FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2006

 
 

L’esperienza degli ultimi decenni insegna che a una più diffusa scolarizzazione corrispondono inevitabilmente più elevati tassi di dispersione – Più di recente una nuova evoluzione demografica ha preso a incidere sulle situazioni connesse al disagio scolastico – Si tratta della presenza crescente sui banchi di bambini e ragazzi stranieri – Un altro rapporto molto stretto lega il fenomeno della dispersione ai problemi della legalità e della criminalità minorile  

 

 

Soltanto il 73 per cento di chi frequenta la scuola secondaria italiana di secondo grado arriva al diploma: ciò significa che un ragazzo ogni quattro si perde per strada. È un dato che come al solito ci penalizza nel confronto internazionale, crea pesanti problemi sociali e anche, attraverso le ripetenze che spesso precedono gli abbandoni, oneri finanziari aggiuntivi. Non è un mistero che la tendenza alla “manica larga” nelle valutazioni scolastiche, tipica di questi ultimi anni, riflette l’obiettivo di non accrescere ulteriormente, attraverso le ripetenze, la densità della popolazione scolastica. Sul piano della dispersione, che non riguarda soltanto la secondaria superiore ma sopravvive anche nelle classi precedenti, configurandosi così come evasione dell’obbligo scolastico, il ministro Giuseppe Fioroni ha promesso un piano di prevenzione. Dovrebbe fondarsi sull’individuazione di apposite “chiavi didattiche” e di “percorsi capaci di rimotivare”, oltre che sugli spazi aperti dall’autonomia nei singoli istituti e su qualche energico ritocco alla formazione dei docenti.

Purtroppo non sembra possibile immaginare che, nonostante gli sforzi, il fenomeno della dispersione sia destinato a ridimensionarsi nel breve periodo. Esso dipende, in buona misura, da oggettive tendenze demografiche. Del resto è sempre stato così Quasi non esisteva quando l’istruzione era riservata a pochi, è venuto clamorosamente alla ribalta con l’avvento della scuola di massa. È stato spesso pudicamente coperto da statistiche minimizzanti. Quando nel 1999 la Lapis rese pubblici i risultati di un’indagine che d’intesa con il comando della regione militare Sud era stata condotta su un campione significativo di giovani di leva in tre province, il clamore fu grande. Era infatti emerso che il dieci per cento dei 3368 ragazzi interpellati non aveva completato la scuola media, e che il sei per cento addirittura non aveva finito le elementari. Tutti casi in buona parte sfuggiti alle statistiche ufficiali.

È probabile che un altro fattore demografico, crescente in questi ultimi anni e destinato a crescere ulteriormente, debba essere preso in considerazione per prevedere l’evoluzione di questo fenomeno. Si tratta del peso crescente degli alunni stranieri, che già oggi costituiscono oltre il cinque per cento della popolazione scolastica. Poiché il dieci per cento delle nascite è costituito da bambini stranieri, mentre l’immigrazione, cioè l’apporto di altri bambini nati all’estero, non accenna a ridimensionarsi, è prevedibile che nel giro di alcuni anni fra il dieci e il quindici per cento degli alunni avrà origine straniera. Come si riferisce in altro articolo di questo stesso numero del Foglio Lapis, questo comporta numerosi problemi. Sono proprio quei problemi, complessivamente unificabili sotto l’etichetta del disagio scolastico, che determinano o favoriscono la dispersione.

Spesso il fenomeno degli abbandoni viene messo in relazione con l’illegalità. Effettivamente in aree dominate dalla criminalità organizzata, si pensi a certi quartieri di Napoli, la dispersione è particolarmente elevata: c’è una domanda da parte della delinquenza organizzata di manodopera minorile, particolarmente adatta allo spaccio di droga, per esempio, in quanto non penalmente perseguibile. Non di rado questa esperienza, una volta venuto meno il vantaggio giuridico della minore età, viene completata con una sorta di iniziazione alla criminalità e con il definitivo reclutamento nelle bande mafiose.

Ma non è soltanto l’illegalità a nutrire il fenomeno della dispersione: un alto tasso di abbandoni nella scuola secondaria di secondo grado viene registrato anche in aree, come il Nordest, in cui non esistono fenomeni di criminalità capillare. Sono aree di intensa attività produttiva, e in questi casi è il mercato del lavoro legale ad attirare i ragazzi fuori dalla scuola. In una visione purtroppo abbastanza diffusa, l’alternativa percepita è fra il perdere tempo sui banchi e il guadagnarsi un salario, generalmente nel piccolo stabilimento artigiano. Tocca evidentemente alla scuola curare la propria immagine, convincere la società circostante che frequentarla è tutt’altro che una perdita di tempo, e che nonostante l’apparente vantaggio immediato la rinuncia a completare gli studi prima o poi si finirà col pagarla.

 

                                                                   v. a.  

 

   


                                                  

 
 

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