Possono
essere dolori, se a farti girar la testa è una
ragazza-ladra - Quante evoluzioni con gli accrescitivi e i
diminutivi, e quante sorprese fra le lapidi di un cimitero
– Una Spoon River dei nomi in quel di Reggiolo,
provincia di Reggio Emilia – Perché non trarre
ispirazione onomastica da una cosa tanto beneaugurante
come il proclama della vittoria? – Una piccola storia di
palloni frenati e palloni gonfiati
Questo
modo di congegnare la Fantastica l’ho sperimentato
all’inizio di quest’anno scolastico 2003-2004 insieme a
ragazze e ragazzi della scuola media di Reggiolo, in
provincia di Reggio Emilia, sicuramente perché la
“Grammatica della Fantasia” di Gianni Rodari è dedicata
“Alla città di Reggio Emilia”. Non c’è altra
ragione. Non per selezionare “i più bravi in
immaginazione” come si selezionano “i più bravi in
matematica”, ma per ridare “tutti gli usi della parola a
tutti”. Ecco perché.
“Non
c’è parola che si possa comprendere se si va a fondo”,
dicevo a Graziano e agli altri ragazzi e ragazze. “Le
parole sono come la pellicola superficiale su un’acqua
profonda”, dicevo ripescando Paul Valéry e Wittgenstein.
Graziano era stato in agosto in Sardegna, a Calagonone, e
s’era preso una cotta per una ragazza-ladra molto più
grande di lui, ma molto!, un tipo da Salsomaggiore, che, da
come la descriveva, si capiva che poteva andar bene per il
concorso di “Miss Italia”. Ci fu una ragazza che disse
che quel concorsone le era parso un “mattone”. Un
ragazzo le rispose che “mattone”, secondo lui, voleva
dire “un grande matto”. “un matto grosso”, lo
riprese un altro ragazzo… “Un Mato Grosso”, riprese la
ragazza di prima. E fummo in Brasile, nei pressi della
foresta amazzonica senza cipressi. “Allora… mattino
può significare un matto piccino”, prosegue
un’altra ragazza. E il congegno è messo in moto.
“Vedete?”,
ripresi: “Le parole sono come la pellicola superficiale su
un’acqua profonda… Proprio così”.
All’insegnante
di Lettere venne l’idea di uscire per Reggiolo a ritrovare
le parole tra la gente. “Perché non passiamo anche dal
cimitero?”, suggerisce l’insegnante. E passammo di lì.
Qui
le sorprese sono state da non credere.
“Cimit’ero
qui”, dicevo a ragazze e ragazzi, “e qui… e qui… e
qui… cimit’ero”. In che mondo eravamo de-capitati? In
che modo?
Leggevamo
questi nomi, propri, di persona, sopra le tombe che avevano
più anni delle altre:
Maniglio
Portiglio
Sperindio
Credindio
Amadio
Firmato
Folla
Rimes
Uber…
Nomi
da non credere! Eppure, era vero. È vero. Sono scritti
sopra le tombe del cimitero di Reggiolo, in provincia di
Reggio Emilia.
“Perché
Maniglio?… Perché Portiglio?”, chiedevo:
“Voi lo chiamereste un fratellino, oggi, con uno di questi
nomi?”.
Erano
chiaramente nomi ricavati da un oggetto di casa. La porta, e
dalla sua maniglia. “Ci può essere un uomo a forma di
porta?”, dissi. “Chi può essere?”, proseguì
l’insegnante di Lettere: “… Può essere anche una
donna: Portiglia… Ianua Coeli, la
Madonna”. “Sperindio”, “Credindio”, “Amadio”,
questi tre nomi di persona parevano scritti per dirci che
l’insegnante aveva proprio ragione. S’era messa sulla
strada giusta. La dovevamo seguire.
Ecco
“Firmato”… “Perché Firmato?”, chiese una ragazza.
L’insegnante
diceva che, finita la prima guerra mondiale, il bollettino
della vittoria finiva con “Firmato Diaz”. Fu una guerra
combattuta da contadini, che rimasero folgorati da quel
“Firmato”, e un contadino di Geggiolo lo rimise come
nome proprio a un figlio avuto durante una licenza. Dissi:
“Però, “il Filmato di ogni guerra è
orribile!”. E un ragazzo pianse.
Si
ricordava una storia di famiglia, di un soldato suo parente
che morì sui “palloni frenati”. Lo avevano messo su un
“pallone frenato”, e da lì doveva indicate
l’avanzamento di carriera o altro delle truppe austriache,
perché un “pallone gonfiato” aveva avuto quest’idea:
di mettere i contadini sui palloni frenati con un
cannocchiale per dire dove si trovavano gli austriaci dopo
Caporetto. Per gli Austriaci era come tirare ai palloncini
del tirassegno. Miravano e, giù!, un palloncino col suo
contadino, come la Piccola Vedetta Lombarda e De
Amicis intorno al Cuore.
Il
monumento ai contadini che morirono, durante la prima guerra
mondiale, sui “palloni frenati”, è questo:
Ma
si trova a Barcellona, vicino al mare.
È
una maschera fatta con le lamiere di un carro armato. Un
aquilone d’acciaio. “Tu te n’andrai con questo
antivedere”, recita ai palloni gonfiati di tutto il mondo.
Gli
altri nomi letti sopra le tombe di Reggiolo sono: “Folla,
Rimes, Uber…”.
Congegnammo, allora, un
manifesto a forma di striscione:
“FOLLA UNITA VITTORIA
SEMPRE”.
Finii, che dicevo:
“Le
parole graziano Graziano… Ma Graziani, no! Perché fu un
repubblichino e, in generale, un generale: un pallone
gonfiato”.
-
Filippo
Nibbi
-
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