Gli
episodi di violenza fra compagni di scuola, non di rado
divisi in bande, sono un fenomeno assai diffuso in molti
paesi – C’è stata a lungo la tendenza a considerarlo,
a parte i casi di particolare gravità, un normale
comportamento dell’età evolutiva: ma da qualche tempo
gli specialisti segnalano che si tratta di ben altro, e
che il problema va affrontato alla radice – Un metodo di
prevenzione proveniente dagli Stati Uniti – La Lapis e
l’educazione alla legalità
Chi segue la
rubrica informativa che da anni pubblichiamo in questo
stesso sito (www.fogliolapis.it/flash.htm)
si è forse soffermato su una notizia da Washington dello
scorso 7 settembre. Vi si parla di una recente ricerca
condotta nelle scuole degli Stati Uniti, di cui riferisce
l’agenzia Associated Press, relativa al fenomeno
del bullismo scolastico. In questo studio si denuncia la
sostanziale sottovalutazione che si tende a dare di quel
fenomeno, tradizionalmente considerato come una sorta di
rito di iniziazione, di passaggio all’età matura. Insomma
un comportamento normale, che richiede una certa vigilanza
soltanto in relazione a eventuali episodi di particolare
gravità. Non è così, affermano gli specialisti americani:
il bullismo è grave sempre, ed è fra l’altro
statisticamente dimostrato che esiste una stretta
correlazione fra quel comportamento e le deviazioni della
delinquenza giovanile. Non a caso il bullismo si manifesta
spesso con la formazione di bande contrapposte, che è uno
schema tipico del mondo criminale.
Nello stesso
notiziario si riportano altre due vicende, questa volta
dalla Gran Bretagna (notizia da Cardiff del 10 settembre) e
dalla Francia (nortizia da Bobigny del 19 settembre). Il
primo caso riguarda un ragazzo di 14 anni, espulso dalla
scuola in seguito a episodi di grave indisciplina, che sei
mesi dopo torna nell’istituto per salutare i compagni. Un
insegnante gli intima di andarsene e il ragazzo lo colpisce
con un diretto alla mascella, poi stende anche una
professoressa accorsa in aiuto del collega. L’altra
notizia parla di un liceale di 18 anni, che durante una lite
a scuola ha sparato un colpo di pistola, che fortunatamente
non ha colpito nessuno. Questi naturalmente sono episodi
limite, non a caso puniti con quattro mesi di reclusione il
primno, quattro mesi con la condizionale il secondo: ma in
ogni caso danno un’idea di come nell’istituto
scolastico, che dovrebbe essere il luogo della sicurezza per
eccellenza, certi comportamenti magari inizialmente
tollerati possano rapidamente degenerare fino alla violenza
più grave. Un po’ come il cosiddetto nonnismo nelle
caserme e nei collegi militari, una prassi di piccole o
grandi sopraffazioni ai danni degli ultimi arrivati che gli
alti gradi spesso guardano con occhio benevolo, ma che a
volte provoca lesioni, frustrazioni, persino suicidi.
Recentemente una
ricerca dell’Eurispes ha fotografato la situazione in
materia di bullismo nelle scuole elementari italiane. Ne
risulta che nello scorso anno scolastico un terzo degli
alunni e oltre un quarto delle alunne è stato testimone o
vittima (o autore, ovviamente, ma questo dal sondaggio non
risulta) di minacce o atti di prepotenza; mentre quasi un
quinto dei ragazzi e il 12 per cento delle ragazze parla di
vere e proprie violenze fisiche. Il fenomeno risulta più
grave nelle isole, nel nordest, nelle grandi città come
Napoli, Milano, Palermo, mentre è più contenuto
nell’Italia centrale e nei centri minori. Ne sono
ugualmente colpite le scuole pubbliche e le private, e
analogamente indifferenziata è la provenienza sociale dei
piccoli bulli. È assai diffusa per esempio l’estorsione
di denaro, oggetti, capi d’abbigliamento: in queste
imprese c’è chi è motivato dal desiderio di possesso,
chi dal semplice gusto della sfida. Fondamentale, come
sempre nell’universo infantile e giovanile, si rivela
l’emulazione.
Anche in Italia
si va diffondendo la convinzione che il fenomeno va
combattuto. Lo si fa con vari mezzi, per esempio a Roma si
sperimenta il metodo americano di John Upledger, fondato
sulla diffusione di modelli positivi: i bambini vengono
invitati a gratificarsi con gesti amichevoli, per esempio a
scambiarsi doni. Per parte nostra, la Lapis insiste da tempo
sulla necessità di una capillare educazione alla legalità,
che contrapponga i principi di un corretto vivere civile
all’alterata percezione che dei ruoli nella comunità
hanno i piccoli, bombardati come sono dagli ambigui messaggi
e dalle distorsioni d’immagine del cinema e della tv.
Ricordiamo per esempio il corso Leggi la legge (www.leggilalegge.it),
che illustra in modo non convenzionale i fondamenti del
nostro assetto costituzionale. O la campagna di educazione
acustica (raggiungibile direttamente dalla nostra pagina
iniziale www.fogliolapis.it),
che associa alla denuncia dei gravi danni prodotti alla
salute dalla prolungata esposizione ai rumori
l’esaltazione del diritto alla quiete, e del dovere civile
di rispettarlo.
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r.f.l.
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