FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2021

 

I meno giovani non dimenticheranno mai quelle ore attorno al pozzo nei pressi di Frascati. Alfredo Rampi, sei anni, si lamentava dal fondo ma quando lo si raggiunse era troppo tardi. Da quell'imperdonabile fiasco organizzativo nacque il Dipartimento della Protezione civile

 

Aveva sei anni e soffriva di cuore, a settembre, prima dell'esordio scolastico, sarebbe stato operato. Quel giorno di giugno Alfredo Rampi attraversò i campi per raggiungere casa sua, a Vermicino nei pressi Frascati, ma a casa non arrivò mai. Cominciarono le affannose ricerche dei genitori, presto coadiuvati dai vicini. C'era un pozzo lungo il tragitto, ma era coperto da una lamiera e quindi si persero ore preziose ignorandolo: come poteva esservi caduto? Invece vi era proprio caduto, la lamiera l'avevano messa quando già il piccolo si contorceva nell'oscurità del cunicolo. Fu l'intuizione di un brigadiere di polizia a guidare l'azione di soccorso verso quel pozzo: Alfredo era proprio lì, una trentina di metri sotto, e rispondeva flebilmente a chi lo chiamava dall'alto.

L'impresa si rivelò subito molto difficile: il pozzo era stretto e irregolare, provarono a calare una tavoletta legata a una fune ma si fermò su una sporgenza alcuni metri sopra di lui, bloccando la cavità. Qualche volontario di corporatura esile provò a scendere ma senza poter raggiungere Alfredo. Si decise di scavare un pozzo parallelo per poi arrivare al bambino intrappolato con un cunicolo orizzontale, ma la qualità del terreno, in parte friabile e in parte roccioso, ostacolò l'operazione. Occorrevano macchine più potenti, ma farle venire richiedeva tempo. Intanto attorno al pozzo si era radunata una folla che a sua volta ostacolava i soccorsi, potevano arrivare fino all'imboccatura. Cominciò una specie di macabra festa paesana, c'erano perfino i venditori ambulanti di bibite e panini.

Passavano le ore, si fece notte e poi ancora giorno, Alfredo si lamentava sempre più debolmente. I vigili del fuoco pomparono ossigeno nel pozzo per scongiurare il rischio di asfissia. Nel frattempo il piccolo era scivolato ancora più giù, fino a sessanta metri di profondità. Era arrivata la televisione e il caso era diventato nazionale. Una grande tragedia che gli italiani seguivano col fiato sospeso. Nelle ultime diciotto ore il dramma fu coperto da una telecronaca in diretta. Arrivò anche il presidente della repubblica Sandro Pertini che si trattenne sul posto l'intera seconda notte esprimendo la rabbia e la frustrazione di tutti. Quando finalmente un volontario raggiunse il piccolo non riuscì a imbracarlo e dovette risalire lasciandolo sul fondo. Ci provò anche un secondo soccorritore con lo stesso esito, il tempo incalzava e la disperazione ormai si era fatta strada. Poi giunse il fatidico momento di calare uno strumento che diede il terribile responso: il cuore di Alfredo, Alfredino come ormai era conosciuto da un capo all'altro del Paese, non batteva più. Il corpo fu refrigerato con l'immissione dall'alto di azoto liquido, e recuperato quasi un mese più tardi.

Quella vicenda turbò profondamente l'opinione pubblica mettendo a nudo una disarmante realtà: l'Italia non era attrezzata per far fronte a simili emergenze. Non solo, la gestione del caso era stata caotica e approssimativa, per esempio nessuno aveva pensato a transennare l'area attorno al pozzo, chiunque poteva premere, avvicinarsi, ostacolare i soccorsi. La tragedia e l'imperdonabile lutto ebbero almeno una ricaduta positiva: dal dibattito che infuriò nel Paese emerse una nuova istituzione, il Dipartimento della Protezione civile dotato di ampi poteri. Se fosse già esistito, in quel giugno del 1981, certamente attorno al pozzo si sarebbe fatto il vuoto, le macchine scavatrici sarebbero arrivate in tempo utile, la competenza avrebbe preso il posto dell'improvvisazione. Alfredo Rampi sarebbe stato estratto dal pozzo e tre mesi più tardi, dopo il risanamento chirurgico del suo piccolo cuore, avrebbe preso posto in un'aula di prima elementare, come allora si chiamava la scuola primaria.

                                                                      r. f. l.        

 

 


                                           

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