FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2006

 
 

Circa seicentocinquanta milioni di persone, il dieci per cento dell’intera popolazione mondiale, deve fare i conti con disabilità di varia natura – Un comitato ad hoc delle Nazioni Unite ha recentemente messo a punto una bozza di convenzione che una volta adottata e ratificata impegnerà gli Stati a tutelarne i diritti – Fra questi c’è in primo piano il diritto all’istruzione, che deve essere garantito indipendentemente dalle condizioni psicofisiche del singolo  

 

 

Gli Stati devono garantire a tutti l’accesso all’istruzione, alla formazione e all’educazione permanente, applicando i sussidi, le tecniche educative e le forme di comunicazione più adeguate. Gli alunni che ne hanno necessità devono ottenere misure di sostegno, gli alunni non vedenti o non udenti devono ricevere gli insegnamenti con i sistemi di comunicazione più idonei, da insegnanti che conoscano il Braille o il linguaggio gestuale. L’istruzione dei disabili deve stimolare la loro partecipazione sociale, il loro senso di dignità e di autostima e lo sviluppo del loro potenziale, della personalità, della creatività e delle attitudini”. È un articolo, il ventiquattresimo, della bozza di convenzione per la tutela dei diritti delle persone disabili che è stato approvato alcune settimane or sono a New York da un comitato ad hoc delle Nazioni Unite. Una volta che sarà stata adottata e ratificata, questa convenzione impegnerà gli Stati a garantire una serie di misure giuridicamente vincolanti, volte a superare le conseguenze di un handicap individuale che interessa, nelle più varie forme, circa seicentocinquanta milioni di persone: un decimo dell’intera umanità.

Nel dibattito che ha accompagnato la stesura del documento, è stato messo in luce come le persone affette da disabilità di varia natura costituiscano un gruppo umano fra i più marginalizzati. Non tanto perché siano privati dei diritti, quanto per il fatto che la loro condizione psichica o fisica rende per loro assai problematica la fruizione di ogni singolo diritto. Per esempio nessuno contesta che un invalido possa e debba partecipare come chiunque altro alla vita politica, quindi esercitare il diritto di voto: ma se il tragitto verso la cabina elettorale è disseminato di barriere architettoniche, questo diritto rimane pura astrazione per chi è costretto a muoversi in carrozzella. Di fatto, siamo di fronte a una vera e propria discriminazione. Uno dei punti della convenzione proposta alle Nazioni Unite impegna gli Stati a rimuovere quelle barriere da ogni struttura pubblica, e a promuoverne la rimozione anche da quelle private.

Un altro punto fondamentale prevede la costituzione di “punti focali” presso i governi, che possono far capo per esempio ai ministeri della sanità, o della solidarietà sociale, o dell’istruzione, con l’incarico di coordinare la materia in ogni singolo Stato. Non si tratta soltanto di rimuovere barriere fisiche, ma anche di combattere pregiudizi ancora largamente diffusi, in modo che ad ogni cittadino, indipendentemente dalla sua condizione fisica, possa essere garantito l’accesso a qualsiasi occupazione che corrisponda alle sue competenze.

Per quanto riguarda l’istruzione, la disabilità è un fattore di esclusione tanto più generale quanto più ridotto è il tasso di scolarizzazione in ogni singola realtà nazionale o locale. Nei Paesi in cui la frequentazione scolastica è più scarsa, quella dei bambini e dei ragazzi disabili tende a essere vicina allo zero assoluto. Dove invece tutti, o quasi, vanno a scuola si pone il problema degli interventi specifici raccomandati dall’articolo 24 citato più sopra. Non di rado il ragazzo disabile si trova in una condizione analoga a quella del cittadino in carrozzella che non può raggiungere la cabina elettorale: sta in classe con gli altri ma non può come gli altri interagire efficacemente con chi siede in cattedra. Di qui la necessità di azioni integrative e dei docenti di sostegno.

All’inizio di questo anno scolastico, pochi giorni dopo l’approvazione della bozza di convenzione delle Nazioni Unite, il Sindacato famiglie italiane diverse abilità (l’acronimo è Sfida, quanto mai appropriato) ha fatto pervenire un appello ai ministeri della pubblica istruzione, della solidarietà sociale, della famiglia, della giustizia e dell’economia. Vi si ricorda la drammatica insufficienza degli insegnanti di sostegno nelle scuole italiane e vi si chiedono due cose: che questa situazione venga corretta e capovolta, che si apra una concertazione “per la garanzia del diritto allo studio dei ragazzi disabili”. Qualche settimana più tardi il governo ha varato la legge finanziaria per il 2007, che ha doverosamente scongiurato il rischio, più volte ventilato allo scopo di limitare le spese, di una modifica del rapporto docenti-docenti di sostegno che avrebbe di fatto ridotto il numero di questi ultimi. Si può parlare in questa circostanza di scampato pericolo, ma la strada da percorrere è ancora molto lunga.

 

                                                                   r. f. l. 

 

   


                                                  

 
 

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