FOGLIO LAPIS - OTTOBRE 2003

 
 

Possono essere dolori, se a farti girar la testa è una ragazza-ladra - Quante evoluzioni con gli accrescitivi e i diminutivi, e quante sorprese fra le lapidi di un cimitero – Una Spoon River dei nomi in quel di Reggiolo, provincia di Reggio Emilia – Perché non trarre ispirazione onomastica da una cosa tanto beneaugurante come il proclama della vittoria? – Una piccola storia di palloni frenati e palloni gonfiati

 

Questo modo di congegnare la Fantastica l’ho sperimentato all’inizio di quest’anno scolastico 2003-2004 insieme a ragazze e ragazzi della scuola media di Reggiolo, in provincia di Reggio Emilia, sicuramente perché la “Grammatica della Fantasia” di Gianni Rodari è dedicata “Alla città di Reggio Emilia”. Non c’è altra ragione. Non per selezionare “i più bravi in immaginazione” come si selezionano “i più bravi in matematica”, ma per ridare “tutti gli usi della parola a tutti”. Ecco perché.

Non c’è parola che si possa comprendere se si va a fondo”, dicevo a Graziano e agli altri ragazzi e ragazze. “Le parole sono come la pellicola superficiale su un’acqua profonda”, dicevo ripescando Paul Valéry e Wittgenstein. Graziano era stato in agosto in Sardegna, a Calagonone, e s’era preso una cotta per una ragazza-ladra molto più grande di lui, ma molto!, un tipo da Salsomaggiore, che, da come la descriveva, si capiva che poteva andar bene per il concorso di “Miss Italia”. Ci fu una ragazza che disse che quel concorsone le era parso un “mattone”. Un ragazzo le rispose che “mattone”, secondo lui, voleva dire “un grande matto”. “un matto grosso”, lo riprese un altro ragazzo… “Un Mato Grosso”, riprese la ragazza di prima. E fummo in Brasile, nei pressi della foresta amazzonica senza cipressi. “Allora… mattino può significare un matto piccino”, prosegue un’altra ragazza. E il congegno è messo in moto.

Vedete?”, ripresi: “Le parole sono come la pellicola superficiale su un’acqua profonda… Proprio così”.

All’insegnante di Lettere venne l’idea di uscire per Reggiolo a ritrovare le parole tra la gente. “Perché non passiamo anche dal cimitero?”, suggerisce l’insegnante. E passammo di lì.

Qui le sorprese sono state da non credere.

Cimit’ero qui”, dicevo a ragazze e ragazzi, “e qui… e qui… e qui… cimit’ero”. In che mondo eravamo de-capitati? In che modo?

Leggevamo questi nomi, propri, di persona, sopra le tombe che avevano più anni delle altre:

         Maniglio                                                                  

         Portiglio

         Sperindio

         Credindio

          Amadio

         Firmato

         Folla

         Rimes

         Uber…

Nomi da non credere! Eppure, era vero. È vero. Sono scritti sopra le tombe del cimitero di Reggiolo, in provincia di Reggio Emilia.

Perché Maniglio?… Perché Portiglio?”, chiedevo: “Voi lo chiamereste un fratellino, oggi, con uno di questi nomi?”.

Erano chiaramente nomi ricavati da un oggetto di casa. La porta, e dalla sua maniglia. “Ci può essere un uomo a forma di porta?”, dissi. “Chi può essere?”, proseguì l’insegnante di Lettere: “… Può essere anche una donna: PortigliaIanua Coeli, la Madonna”. “Sperindio”, “Credindio”, “Amadio”, questi tre nomi di persona parevano scritti per dirci che l’insegnante aveva proprio ragione. S’era messa sulla strada giusta. La dovevamo seguire.

Ecco “Firmato”… “Perché Firmato?”, chiese una ragazza.

L’insegnante diceva che, finita la prima guerra mondiale, il bollettino della vittoria finiva con “Firmato Diaz”. Fu una guerra combattuta da contadini, che rimasero folgorati da quel “Firmato”, e un contadino di Geggiolo lo rimise come nome proprio a un figlio avuto durante una licenza. Dissi: “Però, “il Filmato di ogni guerra è orribile!”. E un ragazzo pianse.

Si ricordava una storia di famiglia, di un soldato suo parente che morì sui “palloni frenati”. Lo avevano messo su un “pallone frenato”, e da lì doveva indicate l’avanzamento di carriera o altro delle truppe austriache, perché un “pallone gonfiato” aveva avuto quest’idea: di mettere i contadini sui palloni frenati con un cannocchiale per dire dove si trovavano gli austriaci dopo Caporetto. Per gli Austriaci era come tirare ai palloncini del tirassegno. Miravano e, giù!, un palloncino col suo contadino, come la Piccola Vedetta Lombarda e De Amicis intorno al Cuore.

Il monumento ai contadini che morirono, durante la prima guerra mondiale, sui “palloni frenati”, è questo:

 

 

Ma si trova a Barcellona, vicino al mare.

È una maschera fatta con le lamiere di un carro armato. Un aquilone d’acciaio. “Tu te n’andrai con questo antivedere”, recita ai palloni gonfiati di tutto il mondo.

Gli altri nomi letti sopra le tombe di Reggiolo sono: “Folla, Rimes, Uber…”.

         Congegnammo, allora, un manifesto a forma di striscione:

         “FOLLA UNITA VITTORIA SEMPRE”.

         Finii, che dicevo:

Le parole graziano Graziano… Ma Graziani, no! Perché fu un repubblichino e, in generale, un generale: un pallone gonfiato”.

 

                                                                          Filippo Nibbi
                                               

                                                                      

 

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