FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2018

 
 

Dagli Stati Uniti continuano ad arrivare notizie di sanguinose sparatorie nelle scuole – Da uno di questi episodi emerge una realtà che induce a profonde riflessioni: il padre del ragazzo che ha sparato a ucciso sostiene che da tempo suo figlio era preso di mira dai bulli – Infatti ha cercato di sparare in modo selettivo, per quanto possibile – Dopo uno scontro a fuoco con la polizia voleva uccidersi, ma gli è mancato il coraggio e si è arreso

 

Nello scorso numero del Foglio Lapis ci siamo occupati dell'inquietante fenomeno delle sparatorie nelle scuole americane, partendo dalle affollate manifestazioni con cui lo scorso marzo centinaia di migliaia di studenti hanno chiesto stretti controlli sul commercio delle armi da fuoco. Se oggi riprendiamo il tema non è tanto perché nel frattempo altre esplosioni di follia hanno insanguinato le scuole degli Stati Uniti, tanto che ormai si può parlare di una cruenta routine, quanto per il fatto che da uno di questi è emerso un dettaglio assai significativo. Si ritiene infatti che Dimitrios Pagourtzis, il ragazzo diciassettenne che ha ucciso otto compagni di scuola. il supplente di educazione fisica e un altro insegnante nell'istituto secondario superiore di Santa Fe, Texas, ferendo altre tredici persone, fosse da tempo vittima di bullismo.

In questa piccola località a poca distanza da Houston, nota più che altro per essere il terminale orientale di una delle grandi linee ferroviarie che attraversano l'America, non erano impreparati all'eventualità di dover fronteggiare lo squilibrato di turno e le sue armi automatiche: periodicamente vi si tengono esercitazioni guidate da esperti di sicurezza. Anche in questo caso studenti e docenti hanno provato ad applicare i protocolli consigliati per l'emergenza, per esempio rifugiandosi in spazi chiusi. Questo non è bastato a frenare la volontà omicida di Dimitrios, il suo desiderio di vendetta: ma certo senza quelle precauzioni il bilancio della strage sarebbe stato ancora più grave, perché il ragazzo aveva con sé munizioni a volontà, e anche esplosivo che non ha fatto in tempo a usare. Voleva uccidere anche se stesso ma al momento fatidico, dopo uno scambio a fuoco di una quindicina di minuti con la polizia, gli è mancato il coraggio e si è consegnato agli agenti. Aveva condotto l'operazione con sconvolgente lucidità risparmiando i compagni che gli andavano a genio perché potessero “raccontare la mia storia”.

Aveva espressamente preso di mira i compagni che considerava suoi persecutori, per esempio il fratello di una ragazza che lo aveva respinto, a suo parere proprio per istigazione di lui. Impossibile entrare nella mente del killer, ma molto indizi portano a ritenere che Dimitrios si trovasse in quella precaria condizione psicologica che caratterizza le vittime del bullismo. Suo padre Antonios non ha dubbi: i bulli, dice, hanno trasformato mio figlio in un killer. Certo il ragazzo ci aveva messo del suo: gli hanno trovato a casa nel computer frequentazioni di simboli nazisti, inoltre amava drappeggiarsi in un soprabito scuro, anche nelle giornate calde, e portava magliette con la scritta Born to kill, nato per uccidere. Tuttavia quella che può partire dal bullismo un'evoluzione mentale con cui bisognerà fare i conti, visto si parla tanto di questo fenomeno. Gliela farò pagare: è la rivolta del debole che si sente oppresso e sa di potersi installare su una posizione di forza grazie all'arma da fuoco.

Del resto c'è un precedente: ricordate Ali Sonboly, il diciottenne tedesco che nel luglio 2016 volle celebrare l'anniversario della strage del neonazista norvegese Abders Breivik uccidendo otto persone in un centro commerciale a Monaco di Baviera? Il ragazzo era notoriamente “bullizzato”, anche a causa delle sue esotiche radici etniche. Il tema del bullismo, purtroppo così attuale anche se fortunatamente non sempre raggiunge la dimensione omicida di Monaco o di Santa Fe, richiede che si tenga presente anche questa possibile conseguenza: il desiderio di vendetta dettato dall'esasperazione, capace come si vede di degenerare in incontrollabili pulsioni assassine.

 

 

                                                            a. v. 

                                         

    

                                                  

 
 

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