FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2020

 

Come ripartirà l'anno scolastico? Poiché a quanto pare si considera inevitabile continuare con le misure anti-contagio, bisognerà conciliare una realtà fatta di spazi ristretti e classi sovraffollate con la cosiddetta sicurezza sanitaria. Le elezioni in programma quando le scuole riaprono: ma proprio lì si deve votare?

 

Limitatamente all'anno scolastico 2020/2021, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, all'interno dei corsi di formazione per la sicurezza a scuola, obbligatori ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel modulo dedicato ai rischi specifici almeno un'ora deve essere dedicata alle misure di prevenzione igienico-sanitarie al fine di prevenire il contagio e limitare il rischio di diffusione del COVID-19”. Così nel decreto sulla scuola che dopo un'aspra battaglia parlamentare è stato convertito in legge. Si tratta insieme di archiviare l'anno scolastico 2019-2020, compromesso dalla pandemia che ha imposto l'interruzione dell'attività didattica in presenza, e di preparare al meglio l'avvio dell'anno 2020-2021, cercando di conciliare l'esigenza della sicurezza con quella della funzionalità formativa. Intanto bisogna ricordare che la pandemia ha colpito i nostri ragazzi con quasi quattromila casi, cioè quasi il due per cento del totale, nella fascia da zero a diciotto anni. E purtroppo con quattro decessi, tutti di soggetti con patologie pregresse. Nel caso, a torto o a ragione considerato probabile, che si debbano applicare anche nel prossimo autunno misure anti-contagio, bisognerà intervenire prima di tutto sul fronte del distanziamento.

In attesa che la ministra Lucia Azzolina comunichi le linee-guida con i dettagli operativi per la riapertura dell'anno scolastico, la legge contiene in proposito solo la disposizione citata all'inizio. Si lavora attorno a due possibili scenari legati all'evoluzione della pandemia: se le cose miglioreranno le misure saranno ovviamente più blande e meno restrittive. In ogni caso la ministra esclude che si debba ricorrere allo sdoppiamento delle classi e ai doppi turni. Si pensa piuttosto a vari interventi all'insegna della flessibilità che i dirigenti d'istituto potranno gestire in autonomia, per esempio al recupero di spazi nei singoli istituti grazie a opere di “edilizia leggera”, al passaggio dalle tradizionali lezioni di un'ora a unità orarie di quaranta o quarantacinque minuti, allo sfoltimento degli assembramenti nei corridoi all'inizio e alla fine delle lezioni attraverso lo scaglionamento degli orari d'inizio dell'attività.

Bisognerà affrontare anche la questione del trasporto scolastico: come conciliare un efficiente servizio di scuolabus con le esigenze del distanziamento sociale? Evidentemente c'è un solo modo, investire su nuovi automezzi e nuovi operatori. Sulle modalità effettive un ampio spazio di manovra rimarrà ai comuni e alle regioni. Sempre su base regionale saranno impostate le operazioni volte a ottimizzare gli spazi negli edifici scolastici. Per snellire le pratiche, che altrimenti si trascinerebbero alle calende greche, ai sindaci saranno assicurati poteri di tipo commissariale che permetteranno di evitare le lungaggini burocratiche.

Poiché tutto questo potrebbe non bastare, si pensa anche alla possibilità di usare in locazione anche spazi esterni alla scuola, per esempio biblioteche, cinema, teatri. La stessa didattica a distanza, già praticata con risultati tutto sommato abbastanza soddisfacenti, potrebbe rappresentare una soluzione complementare nel caso che le misure di distanziamento non fossero sufficienti per tutti. Infine sono previsti quegli stessi accorgimenti di protezione individuale ai quali siamo ormai abituati. Si parla di gel disinfettante, mascherine, visiere. Questo aspetto della questione non manca di suscitare reazioni polemiche. Ci s'interroga sul rischio psicologico di costringere i bambini, già provati dal lunghissimo confinamento in casa, a nuove limitazioni. Indurli per esempio, attraverso l'uso della mascherina, a considerare i compagni di classe potenziali “nemici”. Senza considerare che illustri igienisti considerano la mascherina inutile, o perfino dannosa. Si pensava addirittura di collocare divisori in plexiglas fra un banco e l'altro, intenzione che fortunatamente è stata smentita. C'è infine il problema delle elezioni, che si svolgeranno per il rinnovo di alcuni consigli regionali mentre c'è chi chiede che si voti anche per il parlamento nazionale. La data prevista è nella seconda metà di settembre, questo significa un'interruzione, addirittura due in caso di ballottaggio, dell'attività didattica appena riavviata. E questo porta a una domanda: ma non sarebbe ora di spostare altrove la sede delle elezioni? Mica c'è scritto nella Costituzione che si deve votare nelle scuole.

Al fondo della questione c'è il problema così drammaticamente irrisolto di un ordine delle priorità che da sempre relega la scuola in una posizione subalterna. Non a caso è stata la prima a chiudere all'inizio della pandemia e sarà l'ultima a ripartire. Per il riavvio del sistema educativo è stato stanziato un miliardo e mezzo di euro, una cifra importante ma ancora insufficiente. Soltanto la metà, fra l'altro, di quanto le pubbliche finanze spenderanno per il salvataggio di Alitalia. Con tutto il rispetto per la gloriosa compagnia di bandiera, è forse più importante della scuola? Pandemia a parte, c'è necessità di massicce risorse per garantire al sistema educativo il necessario adeguamento ai tempi che viviamo. Tempi di accesa competitività internazionale, che richiedono un'adeguata formazione delle giovani generazioni. Inoltre la condizione così spesso precaria delle sedi scolastiche, soprattutto nelle aree sismiche, richiede ben altro che l'edilizia leggera di cui si parla in questi giorni.

                                                                      a. v.         

 

 


                                           

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