Mentre
chiude dopo quindici anni di attività l’accademia del
circo di Cesenatico, depositaria di un antico retaggio
culturale, nasce a Napoli una scuola destinata a sfornare
le quinte viventi per gli spettacoli del varietà
televisivo – Un’aspra polemica ha investito questa
discutibile destinazione di risorse pubbliche, ma forse
l’accento andrebbe più efficacemente posto sulla
conferma, implicita nei due episodi, di una desolante
eclissi del buon gusto
Aveva quindici
anni di vita e aveva diplomato, avviandoli alla professione
circense, una settantina di artisti oggi all’opera nei più
importanti circhi italiani ed europei. Ma l’accademia del
circo, fondata nel 1988 a Verona e due anni dopo trasferita
a Cesenatico in una ex colonia marina, ha dovuto chiudere i
battenti. Troppi debiti, nonostante un contributo del
ministero per i beni culturali che copriva l’ottantacinque
per cento dei costi. Si è pensato per qualche tempo a un
trasloco verso una sede meno isolata e più facilmente
raggiungibile, che incoraggiasse un maggior numero di
iscrizioni e un sostanziale rilancio, ma il progetto è
naufragato nel disinteresse generale.
A questo punto il
destino della scuola di Cesenatico pareva ormai segnato.
L’ultimo anno scolastico si è concluso all’inizio
dell’estate e gli ultimi diciotto allievi (italiani,
francesi, belgi, tedeschi e rumeni) se ne sono andati
all’inizio dell’estate. Lo hanno fatto senza nemmeno
impegnarsi nel tradizionale saggio di fine anno, in cui
erano soliti mostrare le loro abilità di giocolieri, clown,
acrobati. Scompare dunque la sola scuola italiana di arti
circensi (in Francia ce ne sono 200, generosamente
finanziate con risorse pubbliche), depositaria di un antico
retaggio culturale, dotata fra l’altro di una biblioteca e
un archivio sulla storia del circo. Ma c’è ancora un
esile filo di speranza, ci dice Egidio Palmiri, fondatore e
presidente dell’accademia: la concessione da parte del
comune di Milano di un terreno pubblico sul quale si
potrebbe riprendere l’attività entro strutture
temporanee, nella prospettiva di un futuro trasferimento in
una sede fissa.
Negli stessi
giorni in cui i giornali davano notizia della chiusura
dell’accademia circense (era l’inizio dello scorso
luglio), un altro annuncio invadeva le prime pagine. Per una
scuola scomparsa eccone un’altra che inizia la sua attività.
E ancora una volta abbiamo a che fare con il mondo dello
spettacolo. Ma non c’è da consolarsi troppo, la somma
algebrica dei due eventi è purtroppo decisamente negativa.
La nuova scuola è infatti destinata a formare e sfornare
“veline”: una sorta di quinte viventi, sculettanti e
ammiccanti per il varietà televisivo. La regione Campania
aveva finanziato l’iniziativa, si era fatto ricorso anche
a fondi europei, era stato stanziato la bella cifra di un
milione e 200 mila euro. Ed ecco centinaia di ragazze, 1200
nei primi giorni, che si presentano alle selezioni, essendo
a quanto pare quella di velina una professione molto ambita.
E i promotori della scuola assicurano che per chi l’avrà
frequentata con successo ci saranno almeno 57 posti di
lavoro disponibili.
Naturalmente
esplode immediata la polemica, come al solito in Italia
intrisa di succhi politici che con la concretezza del caso
non hanno niente a che fare: la regione Campania è
amministrata dalla sinistra e allora la destra attacca
questa decisione contraddittoria rispetto alla tradizione
femminista, che è tipica appunto delle forze progressiste.
La questione viene infatti impostata prevalentemente
sull’ottica dell’uso spettacolare e della mercificazione
del corpo femminile, oltre che sul punto cruciale della
fabbrica di facili illusioni e dunque di amare delusioni. I
promotori si difendono sottolineando che si tratta di
formare professionalmente delle figuranti dello spettacolo,
che l’avvento del digitale moltiplicherà i canali
televisivi e quindi questo genere di attività. Insomma che
male c’è, a adeguare l’offerta formativa a una
professione così promettente?
Sembra evidente
che la questione andrebbe più correttamente impostata
nell’ottica del buon gusto: e su questo piano le
perplessità, le riserve e le critiche sono politicamente
indifferenziate. Per vederci chiaro basta confrontare
l’iniziativa che parte a Napoli con quella tramontata a
Cesenatico. Denaro pubblico che manca per tenere in vita
un’istituzione accademica di alto livello, e di
affascinante contenuto, denaro pubblico che viene impiegato
per una scuola di comparse. Da una parte gli specialisti del
circo, depositari di tecniche raffinatissime e legati a una
tradizione di rigoroso addestramento, dall’altra le
veline, titolari di una competenza professionale che non
richiede certamente sforzi formativi della stessa intensità.
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f.s.
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