L'ascolto
stimola diverse aree del cervello, da cui dipendono emozioni,
memoria, attenzione, mobilità. L'intreccio memoria-intelligenza
rivelato da una celebre prestazione mnemonica di Mozart
quattordicenne
La
musica è un linguaggio universale che risuona nelle
profondità della nostra anima, suscitando emozioni,
ricordi e sensazioni uniche. Da sempre, gli esseri umani
hanno trovato nella musica un modo per esprimere la creatività
e la strada maestra che permette loro di connettersi con
gli altri. Ma cosa succede nel nostro cervello quando ascoltiamo
o suoniamo musica? Le neuroscienze hanno iniziato a esplorare
questa meravigliosa intersezione tra musica e cervello umano,
rivelando connessioni sorprendenti che ci aiutano a comprendere
meglio l’effetto terapeutico e l’influenza profonda
che la musica ha su di noi.
La
musica ha dimostrato di avere un impatto significativo sul
nostro cervello e sulle funzioni cognitive. Numerosi studi
hanno evidenziato come l’ascolto di musica stimoli
diverse aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione
delle emozioni, nella memoria, nell’attenzione e persino
nella pianificazione motoria. La musica può innescare
la produzione di neurotrasmettitori come la dopamina, coinvolta
nel sistema di ricompensa del cervello, creando una sensazione
di piacere e benessere.
La
musica, in particolare la pratica strumentale, ha dimostrato
di avere benefici notevoli sulle capacità cognitive
e sull’apprendimento. Studi condotti su bambini hanno
evidenziato una sinergia tra l’apprendimento della
musica e il miglioramento delle abilità matematiche
e linguistiche. L’apprendimento di uno strumento musicale
richiede coordinazione motoria, attenzione e capacità
di lettura delle partiture, che possono potenziare le reti
neuronali coinvolte in questa abilità.
Alcune
ricerche hanno messo in luce che l’ascolto di musica
attiva le stesse aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione
delle emozioni, sia per chi suona che per chi ascolta. Questo
spiega perché la musica può evocare ricordi,
suscitare emozioni intense e persino influenzare il nostro
umore. Forse ha ragione lo psicologo e neuroscienziato americano
Daniel Levitin quando afferma che siamo “fatti di
musica”.
Già
l’etologo Konrad Lorenz aveva individuato nella neotenia
l’origine dell’intelligenza creativa, questo
perché la musica può essere considerata una
forma di espressione artistica che richiama elementi neotenici,
sia nella sua capacità di evocare emozioni simili
a quelle dell’infanzia, sia nel suo impatto sulle
capacità cognitive e sull’apprendimento. Esplorare
la connessione tra neotenia e musica può fornire
ulteriori spunti per comprendere l’influenza profonda
che la musica ha sull’intelletto umano e sul nostro
benessere emotivo.
Ma
esiste un metodo capace di migliorare l'apprendimento e
la memorizzazione delle conoscenze musicali? E’ sul
rispondere a tali interrogativi che si è incentrata
tutta l’attività di ricerca, teorica e pratica,
del dott. Vincenzo Galatro, racchiusa nel libro “Il
segreto di Mozart”. Lo spunto è offerto
da un evento realmente accaduto: il giovane musicista austriaco,
allora quattordicenne, dopo aver ascoltato un brano allora
secretato, il Miserere di Allegri, fu in grado di trascriverlo
a memoria nota per nota. Questo evento affascinante ha da
sempre solleticato l'attenzione di scienziati e ricercatori
di tutto il mondo ed ha condotto il dr. Galatro ad ipotizzare,
sulla scia della teoria delle intelligenze multiple di Gardner,
l’esistenza di una nuova forma di intelligenza: l’intelligenza
engrammatica. Per lo studioso essa non è proprietà
privata dei musicisti e può essere opportunamente
coltivata e potenziata, perché alla sua base intelligenza
e memoria risultano unite e distinte: “la memoria
ha una sua intelligenza e l’intelligenza ha una sua
memoria”.
La
musica ha da sempre rivestito un ruolo rilevante nella storia
dell’umanità, essa ha accompagnato i suoi momenti
più importanti e significativi: le cerimonie civili
e religiose, i banchetti e le feste, i cortei funebri, nonché
i momenti di combattimento e di guerra. Si può benissimo
affermare che essa sia nata con l’uomo come bisogno
istintivo di espressione dei propri stati d’animo
e delle proprie emozioni. Fin dall’antichità
è stata percepita e vissuta non come un’attività
isolata ma come una delle arti da far conoscere ed apprendere
per formare e plasmare il futuro cittadino.
Lo
stesso Platone aveva nei suoi confronti una grande stima
annoverandola come la più elevata delle discipline,
a tal punto da asserire: “vorrei insegnare alle persone
la musica, la fisica, la filosofia: ma soprattutto la musica,
perché nel modello della musica sono contenute le
chiavi dell’apprendimento”. Sulla stessa linea
la posizione di Aristotele che pur riconoscendo alla musica
funzioni diversificate quali paideia (educazione), paidia
(divertimento), diagoge (ricreazione intellettuale) e katharsis
(purificazione) vede in essa la sola attività capace
di fondere l’espressione oggettiva con la provocazione
emotiva che è capace di suscitare. In ciò
il ruolo fondamentale che lo stagirita le attribuisce nel
percorso formativo dell’essere umano.
Fino
al razionalismo cartesiano la musica era posta al vertice
del quadrivium, ossia il corso di studi situato all’apice
della conoscenza scientifica e filosofica. Questo perché
si riteneva che in essa fossero racchiuse tutte le conoscenze.
Nell’affermazione di Isidoro di Siviglia: “senza
la musica nessuna disciplina può considerarsi perfetta,
non vi è infatti nulla che sia senza di essa”
è racchiusa la sintesi perfetta della visione che
l’uomo medioevale aveva sull’argomento.
La
musica si rivela il luogo privilegiato dove razionalità
ed emotività, apollineo e dionisiaco, per dirla con
Nietzsche, convivono in un impareggiabile equilibrio.
c. p.
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