FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2023

 

Il destino dei bambini privati delle libertà perché affidati alle mamme detenute. Un tentativo fallito di risolvere il problema. Del resto il problema non riguarda soltanto loro, ma anche i minori che la detenzione separa dalle madri

 

Sono ventitré in Italia le donne carcerate con figli piccoli che le seguono in cella, ventisei in tutto i loro bambini. Ma c'è un problema più generale, caratterizzato da cifre purtroppo molto più alte: riguarda tutti i minori che hanno la madre in galera, anche se sono accuditi all'esterno del carcere da parenti o dal personale di strutture di accoglienza. Nel primo caso i bambini hanno il vantaggio di un contatto stretto e continuativo con la madre, ma sono privati di quasi tutte le libertà: per loro niente feste con gli amici, niente vacanze, niente passeggiate al parco. Al massimo possono frequentare l'asilo o la scuola primaria, ma dopo le lezioni debbono essere riaccompagnati dietro le sbarre del carcere.

E così crescono in un universo del tutto particolare, fatto di catenacci, porte blindate, guardia armate in uniforme. Inutile sottolineare il disagio che ne deriva, e soprattutto l'impronta che una simile esperienza infantile lascia necessariamente sui piccoli incolpevoli protagonisti di questa tragedia. Si pensi a quella bambina che quando vide l'ufficiale dei carabinieri estrarre le manette al momento dell'arresto di sua madre lo pregò sommessamente: per favore non incateni la mia mamma, non è una criminale. Oggi quella bambina si trova in un istituto a custodia attenuata assieme alla madre, che ha raccontato l'episodio a Nina Verdelli, giornalista per Vanity Fair.

Di strutture come questa in Italia ce ne sono soltanto cinque, a Milano, Torino, Venezia, Cagliari, Avellino. Ma sono al momento soltanto due, una a Roma una a Milano quelle case-hamiglia protette che potrebbero esssere la soluzione ottimale del problkema.. Recentemente c'è stata una proposta di legge che indicava,proprio questa prospettiva. Ma il tentativo è stato affossato da una pioggia di emendamenti che lo ha reso impraticabile, e soprattutto da una considerazione di fondo: per quanto protette le case famiglia non sono esenti dal rischio di evasione. Si tratta infatti di strutture non detentive, nelle quali può maturare facilmente la tentazione di non rientrare.

Del resto la questione del rapporto fra bambini e carcere non si limita al caso dei figli che condividono la detenzione con la madre. Sono tanti infatti i minori che hanno la madre detenuta e ne vivono il distacco prolungato con le difficoltà che è fin troppo facile immaginare, anche se li accudiscono familiari o persone competenti. É chiaro che in questo caso bisognerebbe favorire gli incontri prolungati fra le donne carcerate e i loro figli. Sarebbe un passo importante per migliorare la salute mentale non soltanto dei minori ma anche delle loro madri.

                                                                      r. f. l.         

 

 


                                           

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