Una
bambina che confina il matrimonio nel mondo della fiaba e
un bambino che crede impossibile poter sposare
un’estranea: infatti il suo babbo ha sposato la sua
mamma e lo zio è felicemente coniugato con la zia – Il
problema si complica quando vanno a nozze Sì e No: la
loro risposta alla fatidica domanda pone infatti intricate
questioni d’identità – Del resto qualcuno vuole
vederci chiaro: Sì e No, chi è l’uomo, chi la donna?
Di Pàvela in Pavèla, dice Gianni Rodari:
Ricordo un dialogo con una bambina di tre anni, che mi
chiedeva:
– E dopo, che cosa farò?
– Dopo andrai a scuola.
– E dopo?
– E dopo in un'altra scuola. per imparare più
cose.
–
E dopo ancora?
– Diventerai grande, ti sposerai...
– Eh. no...
– Perché?
– Ma perché io non sono mica nel mondo delle
fiabe, sono in quello delle cose vere.
"Sposarsi", dice Rodari, "era per lei un
verbo delle fiabe, il verbo finale, il destino delle
principesse e dei principi: in un mondo che non era il suo.
Da questo punto dì vista, la fiaba rappresenta un'utile
iniziazione all'umanità: al mondo dei destini umani, come
ha scritto Italo Calvino nella prefazione alle Fiabe
italiane; al mondo della storia".
Questa
è la Pavèla come me l'ha disegnata a Soraga, in Val di
Fassa, la Giovanna, chiamata la "Giò", prefisso
dei Gio–chi che fa coi nipoti, i Bec. "Bec" è
il cognome ladino di tutti i bambini della Val di Fassa. La
loro Pavèla è questa:
Vedete? È’
come una sottana–montagna–girasole. A me ricorda tanto
l'Amiata, che ha proprio questa forma: è la montagna più
alta che si veda da Cortona...
La chiamo "Pàvela", perché è così che
la Nanna chiamava la Paola... "Come sta la tu'
Pàvela?", mi chiedeva la Nanna, la mia
Ninna–Nanna...
A che cosa mi serve ancora la pavèla?
A costruirmi strutture mentali, a porre rapporti come
"io, gli altri", "io, le cose", "le
cose vere, le cose inventate".
Mi serve a prendere distanze nello spazio,
"lontano, vicino" e nel tempo, "una
volta, adesso", "prima,
dopo", "ieri, oggi" ... A fare i viaggi.
L'ultimo che ho fatto, è stato in Corsica, lo scrivo
in corsivo, perché l'ho fatto da sveglio, dal vivo,
non dentro una fiaba. Tra
un corso e un discorso e l’altro, ecco un dialogo tra
bambina e bambino raccolto in viaggio:
Bambina: "Da grande, ti voglio sposare".
Bambino: "Credo che non sarà possibile?".
Bambina: "Perché?"
Bambino: "Perché in casa mia, ci si sposa tutti fra
parenti: il mio zio ha sposato la mia zia, il mio nonno la
nonna..."
"È come la somma dei numeri Pari, questa
faccenda!", esclamo io, e lo faccio osservare ai Bec
che pendono dalle mie labbra come le mucche sui ripidi prati
alpini, che non so proprio come fanno a starci ritte… a
non precipitare giù come una valanga!
"Sì!...
È come la somma dei numeri pari, il discorso che ha
fatto questo bambino a questa bambina", dico ai Bec
stesi ai miei piedi: "perché: Pari + Pari = Pari...
Cioè, l'insieme dei numeri Pari è chiuso rispetto alla
somma, come il matrimonio lo è per questo bambino... I
Dispari non si comportano così!... Infatti,
Dispari + Dispari = Pari.
Ecco!" E faccio un esempio dietro l'altro… a infinire.
Quindi, racconto ai Bec una pavèla che mi ha
raccontata la Giò:
"Un bel giorno, Sì e No decidono di
sposarsi...
SIN' OGGI SPOSI diceva lo striscione al nastro di partenza.
Alla fatidica domanda: – No, vòi tu sposare Sì? – No
rispose: – Sì –. Era
la prima volta in vita sua, che lo diceva!… Per la prima
volta, No disse Sì. Simmetricamente,
per gentilezza, alla domanda – Sì, vòi tu sposare No?
– Sì
rispose: – No –"...Vi chiedo: "È valido il
loro matrimonio?... Pensateci! Non mi rispondete subito.
È un compito da svolgere accasa insieme al babbo e alla mamma,
al nonno e alla nonna, insieme a zii, cugini... cognate e
cotognate... insieme a tutti quelli che trovate
accasa".
Alcuni
giorni dopo, il parco giochi di Soraga, era pieno di Bec
accompagnati da babbi mamme nonne nonni zii cugini cognate
barattoli di cognate cotognate messe in parallelepipedi
rettangoli solidi come quelli di "c'era una volta la
cotognata" come merendina a scuola.
Davanti a tutti, feci lo schema:
Pari + Pari = Pari
Disparì + Dispari = Pari
e
ripetei la pavèla: "Un bel giorno,
No e Sì decidono di sposarsi... No dice Sì... Era
la prima volta che lo diceva! Sì, per gentilezza, dice
No... Vi chiedo: È valido
il loro matrimonio?".
Intanto, ci fu chi voleva sapere con certezza chi era
il maschio e chi era la femmina.
Risposi: "È lo stesso... Me stesso. Tu stesso. Sé
stesso... Può essere No e può essere Sì... Chi disse Sì
e chi disse No. Chi è No è No. E chi è Sì
è Sì... Non vi appare?... Che vi appare?... Un uomo
o una donna?".
La
maggioranza disse che il matrimonio non era valido per il
semplice fatto che ì due contraenti non devono essere
influenzati, ma dire tutti e due Sì.
La Giò disse che avrebbe raccolto No e Sì come i
funghi in un fazzoletto e li avrebbe trasvolati in un altro
pianeta dove nessuno è più costretto a questo stress di
dichiarazione di identità.
Una nonna disse che erano tutti ancora lì a dire No e
Sì.
La Gè, sorella della Giò, avrebbe fatto ripetere il
matrimonio e renderlo valido mediante un compromesso: tutti
e due, No e Sì, avrebbero dovuto rispondere "Ni".
– Ho trovato! – disse uno finalmente.
– Cosa ? – domandarono tutti.
– Il loro matrimonio, disse – è valido così:
– No deve dire "No", perché No e No = Sì,
e Sì deve dire "Sì".
Ma è valido anche come è stato fatto, con No che
dice "Sì" per la prima volta in vita sua e Sì
che dice "No", perché amare è perdere...
perdersi l'uno nell'altro, fino a ritrovarsi. A questo
punto, la Pavèla, come una farfalla , volò via. Chi dice
fosse bianca, chi gialla, chi azzurra... Di che colore
era?... maschio o femmina?... Mangiano le farfalle?... E, se
sì, mangiano a mezzodì?... Sennì, è valido anche
per loro lo schema No e No = Sì?...
Sì... con l'amore è diverso! Come i Dispari riguardo alla
somma, l’amore è un sistema aperto.
E disparì…
- Poi come gente stata sotto larve
- che pare altro che prima, se si sveste,
- la sembianza non loro, in che disparve?
Filippo
Nibbi
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