FOGLIO LAPIS - OTTOBRE - 2005

 
 

Una bambina che confina il matrimonio nel mondo della fiaba e un bambino che crede impossibile poter sposare un’estranea: infatti il suo babbo ha sposato la sua mamma e lo zio è felicemente coniugato con la zia – Il problema si complica quando vanno a nozze Sì e No: la loro risposta alla fatidica domanda pone infatti intricate questioni d’identità – Del resto qualcuno vuole vederci chiaro: Sì e No, chi è l’uomo, chi la donna?

 

Di Pàvela in Pavèla, dice Gianni Rodari:

Ricordo un dialogo con una bambina di tre anni, che mi chiedeva: 

– E dopo, che cosa farò?

– Dopo andrai a scuola.

– E dopo?

– E dopo in un'altra scuola. per imparare più cose.

– E dopo ancora?

– Diventerai grande, ti sposerai...

– Eh. no...

– Perché?

Ma perché io non sono mica nel mondo delle fiabe, sono in quello delle cose vere.

"Sposarsi", dice Rodari, "era per lei un verbo delle fiabe, il verbo finale, il destino delle principesse e dei principi: in un mondo che non era il suo. Da questo punto dì vista, la fiaba rappresenta un'utile iniziazione all'umanità: al mondo dei destini umani, come ha scritto Italo Calvino nella prefazione alle Fiabe italiane; al mondo della storia".

Questa è la Pavèla come me l'ha disegnata a Soraga, in Val di Fassa, la Giovanna, chiamata la "Giò", prefisso dei Gio–chi che fa coi nipoti, i Bec. "Bec" è il cognome ladino di tutti i bambini della Val di Fassa. La loro Pavèla è questa:

 

  

 

Vedete?  È’ come una sottana–montagna–girasole. A me ricorda tanto l'Amiata, che ha proprio questa forma: è la montagna più alta che si veda da Cortona...  La chiamo "Pàvela", perché è così che la Nanna chiamava la Paola... "Come sta la tu'  Pàvela?", mi chiedeva la Nanna, la mia Ninna–Nanna...

A che cosa mi serve ancora la pavèla?

A costruirmi strutture mentali, a porre rapporti come "io, gli altri", "io, le cose", "le cose vere, le cose inventate".  Mi serve a prendere distanze nello spazio,  "lontano, vicino" e nel tempo, "una volta, adesso",  "prima, dopo", "ieri, oggi" ... A fare i viaggi. L'ultimo che ho fatto, è stato in Corsica, lo scrivo in corsivo, perché l'ho fatto da sveglio, dal vivo, non dentro una fiaba.  Tra un corso e un discorso e l’altro, ecco un dialogo tra bambina e bambino raccolto in viaggio:

Bambina: "Da grande, ti voglio sposare".

Bambino: "Credo che non sarà possibile?".

Bambina: "Perché?"

Bambino: "Perché in casa mia, ci si sposa tutti fra parenti: il mio zio ha sposato la mia zia, il mio nonno la nonna..."       

"È come la somma dei numeri Pari, questa faccenda!", esclamo io, e lo faccio osservare ai Bec che pendono dalle mie labbra come le mucche sui ripidi prati alpini, che non so proprio come fanno a starci ritte… a non precipitare giù come una valanga!

"Sì!...  È come la somma dei numeri pari, il discorso che ha fatto questo bambino a questa bambina", dico ai Bec stesi ai miei piedi: "perché: Pari + Pari = Pari... Cioè, l'insieme dei numeri Pari è chiuso rispetto alla somma, come il matrimonio lo è per questo bambino... I Dispari non si comportano così!... Infatti,  Dispari + Dispari = Pari.  Ecco!" E faccio un esempio dietro l'altro… a infinire.  Quindi, racconto ai Bec una pavèla che mi ha raccontata la Giò:

"Un bel giorno, e No decidono di sposarsi...

SIN' OGGI SPOSI diceva lo striscione al nastro di partenza. Alla fatidica domanda: – No, vòi tu sposare Sì? – No rispose: – Sì –.  Era la prima volta in vita sua, che lo diceva!… Per la prima volta, No disse Sì.  Simmetricamente, per gentilezza, alla domanda – Sì, vòi tu sposare No? – rispose: – No –"...Vi chiedo: "È valido il loro matrimonio?... Pensateci! Non mi rispondete subito.  È  un compito da svolgere accasa insieme al babbo e alla mamma, al nonno e alla nonna, insieme a zii, cugini... cognate e cotognate... insieme a tutti quelli che trovate accasa".

Alcuni giorni dopo, il parco giochi di Soraga, era pieno di Bec accompagnati da babbi mamme nonne nonni zii cugini cognate barattoli di cognate cotognate messe in parallelepipedi rettangoli solidi come quelli di "c'era una volta la cotognata" come merendina a scuola.  Davanti a tutti, feci lo schema:

Pari + Pari = Pari

Disparì + Dispari = Pari

e ripetei la pavèla: "Un bel giorno,  No e Sì decidono di sposarsi... No dice Sì... Era la prima volta che lo diceva! Sì, per gentilezza, dice No... Vi chiedo: È  valido il loro matrimonio?".

Intanto, ci fu chi voleva sapere con certezza chi era il maschio e chi era la femmina.

Risposi: "È lo stesso... Me stesso. Tu stesso. Sé stesso... Può essere No e può essere Sì... Chi disse Sì e chi disse No. Chi è No è No. E chi è Sì è Sì... Non vi appare?... Che vi appare?... Un uomo o una donna?".

La maggioranza disse che il matrimonio non era valido per il semplice fatto che ì due contraenti non devono essere influenzati, ma dire tutti e due Sì.

La Giò disse che avrebbe raccolto No e Sì come i funghi in un fazzoletto e li avrebbe trasvolati in un altro pianeta dove nessuno è più costretto a questo stress di dichiarazione di identità.

Una nonna disse che erano tutti ancora lì a dire No e Sì.

La Gè, sorella della Giò, avrebbe fatto ripetere il matrimonio e renderlo valido mediante un compromesso: tutti e due, No e Sì, avrebbero dovuto rispondere "Ni".

– Ho trovato! – disse uno finalmente.

– Cosa ? – domandarono tutti.

– Il loro matrimonio, disse – è valido così:  – No deve dire "No", perché No e No = Sì, e Sì deve dire "Sì".  Ma è valido anche come è stato fatto, con No che dice "Sì" per la prima volta in vita sua e Sì che dice "No", perché amare è perdere... perdersi l'uno nell'altro, fino a ritrovarsi. A questo punto, la Pavèla, come una farfalla , volò via. Chi dice fosse bianca, chi gialla, chi azzurra... Di che colore era?... maschio o femmina?... Mangiano le farfalle?... E, se sì, mangiano a mezzodì?... Sennì, è valido anche per loro lo schema No e No = Sì?... Sì... con l'amore è diverso! Come i Dispari riguardo alla somma, l’amore è un sistema aperto.  E disparì…

Poi come gente stata sotto larve
che pare altro che prima, se si sveste,
la sembianza non loro, in che disparve?

 

                                                   Filippo Nibbi

                                                                                        

 

 
 

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