Dubbi
e incertezze dopo l’incontro fra governo e regioni sulla
riforma del secondo ciclo – Mentre il ministro Letizia
Moratti accetta di rinviare di un anno l’entrata in
vigore del nuovo ordinamento e di sospenderne la
sperimentazione, la sua parte politica insiste in
parlamento sulle scadenze originariamente fissate – Si
profila, fra le varie ipotesi, una proroga della delega
oltre il 17 ottobre, quando il governo dovrebbe approvare
lo schema di decreto
C’erano molte aspettative alla vigilia dello scorso
15 settembre, quando i rappresentanti del governo avevano in
programma la discussione dello schema di decreto
legislativo sulla riforma del secondo ciclo
dell’istruzione, presentato dal ministro Letizia Moratti,
con i rappresentanti delle regioni. Una riunione cruciale,
perché la struttura del modello predisposto dai tecnici del
ministero va precisamente a colpire, attraverso la
“licealizzazione” dell’istruzione professionale,
proprio una fra le più tipiche competenze regionali.
L’incontro ha immediatamente evidenziato una netta
spaccatura fra le sedici regioni amministrate dal
centrosinistra e le quattro (Veneto, Lombardia, Molise,
Sicilia) in cui ancora sono al potere governo di
centrodestra. Sono stati proprio sedici voti contro quattro
a manifestare un “parere fermamente negativo
sull’impianto… e sul testo” del decreto. Parere
negativo dunque, ma non per questo meno liberatorio dal
punto di vista dell’iter legislativo: si tratta infatti di
un passo formale necessario per procedere verso il varo
della riforma, attraverso i passi ulteriori dei pareri
parlamentari e dell’approvazione definitiva da parte del
governo.
La maggioranza dei rappresentanti regionali ha
accettato di dare il via libera al sistema degli otto licei,
sia pure come si è visto con accenti fortemente critici,
dopo che il ministro Moratti aveva a sua volta accettato due
condizioni: la proroga dell’avvio della riforma, che
nell’intenzione originaria doveva partire con l’anno
scolastico 2006/07, al 2007/08, e la rinuncia a ogni
sperimentazione preventiva. Ma subito dopo l’incontro del
15 settembre si è registrata una frattura profonda fra il
ministro e la sua parte politica: autorevoli esponenti di
Forza Italia hanno infatti annunciato di n on essere affatto
d’accordo né sul rinvio della riforma, né
sull’annullamento della sperimentazione. Questi propositi
hanno trovato puntuale conferma in parlamento, dove Fabio
Garagnani, relatore di maggioranza alla commissione cultura
della camera dei deputati, ha ufficialmente proposto il
ripristino delle versioni originarie.
Poiché ormai incombe la scadenza della delega, per
cui lo schema di decreto dovrebbe essere definitivamente
adottato dal consiglio dei ministri entro il 17 ottobre, ci
si chiede a questo punto che cosa accadrà. Fra le ipotesi
più accreditate una proroga della delega, che permetta un
ulteriore confronto fra governo e regioni. Ma non si può
escludere la possibilità che il ministero riesca a
convincere i riottosi della maggioranza che le due
condizioni sono un prezzo accettabile per portare comunque
in porto la riforma, né quella che, non riuscendo
quest’opera di persuasione., la delega venga fatta
semplicemente decadere.
La vicenda è complicata dalla particolare congiuntura
politica. I partiti stanno scaldando i muscoli in vista
della campagna elettorale per il voto politico della
prossima primavera e questo, se da un lato induce le parti a
irrigidirsi sulle rispettive posizioni, dall’altro
subordina l’intera materia a considerazioni connesse con
l’esito delle elezioni. Se il risultato dovesse rovesciare
l’attuale assetto politico, come molti sondaggi danno
quasi per scontato, e dunque la futura maggioranza di
governo dovesse coincidere con quella delle regioni, il
rinvio della riforma potrebbe preludere a una sua radicale
revisione. La competenza regionale sulla formazione
professionale verrebbe ripristinata nella sua integrità, e
soprattutto si cercherebbe di eliminare la ghigliottina
della scelta precoce, e secondo i critici praticamente
irreversibile, nonostante
l’asserita permeabilità dei due modelli, fra liceo e
formazione professionale.
Come sempre quando si avvia una riformulazione dei
percorsi scolastici, si prospetta il problema, transitorio
dal punto di vista generale ma non per questo meno
impegnativo per i singoli, di quei ragazzi che si trovano
alla vigilia del secondo ciclo. Per i prossimi anni,
considerando anche che le iscrizioni si fanno in gennaio per
l’anno scolastico che comincia in settembre, costoro, o
per meglio dire la parte di costoro che intende avviarsi
lungo percorsi che da tecnico-professionali potrebbero
diventare liceali, vivranno nella totale incertezza sul loro
curriculum. Anche per questo sarebbe opportuno che alla
contrapposizione attuale fra le forze politiche si
sostituisse la volontà di cercare un’intesa, sia pure
attorno al minimo comun denominatore delle innovazioni di
cui si condivide l’urgenza.
f.s.
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