Come
ripartirà l'anno scolastico? Poiché a quanto
pare si considera inevitabile continuare con le misure
anti-contagio, bisognerà conciliare una realtà
fatta di spazi ristretti e classi sovraffollate con la
cosiddetta sicurezza sanitaria. Le elezioni in programma
quando le scuole riaprono: ma proprio lì si deve
votare?
“Limitatamente
all'anno scolastico 2020/2021, senza nuovi o maggiori oneri
a carico della finanza pubblica, all'interno dei corsi di
formazione per la sicurezza a scuola, obbligatori ai sensi
del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel modulo
dedicato ai rischi specifici almeno un'ora deve essere dedicata
alle misure di prevenzione igienico-sanitarie al fine di
prevenire il contagio e limitare il rischio di diffusione
del COVID-19”. Così nel decreto sulla scuola
che dopo un'aspra battaglia parlamentare è stato
convertito in legge. Si tratta insieme di archiviare l'anno
scolastico 2019-2020, compromesso dalla pandemia che ha
imposto l'interruzione dell'attività didattica in
presenza, e di preparare al meglio l'avvio dell'anno 2020-2021,
cercando di conciliare l'esigenza della sicurezza con quella
della funzionalità formativa. Intanto bisogna ricordare
che la pandemia ha colpito i nostri ragazzi con quasi quattromila
casi, cioè quasi il due per cento del totale, nella
fascia da zero a diciotto anni. E purtroppo con quattro
decessi, tutti di soggetti con patologie pregresse. Nel
caso, a torto o a ragione considerato probabile, che si
debbano applicare anche nel prossimo autunno misure anti-contagio,
bisognerà intervenire prima di tutto sul fronte del
distanziamento.
In
attesa che la ministra Lucia Azzolina comunichi le linee-guida
con i dettagli operativi per la riapertura dell'anno scolastico,
la legge contiene in proposito solo la disposizione citata
all'inizio. Si lavora attorno a due possibili scenari legati
all'evoluzione della pandemia: se le cose miglioreranno
le misure saranno ovviamente più blande e meno restrittive.
In ogni caso la ministra esclude che si debba ricorrere
allo sdoppiamento delle classi e ai doppi turni. Si pensa
piuttosto a vari interventi all'insegna della flessibilità
che i dirigenti d'istituto potranno gestire in autonomia,
per esempio al recupero di spazi nei singoli istituti grazie
a opere di “edilizia leggera”, al passaggio
dalle tradizionali lezioni di un'ora a unità orarie
di quaranta o quarantacinque minuti, allo sfoltimento degli
assembramenti nei corridoi all'inizio e alla fine delle
lezioni attraverso lo scaglionamento degli orari d'inizio
dell'attività.
Bisognerà
affrontare anche la questione del trasporto scolastico:
come conciliare un efficiente servizio di scuolabus con
le esigenze del distanziamento sociale? Evidentemente c'è
un solo modo, investire su nuovi automezzi e nuovi operatori.
Sulle modalità effettive un ampio spazio di manovra
rimarrà ai comuni e alle regioni. Sempre su base
regionale saranno impostate le operazioni volte a ottimizzare
gli spazi negli edifici scolastici. Per snellire le pratiche,
che altrimenti si trascinerebbero alle calende greche, ai
sindaci saranno assicurati poteri di tipo commissariale
che permetteranno di evitare le lungaggini burocratiche.
Poiché
tutto questo potrebbe non bastare, si pensa anche alla possibilità
di usare in locazione anche spazi esterni alla scuola, per
esempio biblioteche, cinema, teatri. La stessa didattica
a distanza, già praticata con risultati tutto sommato
abbastanza soddisfacenti, potrebbe rappresentare una soluzione
complementare nel caso che le misure di distanziamento non
fossero sufficienti per tutti. Infine sono previsti quegli
stessi accorgimenti di protezione individuale ai quali siamo
ormai abituati. Si parla di gel disinfettante, mascherine,
visiere. Questo aspetto della questione non manca di suscitare
reazioni polemiche. Ci s'interroga sul rischio psicologico
di costringere i bambini, già provati dal lunghissimo
confinamento in casa, a nuove limitazioni. Indurli per esempio,
attraverso l'uso della mascherina, a considerare i compagni
di classe potenziali “nemici”. Senza considerare
che illustri igienisti considerano la mascherina inutile,
o perfino dannosa. Si pensava addirittura di collocare divisori
in plexiglas fra un banco e l'altro, intenzione che fortunatamente
è stata smentita. C'è infine il problema delle
elezioni, che si svolgeranno per il rinnovo di alcuni consigli
regionali mentre c'è chi chiede che si voti anche
per il parlamento nazionale. La data prevista è nella
seconda metà di settembre, questo significa un'interruzione,
addirittura due in caso di ballottaggio, dell'attività
didattica appena riavviata. E questo porta a una domanda:
ma non sarebbe ora di spostare altrove la sede delle elezioni?
Mica c'è scritto nella Costituzione che si deve votare
nelle scuole.
Al
fondo della questione c'è il problema così
drammaticamente irrisolto di un ordine delle priorità
che da sempre relega la scuola in una posizione subalterna.
Non a caso è stata la prima a chiudere all'inizio
della pandemia e sarà l'ultima a ripartire. Per il
riavvio del sistema educativo è stato stanziato un
miliardo e mezzo di euro, una cifra importante ma ancora
insufficiente. Soltanto la metà, fra l'altro, di
quanto le pubbliche finanze spenderanno per il salvataggio
di Alitalia. Con tutto il rispetto per la gloriosa compagnia
di bandiera, è forse più importante della
scuola? Pandemia a parte, c'è necessità di
massicce risorse per garantire al sistema educativo il necessario
adeguamento ai tempi che viviamo. Tempi di accesa competitività
internazionale, che richiedono un'adeguata formazione delle
giovani generazioni. Inoltre la condizione così spesso
precaria delle sedi scolastiche, soprattutto nelle aree
sismiche, richiede ben altro che l'edilizia leggera di cui
si parla in questi giorni.
a. v.
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