Ha
suscitato vasto interesse la nostra indagine sulla
progressiva scomparsa della figura maschile
dall’insegnamento, soprattutto elementare – Sul caso
dell’”ultimo maestro” una lettera aperta a Letizia
Moratti dello psicoanalista Claudio Risé – Autore fra
l’altro di Essere uomini e Il maschio
selvatico, Risé è l’ispiratore di un movimento che
si batte per il recupero dei valori maschili, in
particolare per il rilancio della figura paterna e del
ruolo educativo del padre
C’era
una volta il maestro, la nostra raccolta d’interviste sulla carenza della figura maschile
nell’insegnamento, soprattutto elementare, ha avuto una
vasta eco e ha fatto molto discutere. Tanto che ci preme
sottolineare nuovamente un punto su cui non devono
sussistere equivoci: noi non abbiamo nulla contro
l’insegnante di sesso femminile, semplicemente
consideriamo che sia un male la progressiva scomparsa, in
particolare dalla scuola di base, del suo collega di sesso
maschile. E questo per almeno due ragioni: perché ai
bambini viene del tutto a mancare, nella fase cruciale della
crescita, un essenziale modello di riferimento, e perché il
fenomeno è spia di un profondo disagio nella scuola, di
fatto disertata dai giovani come prospettiva di lavoro per
ragioni di prestigio sociale e di trattamento economico,
oltre che per le lunghissime attese del precariato, più
facilmente neutralizzabili sul versante femminile.
Il
dibattito aperto dalla nostra iniziativa viene ora allargato
dalla scuola alla famiglia e alla società nel suo insieme.
C’è una corrente di pensiero, ispirata in Italia dallo
psicoanalista Claudio Risé dell’università di Trieste (www.claudio-rise.it),
che assiste con preoccupazione alla scomparsa non soltanto
del maestro ma anche del padre, e più in generale dei
valori maschili. Scompare il padre nel senso che il suo
ruolo ha subito nelle società industriali dominate
dall’ansia del successo e della competizione un drastico
ridimensionamento, e di fatto è ormai considerato
secondario. Autore di numerosi saggi specifici come Essere
uomini e La questione maschile, Risé è
particolarmente noto per Il maschio selvatico, il
libro che ha dedicato a una figura simbolica da lui definita
“archetipo della relazione con la natura primordiale e col
suo sapere e potere”. Lo psicoanalista triestino denuncia
con forza la crisi della figura paterna: il padre, fa notare
in un’intervista al quotidiano Avvenire (18 marzo
1998), è “indebolito da un sistema che lo ha rapito alla
famiglia per rinchiuderlo nel lavoro e nella carriera”.
Non
a caso una recente ricerca, i cui risultati sono stati resi
noti in occasione dell’ultima “festa del papà”,
rivela che i padri italiani dedicano mediamente ai loro
figli non più di quindici minuti al giorno. Il loro tempo
è infatti assorbito dalle attività lavorative, per la
famiglia non ne resta che pochissimo. Ne consegue dunque,
parole ancora di Risé, che “il padre non fa più il suo
mestiere di ponte tra i figli e la società. Inoltre non
trasmette più ai figli maschi il sapere istintuale della
cultura naturale maschile. Un compito iniziatico che nei
secoli era stato sempre svolto dal padre o da una serie di
figure maschili vicarie”. Come il maestro, o il padre
spirituale, o l’istruttore di arti e mestieri: tutte
figure in evidente declino nella società contemporanea. In
definitiva, “tutto ciò che si riferisce al padre è stato
colpito da un significato svalutativo: paternalista,
patriarcale sono aggettivi dispregiativi che tendono a
svalutare il mondo dei comportamenti paterni”.
La
crociata di Risé ha ispirato i promotori di un movimento,
che si è dato proprio il polemico nome di Maschi selvatici
(www.maschiselvatici.it)
e ha avviato uno sforzo di sensibilizzazione su questa
tematica. Per esempio indirizzando agli organi
d’informazione e alla classe politica un appello Per il
padre che è stato sottoscritto da numerosi docenti,
scienziati, giornalisti, professionisti, operatori
dell’assistenza, genitori. Vi si denuncia che “la figura
del padre è stata separata in Occidente dalle sue funzioni
educative e sociali”, ciò che ha determinato alcune gravi
conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: insicurezza e
difficoltà d’iniziativa nei figli, eclissi del principio
d’autorità, solitudine e fatica nelle donne madri
lasciate sole con l’onere dei figli, frustrazioni
maschili. In nome di una società più equilibrata si
chiedono dunque interventi correttivi per un rilancio del
ruolo: per esempio assicurando aiuti e riconoscimenti al
padre che sia disposto ad assumersi l’onere di un figlio
concepito, cui la madre intenda rinunciare ricorrendo
all’aborto.
Ha
suscitato particolare scalpore, fra i ricercatori del padre
perduto, il caso Boscherini. Ricordate? Parliamo
dell’insegnante elementare di Santa Sofia praticamente
costretto all’esilio professionale per avere scritto un
libro, L’ultimo maestro, in cui criticava la
“scuola al femminile”: si veda in questo sito Foglio
Lapis, Anno IV, n. 2, aprile 2001 (la raccolta dei
numeri arretrati del periodico si trova nell’Archivio
delle nostre iniziative), oltre all’intervista dello
stesso Boscherini in C’era una volta il maestro, raggiungibile
dalla nostra pagina iniziale. Su questa vicenda Claudio Risé
ha indirizzato recentemente una lettera aperta (www.virusilgiornaleonline.com)
a Letizia Moratti. La responsabile governativa
dell’istruzione dovrebbe, secondo lo psicoanalista,
considerare attentamente le traversie dell’insegnante che
ha pacatamente denunciato nel suo libro i guai e le lacune
di una scuola stretta fra burocrazia e ipocrisia e per
questo è stato “trasferito a forza, per l’ostilità
delle colleghe, in una frazioncina di montagna a un’ora e
mezzo di strada da casa sua”. Così si conclude la lettera
di Risé: “Ministro Moratti, ecco un consulente su cui
contare: è Maurizio Boscherini, l’<ultimo maestro>”.
r.f.l.
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