FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2023

 

L'ascolto stimola diverse aree del cervello, da cui dipendono emozioni, memoria, attenzione, mobilità. L'intreccio memoria-intelligenza rivelato da una celebre prestazione mnemonica di Mozart quattordicenne

 

La musica è un linguaggio universale che risuona nelle profondità della nostra anima, suscitando emozioni, ricordi e sensazioni uniche. Da sempre, gli esseri umani hanno trovato nella musica un modo per esprimere la creatività e la strada maestra che permette loro di connettersi con gli altri. Ma cosa succede nel nostro cervello quando ascoltiamo o suoniamo musica? Le neuroscienze hanno iniziato a esplorare questa meravigliosa intersezione tra musica e cervello umano, rivelando connessioni sorprendenti che ci aiutano a comprendere meglio l’effetto terapeutico e l’influenza profonda che la musica ha su di noi.

La musica ha dimostrato di avere un impatto significativo sul nostro cervello e sulle funzioni cognitive. Numerosi studi hanno evidenziato come l’ascolto di musica stimoli diverse aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione delle emozioni, nella memoria, nell’attenzione e persino nella pianificazione motoria. La musica può innescare la produzione di neurotrasmettitori come la dopamina, coinvolta nel sistema di ricompensa del cervello, creando una sensazione di piacere e benessere.

La musica, in particolare la pratica strumentale, ha dimostrato di avere benefici notevoli sulle capacità cognitive e sull’apprendimento. Studi condotti su bambini hanno evidenziato una sinergia tra l’apprendimento della musica e il miglioramento delle abilità matematiche e linguistiche. L’apprendimento di uno strumento musicale richiede coordinazione motoria, attenzione e capacità di lettura delle partiture, che possono potenziare le reti neuronali coinvolte in questa abilità.

Alcune ricerche hanno messo in luce che l’ascolto di musica attiva le stesse aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione delle emozioni, sia per chi suona che per chi ascolta. Questo spiega perché la musica può evocare ricordi, suscitare emozioni intense e persino influenzare il nostro umore. Forse ha ragione lo psicologo e neuroscienziato americano Daniel Levitin quando afferma che siamo “fatti di musica”.

Già l’etologo Konrad Lorenz aveva individuato nella neotenia l’origine dell’intelligenza creativa, questo perché la musica può essere considerata una forma di espressione artistica che richiama elementi neotenici, sia nella sua capacità di evocare emozioni simili a quelle dell’infanzia, sia nel suo impatto sulle capacità cognitive e sull’apprendimento. Esplorare la connessione tra neotenia e musica può fornire ulteriori spunti per comprendere l’influenza profonda che la musica ha sull’intelletto umano e sul nostro benessere emotivo.

Ma esiste un metodo capace di migliorare l'apprendimento e la memorizzazione delle conoscenze musicali? E’ sul rispondere a tali interrogativi che si è incentrata tutta l’attività di ricerca, teorica e pratica, del dott. Vincenzo Galatro, racchiusa nel libro “Il segreto di Mozart”. Lo spunto è offerto da un evento realmente accaduto: il giovane musicista austriaco, allora quattordicenne, dopo aver ascoltato un brano allora secretato, il Miserere di Allegri, fu in grado di trascriverlo a memoria nota per nota. Questo evento affascinante ha da sempre solleticato l'attenzione di scienziati e ricercatori di tutto il mondo ed ha condotto il dr. Galatro ad ipotizzare, sulla scia della teoria delle intelligenze multiple di Gardner, l’esistenza di una nuova forma di intelligenza: l’intelligenza engrammatica. Per lo studioso essa non è proprietà privata dei musicisti e può essere opportunamente coltivata e potenziata, perché alla sua base intelligenza e memoria risultano unite e distinte: “la memoria ha una sua intelligenza e l’intelligenza ha una sua memoria”.

La musica ha da sempre rivestito un ruolo rilevante nella storia dell’umanità, essa ha accompagnato i suoi momenti più importanti e significativi: le cerimonie civili e religiose, i banchetti e le feste, i cortei funebri, nonché i momenti di combattimento e di guerra. Si può benissimo affermare che essa sia nata con l’uomo come bisogno istintivo di espressione dei propri stati d’animo e delle proprie emozioni. Fin dall’antichità è stata percepita e vissuta non come un’attività isolata ma come una delle arti da far conoscere ed apprendere per formare e plasmare il futuro cittadino.

Lo stesso Platone aveva nei suoi confronti una grande stima annoverandola come la più elevata delle discipline, a tal punto da asserire: “vorrei insegnare alle persone la musica, la fisica, la filosofia: ma soprattutto la musica, perché nel modello della musica sono contenute le chiavi dell’apprendimento”. Sulla stessa linea la posizione di Aristotele che pur riconoscendo alla musica funzioni diversificate quali paideia (educazione), paidia (divertimento), diagoge (ricreazione intellettuale) e katharsis (purificazione) vede in essa la sola attività capace di fondere l’espressione oggettiva con la provocazione emotiva che è capace di suscitare. In ciò il ruolo fondamentale che lo stagirita le attribuisce nel percorso formativo dell’essere umano.

Fino al razionalismo cartesiano la musica era posta al vertice del quadrivium, ossia il corso di studi situato all’apice della conoscenza scientifica e filosofica. Questo perché si riteneva che in essa fossero racchiuse tutte le conoscenze. Nell’affermazione di Isidoro di Siviglia: “senza la musica nessuna disciplina può considerarsi perfetta, non vi è infatti nulla che sia senza di essa” è racchiusa la sintesi perfetta della visione che l’uomo medioevale aveva sull’argomento.

La musica si rivela il luogo privilegiato dove razionalità ed emotività, apollineo e dionisiaco, per dirla con Nietzsche, convivono in un impareggiabile equilibrio.

                                                                      c. p.         

 

 


                                           

Clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter!

 

Torna al Foglio Lapis

 

Mandaci un' E-mail!