioni prevedono infatti la scansione dei periodi fra il triennio della primaria e la successiva secondaria di primo grado. Lo studio della storia viene dunque disperso, in pratica, lungo l’arco dell’obbligo scolastico, con la terza media consacrata al Novecento. C’è chi preferisce la scansione tradizionale: l’intera vicenda umana alle elementari, e poi di nuovo in forma più approfondita nei tre anni successivi, nei quali alla storia antica seguono la moderna e la contemporanea. È bene che la questione venga discussa, bisogna infatti considerare che le indicazioni vengono proposte in via sperimentale: fra due anni si traccerà un bilancio che consentirà di meglio definire le scelte.

Intanto compie un’altra piroetta il livello dell’obbligo scolastico, che il ministro Berlinguer aveva portato a 15 anni e la Moratti aveva riportato a 14, cioè al limite di “almeno otto anni” di scuola indicato dalla Costituzione. Ora l’obbligo scolastico sale a 16 anni. È infine in vista un altro ritorno alla tradizione, il ministero sta infatti resuscitando gli esami di riparazione, che furono eliminati dalla scuola elementare e dalla media di primo grado nel 1977, dalla media di secondo grado nel 1995. Al posto del meccanismo dei “debiti”, si tornerà a “rimandare a settembre” in una o più materie. Si fa notare che quest’anno oltre un terzo degli alunni ha avuto la promozione nonostante più o meno gravi lacune in una o più discipline. In futuro, per costoro si prospettano estati di studio, in preparazione degli esami di settembre.

                                                          a. v.  
                                         

    


                                                  

 
 

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